Una base d’asta per appalti di circa 20 miliardi di euro; 70% obbligatorio di materiali riciclati o recuperati per il risanamento delle strade; 80% di componenti delle nuove strade che deve poter essere disassemblato per il riuso. In questi tre dati si riassumono i cosiddetti “Cam”, i criteri ambientali minimi previsti dal “decreto lavori” che sarà emanato nei prossimi giorni dal ministero dell’Ambiente per la progettazione, la costruzione e la manutenzione delle strade. Quelle nuove, in linea con le norme dell’Unione europea, dovranno durare almeno 20 anni per diventare più green e più sicure.
Il fatto che queste regole siano state annunciate con un grande titolo in prima pagina da Il Messaggero, il quotidiano di Roma che appartiene al costruttore e immobiliarista Francesco Gaetano Caltagirone, nulla toglie all’interesse di questo provvedimento. All’articolo di Giacomo Andreoli, il giornale ne ha affiancato un altro in pagina interna a firma di Francesco Pacifico e Giampiero Valenza, intitolato a sua volta “L’Italia che viaggia su asfalto groviera: poche manutenzioni e alti risarcimenti” e focalizzato sulla questione delle “buche” stradali che riguarda l’intera Penisola e in modo particolare la Capitale: quella “Caput mundi” per cui gli antichi romani costruirono dovunque tutte le strade che – come dice il proverbio – “portano a Roma”.
Nel primo articolo, si spiega che “avranno più possibilità di aggiudicarsi gli appalti le aziende che usano materiali riciclabili”, qualificati come sottoprodotti del calcestruzzo e come il bitume “verde”. E poco più avanti, si legge ancora: “Se manca la documentazione che certifica il rispetto dei criteri ambientali quando viene presentata l’offerta, l’azienda viene esclusa dalla gara”. Per i trasgressori, sono previste sanzioni progressive: “Si arriva a multe fino a centinaia di milioni di euro per le grandi opere, rispettando il principio di proporzionalità”, dichiara allo stesso giornale Giuseppe Franco Ferrari, giurista dell’Università Bocconi.
Per ripianare le buche stradali, come si legge nell’altro articolo del Messaggero, soltanto la Capitale spende un milione di euro all’anno. Il Comune di Napoli sfiora i due milioni, mentre Milano arriva a 400mila euro. A Palermo, quattro anni fa, l’amministrazione comunale dovette approvare d’urgenza un debito fuori bilancio da sette miliardi per risarcire gli automobilisti.
Secondo l’Istat, infatti, nel 2022 si sono registrati 920 incidenti stradali che hanno provocato decessi o feriti gravi causati “da buche o altri tipi di usura delle strade”. Qualche anno prima “il gigante della riassicurazione Marsh aveva stimato che sei italiani su dieci hanno rischiato di finire fuori strada o di scontrarsi con un altro automobilista proprio per le disconnessioni del manto stradale”. E l’associazione dei consumatori Codacons calcolò che l’82% delle strade di Roma erano “tarlate”, con una buca ogni 15 metri.
I progettisti, gli appaltatori e i produttori di asfalto – si legge ancora nell’articolo – spiegano che, se i materiali utilizzati sono buoni, il cosiddetto “tappetino” (vale a dire i cinque centimetri di conglomerato bituminoso) dovrebbero durare almeno cinque anni prima di deteriorarsi. “Ma molto spesso la strada si spacca o frana – racconta un imprenditore edile – perché si tappano soltanto le buche e non si interviene su tutta la sezione stradale”.