In quella “perla” della Puglia e del Salento che è Santa Maria di Leuca, punta estrema dell’Italia chiamata perciò “finis terrae”, c’è da quasi un secolo un eco-mostro che si potrebbe definire d’epoca. Costruita nel 1928, l’ex Colonia Scarciglia ospitava durante il fascismo le vacanze estive dei bambini delle famiglie più povere e indigenti. Con la sua mole imponente, l’edificio incombe proprio sul porto e su un bellissimo tratto di litorale, a ridosso dell’area dove si trova il faro di Leuca sull’estremo lembo di Punta Meliso. Al di sotto della costruzione, uno splendido panorama di scogliere e grotte.
Da molti anni, ormai, la colonia è abbandonata e versa in stato di degrado. Solo una “gabbia” di ponteggi la tiene ancora in piedi. Quel rudere è un obbrobrio che deturpa il profilo della costa e tutto il paesaggio circostante. Se un edificio del genere fosse stato costruito oggi, la magistratura ne avrebbe ordinato senz’altro la demolizione.
L’ex colonia Scarciglia è al centro di un acceso dibattito sulla sua possibile futura destinazione: un museo del mare o un hotel a cinque stelle? Qualche tempo fa, se ne interessò Roberto Colaninno, l’imprenditore e finanziere di origini pugliesi, già amministratore delegato dell’Olivetti e poi presidente di Telecom, che da questi parti ha acquistato una villa ottocentesca affacciata sul mare. La sua idea era quella di riqualificare l’edificio per trasformarlo in un albergo moderno. Ma le resistenze e gli interessi locali, in un rimpallo continuo di responsabilità tra la Provincia di Lecce e il Comune di Santa Maria di Leuca, hanno bloccato finora l’operazione.
Un fatto, però, è certo. Quell’obbrobrio non può restare così com’è. Delle due, l’una: o la colonia viene ristrutturata e recuperata oppure bisogna abbatterla, ammesso poi che qualche ente pubblico abbia i soldi per realizzare un’operazione del genere.
Antonio Greco, Lecce