L’obiettivo finale è quello di 70 gigawatt, in media 7 all’anno, entro dieci anni: 50 da solare e 20 da eolico. Il 40% del consumo finale di energia elettrica, in base al “Green Deal” europeo, dovrà arrivare da fonti rinnovabili. Ma l’Italia, nonostante l’emergenza energetica provocata dalla guerra Russia-Ucraina e dall’aumento dei prezzi di gas e petrolio, è in grave ritardo su questo cronoprogramma.
In una documentata inchiesta di Virginia Della Sala e Leonardo Bison pubblicata recentemente sul Fatto Quotidiano, nel 2022 sono stati autorizzati finora impianti per 2,5 Gw ed entro l’anno arriveremo al massimo a 3,5, appena la metà di quelli previsti. La potenza totale di quelli per cui è stata presentata istanza di Via (Valutazione di impatto ambientale) sarebbe di 19 Gw: di questi, 4,2 Gw riguardano il fotovoltaico; 11,2 l’agrivoltaico; 3,5 l’eolico a terra e 0,3 quello offshore. Secondo l’Anie, la federazione delle imprese elettrotecniche ed elettroniche, in questo settore potrebbero essere liberati investimenti per 20 miliardi di euro, con una produzione annua di 30 terawattora, pari a circa il 10% del fabbisogno elettrico nazionale. Ma la transizione energetica procede a rilento e le rinnovabili sono praticamente “dimezzate”. Vediamo perché con l’ausilio dell’inchiesta già citata sopra.
Le cause di questo ritardo sono molteplici e, per molti versi, annose. Leggi che mancano o sono insufficienti, a livello nazionale o regionale; conflitti di competenza fra il ministero della Transizione energetica e quello dei Beni culturali, a cui spettano le autorizzazioni paesaggistiche attraverso le varie Sovrintendenze; carenza di personale della Pubblica amministrazione; progetti spesso incompleti o malfatti; scarsità di materie prime e aumento vertiginoso dei prezzi.
Secondo un report dell’Anie, nel primo semestre del 2022 sono stati costruiti impianti per 1,2 gigawatt: +168% rispetto allo stesso periodo del 2021. Si tratta, come scrivono i due giornalisti del Fatto, di “un grosso miglioramento se si tiene conto che fino all’anno scorso non si raggiungeva neanche un giga (800-900 megawatt)”. Ma siano ancora lontani dall’obiettivo dei 7 Gw all’anno: l’ultima asta del Gse (Gestore servizi elettrici) per l’assegnazione degli incentivi, per esempio, ne ha assegnati solo il 18%.
La nuova potenza installata riguarda prevalentemente il fotovoltaico con circa un gigawatt di potenza; mentre l’eolico, pur crescendo tanto a livello percentuale di anno in anno, si ferma a 123 megawatt. Il solare corre in Basilicata (+611%), Sicilia (+599%), Sardegna (+1.180%) e Valle d’Aosta (+2.305%). L’incremento di potenza installata è stato maggiore su impianti piccoli (sotto il megawatt): in quelli di taglia superiore, come si legge nell’inchiesta, “si registra un incremento del 467% (da 66 a 375 MW), frutto però dell’andamento a singhiozzo di tale segmento di mercato determinato, in taluni casi, da iter autorizzativi prolungati e, nella maggioranza dei casi, dall’opposizione delle Soprintendenze”.
TEMPI LUNGHI – Oltre a essere approvate dalla Commissione Pnrr-Pniec, le opere devono ricevere il beneplacito anche del ministero della Cultura e, in caso di diniego e di parere contrapposti, il via libera della presidenza del Consiglio. “Questi passaggi – osservano i due giornalisti – allungano i tempi di diversi mesi, tanto più che le decisioni dei ministeri di Transizione e Cultura sono spesso in contrasto”. Quest’anno è stato approvato da Palazzo Chigi un progetto di 32 impianti (1,6 gigawatt) per i quali il MiC era contrario.
SOPRINTENDENZE – In questa materia, spesso si mettono sotto accusa gli uffici territoriali del ministero della Cultura: Soprintendenze Archeologia, Belle Arti e Paesaggio. Ma, a quanto pare, i dinieghi per ragioni paesaggistiche o archeologiche sarebbero poche decine, anche se in realtà il calcolo andrebbe fatto sulla potenza da installare. Le procedure sono spesso unificate, i poteri di veto del MiC sono limitati alle aree vincolate e il sistema del silenzio-assenso, ampliato nel 2021, costringe le Soprintendenze ad accelerare le pratiche e fornire una risposta entro 45 giorni: se la pratica non viene evasa, scatta l’autorizzazione.
PERSONALE – I funzionari del MiC lamentano poi di dover gestire fino a 5mila pratiche a testa l’anno. E la creazione della Soprintendenza Speciale per il Pnrr (che prende in prestito da uffici preesistenti) non pare aver migliorato la situazione. Altro tema rilevato dal MiC è la qualità dei progetti. Mancando una pianificazione di dettaglio delle rinnovabili e della loro distribuzione, le imprese tendono a investire su terreni lontani dalle città, con costo al metro quadrato più basso, dove è più semplice collegarsi alle reti di approvvigionamento e distribuzione preesistenti.
PROVVEDIMENTI – Nei soli primi sei mesi di quest’anno, per 30 su 39 provvedimenti attuativi previsti dai decreti legislativi di recepimento delle direttive Ue su fonti rinnovabili e mercato elettrico erano scaduti i termini di attuazione. Ancora oggi manca il decreto attuativo sulle “comunità energetiche”, che deve entrare nel merito dei meccanismi di incentivazione per gli impianti a fonti rinnovabili di autoconsumo collettivo o in comunità energetiche rinnovabili di potenza non superiore al MW. La legge c’è ed è considerata ottima, ma intanto si ricorre al regime transitorio della normativa del 2019 che prevede un massimo di 200 kW. E ciò che forse e ancora più grave: manca il decreto sulle “aree idonee” e non idonee agli impianti rinnovabili, che sarebbe dovuto arrivare entro fine giugno. Di conseguenza, mancano le leggi regionali per individuare queste aree (da trovare entro dicembre 2022).
CONDOMINI – I pannelli solari sul tetto delle case – la cui installazione è stata semplificata nell’ultimo anno, equiparandola a manutenzione ordinaria per impianti fino a 200kW – devono spesso superare l’ostruzionismo dei condomini o dei vicini e i limiti di un investimento destinato ad avere ritorni nel giro di qualche anno. Un esempio si tutti: si può installarli sulla propria porzione di tetto, ma serve comunque l’ok di tutti i condomini, come per l’installazione di un pannello su un terrazzo privato di proprietà.
MATERIE PRIME – Da ultimo, lo shortage, vale a dire la carenza di materiale, in particolare per il fotovoltaico. Spiegano ancora i giornalisti del Fatto: “Iniziato con la pandemia a causa dei problemi con l’export e delle difficoltà nella produzione ed estrazione delle materie prime, è proseguito in parallelo ed è stato acuito dall’aumento della domanda e dei prezzi”. E così anche l’industria del fotovoltaico, come quella automobilistica, risente della scarsità di materie prime, soprattutto nella produzione di semiconduttori, componenti di rete e chip.