A trent’anni esatti dall’approvazione della legge che il 6 dicembre 1991 istituì i Parchi nazionali italiani, il bilancio è ancora insoddisfacente (nella foto principale, il Parco del Gran Paradiso). Carenza di fondi, ritardi, ingorghi burocratici e mercanteggiamenti politici hanno causato continui commissariamenti (per una durata complessiva di ben 77 anni) e carenza di direttori (ne mancano nove). Lo scrive Gian Antonio Stella in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera.
Al momento, sono 23 i Parchi nazionali che corono un milione e mezzo di ettari del territorio italiano, più lo Stelvio a cavallo di Lombardia, Trentino e Alto Adige. A questi, se ne aggiungono 134 regionali e appena 23 aree marine protette, troppo poche per una Penisola con 8mila chilometri di coste rispetto alle prescrizioni dell’Unione europea: ogni Stato dovrebbe tutelare entro il 2030 il 30% delle proprie acque territoriali. L’Italia, invece, è a quota 4,53% che, secondo il Wwf, si riduce all’1,67% considerano le aree effettivamente ed efficacemente gestite.
Cinque mesi fa Federparchi aveva contestato la scelta di dirottare 80 milioni di euro del programma “Parchi per il Clima” al fondo per il contenimento delle bollette elettriche. E fortunatamente quella decisione è stata ritirata. Ma ora appaiono davvero pochi i 100 milioni che verrebbero destinati a Parchi dai 209 miliardi di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
L’importanza di queste osai naturali è stata ribadita di recente anche dalla Cop 26 di Glasgow sullo stato di salute del pianeta. “E non si tratta – avverte Stella – soltanto di una difesa della bellezza, del paesaggio, della poesia di un territorio come quello italiano benedetto dalla buona sorte, ma di una questione vitale che peserà sul nostro futuro”. I Parchi sono “polmoni verdi” che con la loro vegetazione contribuiscono a filtrare l’aria, assicurandone il ricambio attraverso la sintesi clorofilliana. In più, e in particolare per il nostro Paese, servono a salvaguardare la biodiversità della flora e della fauna.
Dice Fulvo Pratesi, fondatore del Wwf Italia e patriarca dell’ambientalismo italiano: “Rispetto a trent’anni fa, quando il territorio italiano protetto era soltanto lo 0,6%, la situazione è molto migliorata. A maggior ragione, però, in questi tempi di deroghe a pioggia per aggirare quei vincoli che solo in parte sono riusciti a contenere i danni, sarebbe un peccato non custodire gelosamente e rilanciare quei Parchi che nel ’91 riuscimmo faticosamente a far nascere”.