Una tempesta di vento investe l’ambientalismo italiano. E scuote due storiche associazioni, come Legambiente e Italia Nostra, alimentando il fuoco delle polemiche. L’oggetto del contendere è lo sviluppo dell’energia eolica nel nostro Paese. La prima associazione lo difende a spada tratta, in funzione delle rinnovabili; mentre la seconda lo contrasta in nome della difesa del paesaggio e passa perciò all’attacco di Legambiente. Ne dà conto il quotidiano La Stampa di Torino, con un articolo a firma di Franco Giubilei. In questa diatriba, non si può dimenticare che il giornale in questione fa capo alla famiglia Agnelli-Elkann e quindi all’ex Fiat, da sempre refrattaria – per non dire ostile – alla diffusione dell’auto elettrica.
A innescare la miccia, è stata Legambiente imputando alle Soprintendenze “ritardi, burocrazia e contenziosi che bloccano parchi eolici e fotovoltaici”. Italia Nostra ha subito contrattaccato, accusando l’altra associazione di essere la “lobby delle rinnovabili”, come se questa fosse di per sé una colpa. Il fatto è che Legambiente, fedele alla sua tradizione di concretezza e pragmatismo, tende a preoccuparsi più delle conseguenze provocate dall’inquinamento atmosferico e dalle emissioni nocive: e cioè il cambiamento climatico, la desertificazione, il riscaldamento globale, i danni per l’ambiente e per l’agricoltura. Sull’altro fronte, invece, Italia Nostra tiene di più alla tutela del paesaggio, minacciato a suo parere dalle trasformazioni indotte dalle rinnovabili (pale eoliche, pannelli fotovoltaici sulle case e sul terreno, nei centri storici).
Convinti che sia opportuno perseguire alleanze con le imprese più innovative e con le istituzioni più sensibili e illuminate, i dirigenti di Legambiente – insieme a quelli del Fai e del Wwf – hanno chiesto al ministero della Cultura di elaborare “linee guida per garantire l’integrazione degli impianti rinnovabili” nel territorio e nell’habitat naturale. Un approccio soft, insomma, nel rispetto dell’ambiente. Dall’altra parte, Italia Nostra interpreta un integralismo paesaggistico, come se le pale eoliche o i campi fotovoltaici – opportunamente collocati in un determinato contesto – fossero peggio dei tralicci dell’alta tensione che attraversano le nostre campagne e a volte deturpano le nostre coste. La stessa associazione impugna gli articoli dell’ex presidente del Consiglio, Romano Prodi, pubblicati sul Messaggero dell’immobiliarista Francesco Gaetano Caltagirone, in cui il Professore ricordava polemicamente che l’apporto del nostro Paese nella riduzione dell’anidride carbonica è praticamente irrilevante.
È vero, come osserva Prodi, che l’Italia produce il 7% della CO₂ in Europa e che il nostro Continente ne produce in totale appena l’1% di quella mondiale. Ed è anche vero che la Cina, grande produttrice di pannelli fotovoltaici, ne immette invece nell’atmosfera il 25%. Ma nulla impedisce che i Paesi europei, sulla strada della transizione ecologica, possano entrare su questo mercato e fare concorrenza alle imprese cinesi. Com’è pure vero che l’inquinamento prodotto principalmente da Pechino e da Shangai non può costituire l’alibi per giustificare i ritardi dell’Occidente. Ma, comunque, l’aria che noi italiani respiriamo è quella che insiste sulla nostra Penisola.
“Una frattura profonda e di sostanza – conclude l’articolo di Giubilei – che indebolisce il fronte ambientalista, anche se Italia Nostra sottolinea di essere nata per proteggere il paesaggio e di appartenere marginalmente a quel mondo”. Solo che non si difende il paesaggio se non si difende l’ambiente. E occorre trovare, perciò, un punto d’incontro o magari di compromesso per tutelare un patrimonio naturale che non appartiene a questa o a quella associazione, bensì all’intera collettività.