Si discuterà il 13 maggio davanti al Tar del Lazio, competente per le controversie sugli atti di organi centrali dello Stato e di enti pubblici ultraregionali, il caso del parco eolico offshore che dovrebbe essere installato nel Golfo di Gela, sulla costa sud-occidentale della Sicilia, al largo del Comune di Butera (come raffigurato nel rendering qui sopra). L’Associazione Archeoclub d’Italia e un gruppo di cittadini, rappresentati dagli avvocati Chiara Donà delle Rose e Giovanni Puntarello, chiedono l’annullamento del parere favorevole all’esclusione della procedura di VIA con cui la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale aveva autorizzato il progetto, nel dicembre 2013, suscitando le reazioni del fronte ecologista: si tratta di 38 mastodontiche “pale” per catturare l’energia del vento a circa due miglia dal litorale. Sarebbe un attentato al turismo di tutta la zona, oltre che al paesaggio, all’avifauna e all’inestimabile patrimonio storico ancora sommerso in quelle acque.
Presentato dalla società Mediterranean Wind Offshore di La Spezia, il progetto fu approvato dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nel 2003 e ha ottenuto anche il giudizio positivo del ministero dell’Ambiente. Ma fin dall’inizio è stato avversato dal ministero dei Beni culturali, dalla Regione Sicilia, dalla Provincia di Caltanisetta e dai Comuni di Gela, Licata e Butera. Per dirimere la controversia, nel 2012 è intervenuto il Consiglio dei ministri avvalorando la “compatibilità ambientale” dell’opera.
Non è, però, una “guerra contro i mulini a vento” quella che infuria nel Golfo di Gela. I ricorrenti non sono contrari a una fonte “pulita” come l’energia eolica, ma contestano piuttosto la “location” di questo parco offshore che dovrebbe occupare un’area di 9,5 chilometri quadrati e produrre a regime 136,8 megawatt. E l’opposizione del fronte “No Peos” (No al Parco eolico offshore), guidato dal Comitato per la difesa del Golfo, si fonda su diverse buone ragioni.
La zona interessata ha, innanzitutto, una “forte vocazione balneare e turistica” e comprende un “tratto di costa ancora incontaminato e vergine”, come si legge nel parere contrario della Provincia di Caltanisetta che sostiene l’assoluta incompatibilità ambientale del progetto. E su tutta l’area circostante sono già in funzione numerose strutture turistiche, ricettive e alberghiere, che ne riceverebbero “danni gravi e irreparabili”.
Sono poi le dimensioni degli aerogeneratori, seppure ridotti di numero dagli originari 113 a 38, a prefigurare già uno sfregio al paesaggio. Alti 135 metri, di cui 80 emersi al di sopra della superficie del mare, equivalgono ad altrettanti grattacieli come il Pirellone di Milano (127 metri), con una base di sei metri e un diametro massimo del rotore pari a 110 metri.
Il parco eolico offshore, inoltre, sorgerebbe proprio di fronte allo storico castello di Falconara, affacciato sul mare, ultima fortificazione della costa meridionale della Sicilia. Qui davanti, lungo la più importante via di commercio e di scambio tra le città greche di Gela e di Finziade (l’odierna Licata), si svolsero molte battaglie navali dal IV secolo a.C. fino allo sbarco degli alleati nella seconda Guerra mondiale.
È per questi motivi che “l’area interessata – come sottolinea il ricorso delle associazioni al Tar, invocando anche la tutela dei Beni culturali – riveste uno straordinario interesse archeologico”, suffragato dai numerosi recenti ritrovamenti. Ma, secondo gli esperti, con ogni probabilità i fondali custodiscono un ricco giacimento di reperti delle battaglie navali, un deposito nascosto sotto la sabbia ancora tutto da scoprire.
C’è, infine, la protezione dell’avifauna. Questo è, infatti, uno dei principali canali di migrazione degli uccelli acquatici tra l’Africa e l’Europa. E a parte l’impatto visivo, l’installazione di quelle 38 pale è di per sé una minaccia per la sopravvivenza dei volatili e per la tutela della biodiversità.