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SICILIA, I “PICCOLI COMUNI” APRONO LE PORTE AI MIGRANTI: UN MODELLO DI ACCOGLIENZA DIFFUSA

Ambiente, territorio e immigrazione. Che cosa hanno in comune questi tre termini? L’anello di congiunzione potrebbero essere i Piccoli Comuni, sparsi per tutta la Penisola, che si sono già spopolati o si stanno spopolando. L’esempio viene dalla Sicilia, terra di sbarchi e respingimenti, primo approdo di chi attraversa il Mediterraneo a bordo delle “carrette del mare” per fuggire dalla fame, dalla miseria, dalle guerre e dalle torture.

I borghi siciliani, rappresentati dall’Anci (Associazione dei Comuni italiani), aprono le porte ai migranti. Lo racconta in un ampio articolo Giacomo Giambassi, inviato a Palermo dal quotidiano d’ispirazione cattolica Avvenire. Sono storie esemplari che dimostrano come si possono salvare, allo stesso tempo, i piccoli paesi abbandonati dai giovani e gli immigrati che arrivano dal mare sui “barconi della speranza”.

Il sindaco Filippo Miracula accoglie una famiglia di migranti nel municipio di San Marco d’Alunzio in provincia di Messina – Anci Sicilia (da “Avvenire”)

È il caso, per cominciare, del Comune di San Marco d’Alunzio (foto in alto), nel Messinese, che rappresenta un modello di accoglienza Qui un diciottenne del Gambia, sbarcato da un gommone, è diventato un operaio modello. Già prima di approdare in Italia, come si legge nell’articolo del giornale d’ispirazione cattolica, Dibba Abubacar voleva fare il sarto.  Ed è riuscito a realizzare il suo sogno, trovando un lavoro e anche una casa mesa a disposizione dall’azienda che lo ha assunto: quella del sindaco Filippo Miracula, che quarant’anni fa emigrò anche lui in Svizzera prima di poter tornare alla sua terra e aprire la “Sartoria San Lorenzo”.

Inserito nella classifica dei borghi più belli d’Italia, San Marco D’Alunzio si trova sulla vetta del monte Castro, da cui si vede il mare, ma oggi conta meno di duemila abitanti. “Il meticciato – scrive Giambassi – è iscritto nella sua storia, fra radici greche, conquiste romane, rifugiati bizantini, assedi arabi, riconquiste normanne”. Spiega il sindaco Miracula: “La nostra è una comunità aperta che dà un futuro anche a chi non ha il passaporto italiano, nel segno della legalità e dell’integrazione”.

La festa per una famiglia di migranti a San Marco d’Alunzio in provincia di Messina – Anci Sicilia (da “Avvenire”)Sono numerosi i Piccoli Comuni della Sicilia che puntano sull’integrazione.    Un percorso proficuo sia per il migrante, sia per la realtà che spalanca le porte”, dice Mario Alvano, segretario generale dell’Anci Sicilia. E aggiunge: “In contesti ristretti la cura della persona è più attenta e chi li sceglie per viverci dopo essere fuggito da guerre, miseria o sfruttamento rinvigorisce la comunità”. E così il flusso migratorio può diventare una risorsa, anche per fermare lo spopolamento che minaccia il “deserto demografico”.

Avverte Maurizio Zingales, referente dell’Anci siciliana per i Piccoli Comuni e sindaco di Mirto: “In cinque anni i Comuni della Sicilia con meno di cinquemila abitanti hanno perso il 5% della popolazione. E nell’intera isola sono 210 quelli che corrono il pericolo di un autentico impoverimento e rappresentano un segmento significativo della nostra regione”.

I suoi concittadini sono appena 846. Ma c’è un tessuto produttivo molto vivace, con imprese che producono tubi di irrigazione, aziende enogastronomiche, comparto tessile e del marmo, stabilimenti di pellet e una start-up di commercio online che fattura tre milioni di euro l’anno. La disoccupazione è quasi a zero e perciò serve manodopera.

Finora, sono quaranta i Comuni siciliani che hanno aderito al “Progetto SAI”, (Sistema Accoglienza Immigrazione), costituito a livello nazionale dalla rete degli enti locali e finanziato dallo Stato. Queste amministrazioni si dichiarano disponibili a “adottare” i migranti, secondo le procedure programmate. E si tratta di municipi delle città più grandi o di piccoli paesi: come San Salvatore di Fitalia, poco più di mille abitanti, uno fra i punti di riferimento per la prefettura di Agrigento quando scatta l’”allarme sbarchi”, ogni volta che sbarca una nave di profughi.

“Il Sai non è unicamente un cammino che assicura un tetto, cibo o abiti ai migranti e che li inserisce nel contesto sociale italiano, ma è anche un dispensatore di energie positive per i territori”, afferma Angela Errore, responsabile del Progetto a Palermo. E aggiunge: “Siamo la prova di come il Sai di una grande città possa dialogare con i piccoli Comuni che hanno una forte domanda di nuova cittadinanza”. Un modello di accoglienza diffusa, quindi, che può essere applicato in tante altre regioni italiane – come sta avvenendo anche al Nord e al Centro (foto sopra) – piuttosto che “deportare” i migranti in Albania o di condannarli all’emarginazione e alla clandestinità. A beneficio dell’ambiente, del territorio e della convivenza civile.

 

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