Levata di scudi delle associazioni ambientaliste contro il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. Un fronte compatto costituito da Greenpeace, Legambiente e Wwf scende in campo per opporsi alla sua controversa proposta di raddoppiare la produzione italiana di gas, per risparmiare sulle importazioni e contrastare il caro-bollette. Al centro della contesa, le famigerate trivelle che dovrebbero riprendere a perforare il suolo e le acque italiane, dal Veneto alla Basilicata, dall’Alto Adriatico al Mar di Sicilia, con il rischio di provocare danni irreparabili al territorio, all’ambiente e al paesaggio.
A giudizio delle associazioni ecologiste, pensare di risolvere la questione attraverso un aumento dell’estrazione di gas fossile nazionale “è insensato” e, per di più, distrae dall’obiettivo strategico di sviluppare le fonti rinnovabili. A loro avviso, invece, “bisogna eliminare tutti gli oneri di sistema impropri che gravano sulle bollette elettriche e accelerare la transizione energetica”. Nel 2020, questi oneri di sistema ammontavano a circa 14 miliardi di euro su oltre 40, pari al 30%. E comprendono perfino una quota per lo smaltimento dei nostri vecchi rifiuti nucleari.
A tutto ciò, si deve aggiungere – secondo gli ambientalisti – una politica di efficienza energetica, in modo che da qui al 2030 tutti gli edifici riducano i consumi di almeno il 50%, attraverso interventi di ristrutturazione e riqualificazione. È, infatti, proprio il risparmio – attraverso l’evoluzione tecnologica degli impianti e degli apparecchi elettrici – la prima fonte energetica a nostra disposizione. Il che non vuol dire, evidentemente, tornare alla “civiltà della candela” ma risparmiare energia a parità di consumi. E poi, utilizzare quella disponibile in natura a costo zero, come il sole e il vento.
Da parte opposta, i sostenitori della proposta lanciata dal ministro Cingolani sostengono che la stretta delle forniture del metano dalla Russia, dovuto anche al blocco del gasdotto Yamal, minaccia di provocare uno “tsunami” sui consumatori. Uno studio di Confcommercio, per esempio, stima in 11 miliardi di euro gli extra-costi che gli utenti italiani dovranno sopportare per i rincari di gas e luce. Mentre un altro rapporto predisposto da Confindustria calcola che al 20 dicembre scorso il prezzo del metano nel nostro Paese corrispondeva a un aumento dell’850% rispetto alla stessa data del 2020.
Lo scontro sulle trivelle rischia, dunque, di trasformarsi in una guerra di religione. Da una parte, le motivazioni economiche; dall’altra, le ragioni della difesa del territorio e dell’ambiente. Da un lato, i costi in aumento; dall’altro, i danni irreparabili che si ripercuoterebbe anche sul turismo e sull’occupazione del settore.
La strada maestra rimane quella di sviluppare le fonti alternative che, oltretutto, riducono l’inquinamento atmosferico e non danneggiano la salute collettiva con emissioni nocive. Il paradosso è che ora la proposta di nuove trivellazioni venga proprio dal ministro che dovrebbe occuparsi della Transizione ecologica! I verdi non vogliono lasciare l’Italia al verde, come scrive qualche giornale padronale, ma piuttosto tutelare l’interesse collettivo sia sul piano ambientale sia su quello economico.