Nell’Italia dei giorni nostri, convivono due anime: quella di un “Bel Paese”, ricco di straordinarie bellezze artistiche e paesaggistiche debitamente valorizzate; e quella di un “Brutto Paese” drammaticamente schiacciato dal peso di un patrimonio culturale abbandonato, fatiscente e dimenticato. Un “Brutto Paese” al quale siamo ormai abituati e assuefatti e che sembra affondare le proprie radici più profonde soprattutto nel Sud d’Italia, emblema di un territorio offeso e svilito che invece potrebbe dare tanto in termini di cultura e turismo. Ma il Meridione, per fortuna, non è soltanto teatro di malaffari, contraddizioni o sprechi. È anche un luogo dove è possibile incontrare dei giovani che non si arrendono al deprimente stato attuale delle cose, ma anzi lo fronteggiano grazie allo studio e all’amore per il proprio territorio cercando di proporre soluzioni concrete contro questa inesorabile perdita di storia, arte e tradizione.
È il caso di un gruppo di universitari messinesi (Marilena Amato, Alessia Cacciatore, Davide Basile e Davide Cambria) che nel 2010, in seno a un laboratorio di restauro promosso dalla Facoltà di Architettura dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, ha sviluppato un progetto di valorizzazione e riqualificazione per un malandato monastero normanno che sorge a Mili S.Pietro, piccola frazione di Messina. Nonostante che lo Stato italiano, negli anni Sessanta, abbia riconosciuto alla chiesa monasteriale un valore storico-artistico restaurandola e sottoponendola al vincolo di tutela, una sorte analoga non è toccata purtroppo agli altri ambienti del cenobio, ormai in avanzato stato di degrado e oggetto di contesa in una diatriba ereditaria. Ed è proprio la drammatica condizione in cui versa il monumento ad aver spinto questi giovani studiosi a sceglierlo come oggetto delle proprie ricerche.
Il risultato è un brillante progetto intitolato ‘Spirito DiVino’ che, oltre a porsi come obiettivi primari la valorizzazione e la promozione del monastero sconosciuto al grande pubblico, si lega saldamente al territorio prendendo spunto proprio da ciò che può offrire: un vino autoctono di ottima qualità. Nel pieno rispetto del bene, ‘Spirito DiVino’ prevede – oltre al recupero degli ambienti monastici – anche la creazione di uno spazio aggregante e generatore di sviluppo economico, a uso della comunità locale, dove si fondono i caratteri dell’azienda vinicola e della cantina sociale, ma anche del moderno wine bar e dell’enoteca. Un progetto, quindi, che se uscisse al di fuori dall’università e venisse preso in considerazione dalle autorità locali, potrebbe rappresentare per il monastero un’occasione unica di tornare a nuova vita, scrollandosi finalmente di dosso incuria e rovina, richiamando anche alle proprie responsabilità quegli enti, oggi latitanti, preposti alla sua salvaguardia.
In attesa che le sorti di Mili S. Pietro virino verso una direzione più fortuna e più rispettosa della sua storia, un plauso speciale va comunque ai quattro giovani studiosi che attraverso la loro creatività e intelligenza rappresentano un modello per il rilancio del Mezzogiorno d’Italia, per la tutela e la valorizzazione del suo patrimonio storico, artistico e culturale.
Valeria Danesi
ALLEGATI (CLICK PER VISUALIZZARE):
FOTO:
VISUAL: