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RISCHIO CLIMA PER 73MILA AZIENDE

In base a un’analisi sui dati di 750mila società italiane di capitali – elaborata dal Cerved, la società informatica di gestione fondata nel 1973 – sono 73mila le aziende più “esposte” al rischio climatico e agli eventi estremi. Lo riferisce Luca Orlando in un ampio articolo pubblicato sul Sole 24 Ore. E perciò queste imprese dovranno sostenere investimenti aggiuntivi per 226 miliardi di euro per decarbonizzarsi e raggiungere l’obiettivo “zero emissioni” entro il 2050.

Il rischio – come spiega lo stesso giornalista – attiene a due aspetti distinti, ma collegati fra loro: il rischio di transizione e quello ambientale. Il primo, relativo alla transizione energetica ed ecologica, riguarda gli investimenti e le relative risorse necessarie per un processo di aggiustamento verso un’economia a basse emissioni di carbonio. L’altro rischio misura il livello del potenziale impatto delle attività di ciascun settore sull’ambiente, a prescindere dalle eventuali azioni di mitigazione adottate in quattro ambiti: biodiversità, inquinamento, produzione dei rifiuti e consumo di risorse idriche.

Un impianto di raffinazione e produzione del settore OIL&GAS

Le aziende più esposte alle catastrofi provocate dal rischio climatico sono, nell’ordine, quelle del comparto Oil&Gas, sia nell’estrazione e produzione sia nella raffinazione e nel commercio. Seguono quelle che operano nella produzione di energia; quelle del cemento, del ferro e dell’acciaio; dei materiali da costruzione e nell’agricoltura. Quindi l’automotive, la chimica, il sistema moda, i trasporti e la logistica. Tutte insieme cumulano debiti complessivi per 207 miliardi di euro.

In media, secondo le stime del Cerved, ciascuna di queste aziende dovrebbe spendere oltre tre milioni di euro per arrivare al “net zero”. Ma soltanto 15 milia imprese (il 21,4% del cluster) sarebbe in grado di sostenere questi oneri, indebitandosi per 46 miliardi senza compromettere i propri bilanci. Dichiara al Sole 24 Ore il presidente esecutivo della società informatica, Carlo Purassanta: “Solo un’azienda su cinque è oggi in grado di coniugare sostenibilità e competitività, mantenendo la propria stabilità finanziaria”.

La quota maggiore degli investimenti aggiuntivi spetta all’Oil&Gas per oltre 122 miliardi (di cui 58,6 per exploration&production e 63,5 per refining&marketing). Al secondo posto, c’è il settore della produzione di energia con 74,7 miliardi. E quindi, trasporti e logistica (13 miliardi), ferro e acciaio (7,3), cemento (4) materiali da costruzione (1,8) e chimica (1,35). Ma, conclude l’articolo Orlando, “se in media solo il 21% del campione ha al momento margini gestibili per debiti aggiuntivi, è l’agricoltura il settore più a rischio, con una quota di aziende in sicurezza pari solo al 13%”.

L’alluvione in Emilia Romagna

È chiaro, dunque, che per non pregiudicare la tenuta di queste aziende, e di conseguenza i rispettivi livelli occupazionali, occorre una politica industriale nazionale improntata alla transizione ecologica e al contrasto dei cambiamenti climatici. Dato che la maggior parte delle imprese – a cominciare da un settore fondamentale per la filiera alimentare com’è l’agricoltura – non possono sostenere da sole tali investimenti, spetta al governo assumere la guida di questa trasformazione e sostenerla nell’interesse generale. Si tratta di comparti strategici per l’economia e per l’intera società. Sappiamo ormai tutti per esperienza, diretta o indiretta, che gli “eventi estremi” – piogge torrenziali, alluvioni, frane, smottamenti e quant’altro – sono purtroppo all’ordine del giorno e non possono essere più catalogati come “calamità naturali”.

Un recente rapporto di Legambiente registra un notevole aumento degli eventi meteo avversi in Italia: nel corso del 2024 se ne sono verificati 351, con un incremento del 485% negli ultimi dieci anni rispetto al 2015. Mentre – secondo il Wwf – gli eventi climatici estremi dall’inizio dell’anno sono stati complessivamente 1.899, di cui 212 tornado, 1.023 nubifragi e 664 grandinate, come attesta l’Osservatorio ANBI sulle risorse idriche, con tre alluvioni disastrose in Emila Romagna.

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