Con i suoi 48 ettari, occupa il 15% dell’intero territorio di Venezia, al margine orientale della città antica. Ma l’Arsenale, sorto nel XII secolo, rappresenta una memoria storica della Serenissima e della sua grandezza artistica e mercantile. Ora sta per essere firmato un protocollo d’intesa fra il Comune e i ministeri dei Beni culturali e della Difesa che prevede l’alienazione di vaste aree del complesso a vantaggio della Marina militare. Perciò 60 associazioni di cittadini, raccolti nel Forum Futuro Arsenale (futuroarsenale.org) sono scese in campo per contestare e possibilmente bloccare questo progetto.
L’appello è stato rilanciato sul Corriere della Sera dallo scrittore e giornalista Antonio Scurati, veneziano d’adozione, che ha vissuto per vent’anni nella città lagunare e vi ha ambientato un romanzo post-apocalittico intitolato La seconda mezzanotte (Bompiani). “Discutere di Venezia – esordisce l’autore – significa discutere del futuro del Paese. Non dovremmo mai stancarci di farlo. Venezia rappresenta, infatti, la quintessenza di una nazione dotata di un patrimonio enorme di storia, cultura, arte, bellezza, la cui immensa fortuna minaccia però costantemente di rovesciarsi in un destino di minorità”.
L’Arsenale, un complesso di cantieri e officine, fu il cuore dell’industria navale veneziana ai tempi del suo massimo splendore di grande potenza marinara. Ma, dopo la Seconda Guerra Mondiale, si avviò verso il declino e rimase inutilizzato, chiuso agli usi civili e precluso ai veneziani. E così per decenni ha languito in uno stato comato di semiabbandono, fino a quando una ventina di anni fa alcuni grandi locali sono stati devoluti alla Biennale per le sue esposizioni di arte contemporanea. Per il resto, nulla: il deserto, il degrado.
“Nel 2012 – racconta Scurati – la proprietà dell’area, gestita per buona parte dalla Marina militare, è stata trasferita dal Demanio al Comune di Venezia con un vincolo che ne assicurava l’inalienabilità e indivisibilità e con il mandato di farne un uso più prossimo ai cittadini e più affine a una modernità inclusiva, a una società aperta, a un’economia dinamica”. Ma, aggiunge lui stesso, “l’amministrazione cittadina si è dimostrata incapace di realizzare un progetto di rilancio complessivo che riaprisse l’Arsenale a veneziani e turisti”.
Che cosa contestano, dunque, le 60 associazioni riunite adesso nel Forum? “Contestano soprattutto la retrocessione alla Marina di ben sei tese (un complesso unitario composto da quattro corpi di fabbrica costruiti nel Cinquecento – ndr) che impedirebbero sia la rinascita complessiva dell’area, sia la tanto agognata riapertura agli usi pubblici”. E tutto ciò senza averne “mai discusso con la cittadinanza, e reso opaco da diverse clausole di riservatezza”. Spiega in tono accorato lo scrittore: “Veneziani e amanti di Venezia chiedono di poter finalmente rimettere piede nell’antico Arsenale, di poter partecipare alle decisioni sul suo futuro e di contribuire a realizzarle; soprattutto, tramite una lettera aperta, chiedono di poterne discutere con i ministri Franceschini e Guerini”, titolari rispettivamente della Cultura e della Difesa. È proprio a loro, infatti, che è rimessa la sorte dell’antico Arsenale.
L’articolo di Scurati pubblicato sul Corsera si conclude con un appello che equivale a un ultimatum: “Da veneziano e da italiano in bilico, io credo che negarsi a questo confronto significherebbe smettere di discutere non solo del futuro di Venezia ma anche di quello dell’Italia; significherebbe anche sprecare l’occasione epocale di fare del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza un’esperienza memorabile di democrazia partecipata, sentita, vissuta in prima persona dal popolo italiano”.