UN’ALLUVIONE DI RITARDI

UN’ALLUVIONE DI RITARDI

È stata una maxi-alluvione di pioggia e di fango quella che il 15 settembre ha colpito le Marche, provocando dieci vittime con ancora tre dispersi e una cinquantina di feriti, oltre ai danni materiali agli edifici, alle abitazioni e alle attività commerciali. Ma è stata anche un’alluvione di ritardi e di errori che vanno imputati alla politica nazionale e regionale, di centrosinistra e di centrodestra. Vale a dire a chi avrebbe potuto e dovuto disporre per tempo opere di contenimento e regolazione delle acque, come quelle del fiume Misa, lungo 45 chilometri, che attraversa l’Appennino e sfocia a Senigallia nel Mar Adriatico, da cui erano già scaturite in passato altre tre alluvioni: l’ultima, nel 2014, tolse la vita a oltre venti persone e provocò danni per centinaia di milioni. Un’ulteriore conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, che anche il campo ambientale prevenire costa meno che curare.

Foto Guido Calamosca/LaPresse 16-09-2022 Senigallia (Italia) Cronaca - Le Marche in ginocchio dopo la terribile alluvione che colpito diverse aree della regione. Nella foto: Senigallia colpita dopo la piena del fiume Misa september 16, 2022 Senigallia (Italy) news Flash floods have hit Italy's central Marche region. In the pic: damages after heavy rains hit the seaside town of Senigallia

Foto Guido Calamosca/LaPresse 16-09-2022 Senigallia (Italia) Cronaca – Le Marche in ginocchio dopo la terribile alluvione che colpito diverse aree della regione. Nella foto: Senigallia colpita dopo la piena del fiume Misa
september 16, 2022 Senigallia (Italy) news Flash floods have hit Italy’s central Marche region. In the pic: damages after heavy rains hit the seaside town of Senigallia

 

Fatto sta che, come hanno riferito contestualmente nei giorni scorsi il Corriere della Sera e la Repubblica, s’è fatto poco o nulla per mettere in sicurezza il territorio regionale. E anzi, quel poco che s’è fatto è stato fatto in ritardo. A cominciare dalla cassa di espansione, in pratica un bacino di raccolta, progettata nel 1982 a otto chilometri dalla foce del Misa e rimasta finora sulla carta. Eppure, era stata considerata un’opera fondamentale dato il carattere torrentizio del fiume, come scrisse nella sua relazione sul Piano straordinario di individuazione delle aree a rischio idraulico l’ingegnere Alessandro Mancinelli, già consulente del comune di Senigallia: ciò vuol dire che il fiume è capace “di portate nulle nel regime di magra e di piene di centinaia di metri cubi”, com’è avvenuto purtroppo questa volta.

MALTEMPO last one

Doveva avere una capacità di circa tre milioni cubi d’acqua quella cassa di espansione, come riferisce il quotidiano Il Riformista, proprio per raccogliere un’esondazione del fiume. Ma, nonostante i quattro miliardi di lire messi a disposizione nel 1985, non se ne fece nulla. E fu colpa anche dei comitati cittadini contrari alle colate di cemento, con l’effetto di trasferire quei fondi alla Provincia di Ancona, a cui nel frattempo venne affidata la delega alla difesa del suolo: il risultato finale fu che tutti si dimenticarono dell’unica opera pubblica capace quantomeno di limitare le conseguenze di possibili disastri.

A distanza di dieci anni, un secondo progetto fu presentato nel 2014, ai tempi del governo guidato da Matteo Renzi che varò la missione di Italia Sicura, poi cancellata dall’esecutivo di Giuseppe Conte, per finanziare il controverso Reddito di cittadinanza. Erano 85 milioni degli otto miliardi complessivi destinati alla costruzione della cassa di espansione per il Misa, con il suo bacino idrografico di 377 chilometri quadrati.

Ma anche in questo caso tutto si ferma nel 2020. Spiega al Corriere Erasmo D’Angelis, ora segretario generale dell’Autorità di bacino del Tevere, nel 2014 coordinatore della struttura di Italia Sicura: “Per una questione di espropri, la procedura si è bloccata ancora per un anno e solo nel febbraio scorso, dopo le pressioni dei sindaci del territorio, c’è stata la consegna dei lavori, ma ancora non è partito nulla. Sono state sistemate solo alcune arginature”.

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Ai ritardi della politica nazionale, si sono aggiunti poi gli ulteriori ritardi per i piani regionali. Fin dal 2009 erano state avviate le gare per i lavori di messa in sicurezza del Misa, ritenute “urgenti e prioritarie”. Eppure, solo una minima parte degli interventi sul fiume verrà realizzata, con i primi bandi appaltati nel 2018 per un tratto del fiume e i lavori bloccati per problemi di Via, la Valutazione di impatto ambientale. Il progetto viene allora modificato, si perdono altri tre anni, fino a quando nel 2021 finalmente i 900 mila euro stanziati per le vasche di espansione vengono utilizzati per un cantiere aperto pochi mesi fa in località Bettolelle. Ma purtroppo l’alluvione di acqua e di fango è stata più veloce.

Ora, informa l’agenzia di stampa Ansa, il presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli (Fratelli d’Italia), annuncia su Facebook di aver chiesto l’istituzione di una Commissione tecnica, “per svolgere un’indagine finalizzata all’accertamento della regolarità e dell’appropriatezza delle procedure adottate e dei comportamenti assunti da parte delle competenti strutture organizzative della Protezione civile regionale”. La richiesta è stata presentata al segretario generale dell’ente. Lo scopo dell’inchiesta sarà quello di accertare “eventuali disfunzioni e responsabilità”. “Eventuali disfunzioni”, dice il governatore delle Marche, come se l’alluvione non bastasse già a dimostrare tragicamente che le disfunzioni purtroppo ci sono state.

 

 

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