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ANCHE I RIFIUTI DIVIDONO LE “DUE ITALIE”: TARI, 94% AL NORD E 77% AL SUD. UN GETTITO DI 10,5 MILIARDI

Le “due Italie” non sono divise soltanto da ragioni economiche e sociali, ma anche dai rifiuti urbani. A documentarlo è uno studio di 31 pagine redatto dall’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), secondo cui il Nord riesce a incassare il 94% della Tari dovuta, mentre al Sud arriva appena al 77%. La riscossione della tassa sui rifiuti diventa così un ulteriore termine di paragone per misurare l’attualità della “questione meridionale”, attraverso il gap fra la parte più avanzata e progredita del Paese e quella ancora più arretrata.

Con il suo gettito annuo di 10,5 miliardi di euro, calcolati dall’Upb, la Tari segna così forti disparità territoriali nei costi di gestione dei rifiuti. E la causa principale è il deficit d’impianti che nel Mezzogiorno provoca più costi e meno incassi. Tant’è che il 71,5% dei rifiuti viene trattato al Nord, il 9,7 al Centro e il 18,8 al Sud, dove dominano le discariche che ne raccolgono il 43,4% contro il 26% delle regioni settentrionali.

 

“La mancata riscossione – come scrive Gianni Trovati sul Sole 24 Ore – finisce per scaricarsi almeno in parte sulle bollette di chi invece paga puntualmente, per la clausola che impone la copertura integrale dei costi di servizio”. Un po’ come avviene, insomma, nei condomini dove i morosi penalizzano i più virtuosi. Questi “buchi” cumulano poi una mole di residui attivi (entrate accertate ma non ancora riscossa) di 15,2 miliardi di euro nei bilanci del Comuni.

La Tari è, infatti, il secondo tributo comunale per importo dopo l’Imu. L’imposta municipale dovuta per il possesso dei fabbricati, esclusa la prima abitazione. E, naturalmente, più i Comuni sono grandi e meno riscuotono la tassa sui rifiuti. Una situazione che si ripercuote di conseguenza sulla loro capacità di spesa e quindi sulla qualità dei servizi prestati ai cittadini (dalla scuola pubblica ai trasporti locali).

Osservano nel loro focus gli esperti dell’Ufficio parlamentare di bilancio: “Il superamento dei divari territoriali nella dotazione impiantistica delle regioni nel Centro e nel Sud, che è tra gli obiettivi del PNRR, è cruciale per far sì che la Tari diventi uno strumento efficace per ridurre le quantità di rifiuti prodotti, per rendere l’imposizione equa tra diverse aree del Paese e per aumentare la capacità degli Enti locali di coprire i costi del servizio”.

Qui torna in ballo, dunque, la vexata quaestio dei termovalorizzatori: quegli impianti, cioè, che non solo “bruciano” o inceneriscono i rifiuti, ma soprattutto li valorizzano ricavandone energia. A Brescia, per esempio, funziona da molti anni un impianto che seleziona i rifiuti e li utilizza per erogare il teleriscaldamento. Altrettanto, intende fare il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, per risolvere i problemi che affliggono la raccolta urbana nella Capitale, dove spesso i cassonetti sono stracolmi e a volte i cittadini abbandonano televisori, frigoriferi o materassi per strada. Ma non mancano le contestazioni e le polemiche da parte degli ambientalisti, preoccupati dal sospetto che poi questi impianti possano immettere nell’aria sostanze tossiche e inquinanti.

Un buon esempio viene dall’estero, da diverse città – come Lisbona – che hanno installato impianti interrati per il deposito differenziato dei rifiuti: carta, vetro, plastica e metallo. Questo consente, fra l’altro, il recupero delle materie prime con il riciclo e un risparmio nella loro riproduzione. Una soluzione certamente più efficiente e igienica, oltre che esteticamente apprezzabile.

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