Sono 68,6 i miliardi di euro stanziati dal governo Draghi, su un totale di 221,1, per la “Missione 2” del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) intitolata “Rivoluzione verde e Transizione ecologica”. Di questi, 59,3 miliardi provengono dal Next Generation EU e 9,3 dal Fondo complementare finanziato attraverso lo scostamento pluriennale di bilancio approvato nel Consiglio dei ministri del 15 aprile scorso. Il PNRR, articolato in sei missioni, include inoltre un corposo pacchetto di riforme, che riguardano la pubblica amministrazione, la giustizia, la semplificazione normativa e la concorrenza.
Si tratta di un intervento senza precedenti nella storia dell’Italia e dell’Europa, il più consistente dalla fine della Seconda guerra mondiale, che intende riparare i danni economici e sociali della crisi pandemica, contribuire a risolvere le debolezze strutturali dell’economia italiana e accompagnare il Paese su un percorso di transizione ecologica e ambientale. Il Piano ha come principali beneficiari le donne, i giovani e il Mezzogiorno e contribuisce in modo sostanziale a favorire l’inclusione sociale e a ridurre i divari territoriali. Nel complesso, il 27% è dedicato alla digitalizzazione, il 40% agli investimenti per il contrasto al cambiamento climatico e più del 10% alla coesione sociale.
Gli obiettivi fondamentali della “Missione 2”, nel programma predisposto dal ministero per la Transizione ecologica guidato dal fisico Roberto Cingolani (nella foto sopra), sono migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema economico, per assicurare una transizione ambientale equa e inclusiva. Ecco, in sintesi, i punti principali.
- Sono previsti investimenti e riforme per l’economia circolare e la gestione dei rifiuti, con il target ambizioso di raggiungere il 65% di riciclo dei rifiuti plastici e il 100% di recupero nel settore tessile.
- Il Piano stanzia risorse per il rinnovo del trasporto pubblico locale, con l’acquisto di bus a bassa emissione, e per il rinnovo di parte della flotta di treni per il trasporto regionale con mezzi a propulsione alternativa.
- Corposi incentivi fiscali sono previsti per incrementare l’efficienza energetica di edifici privati e pubblici. Le misure consentiranno la ristrutturazione di circa 50.000 edifici all’anno.
- Il governo prevede, inoltre, importanti investimenti nelle fonti di energia rinnovabile semplifica le procedure di autorizzazione nel settore.
- Si sostiene la filiera dell’idrogeno, e in particolare la ricerca di frontiera, la sua produzione e l’uso locale nell’industria e nel trasporto.
- Il Piano investe, infine, nelle infrastrutture idriche, con l’obiettivo di ridurre le perdite nelle reti per l’acqua potabile del 15% e nella riduzione del dissesto idrogeologico.
Un capitolo specifico del PNRR è dedicato in particolare alla tutela e alla salvaguardia del mare. Con circa 8.300 chilometri di coste, il nostro Paese è certamente il più interessato a questo tema. I mari italiani non sono soltanto un grande deposito ambientale di biodiversità, ma anche una risorsa economica e turistica: tant’è che producono il 3% del Pil.
Il capitolo s’intitola “Ripristino e tutela dei fondali e degli habitat marini” e si trova al punto M2C4 investimento 3.5 della “Missione 2”. Il testo recita: “Il piano sviluppato prevede interventi su larga scala per il ripristino e la protezione dei fondali e degli habitat marini nelle acque italiane, finalizzati a invertire la tendenza al degrado degli ecosistemi mediterranei potenziandone la resilienza ai cambiamenti climatici e favorendo così il mantenimento e la sostenibilità di attività fondamentali non solo per le aree costiere, ma anche per le filiere produttive essenziali del Paese (pesca, turismo, alimentazione, crescita blu)”.
In attesa del Piano, l’associazione MareVivo aveva lamentato la quasi totale assenza di questo argomento nel testo originario. L’integrazione in extremis, dunque, è stata accolta favorevolmente dall’organizzazione presieduta da Rosalba Giugni (nella foto sopra) che ha così commentato: “Siamo molto soddisfatti di questo risultato. Finalmente il Mare entra nell’agenda di governo, un passo fondamentale verso la sostenibilità ambientale”. Ora, però, la stessa associazione rilancia e chiede l’istituzione di una “Cabina di regia” per una governance del Mare: è dalla chiusura nel 1993 del ministero della Marina Mercantile con la sua Consulta, infatti, che le competenze su questa complessa materia sono state suddivise fra sette ministeri ed è mancata perciò una politica integrata per l’ecosistema marino.