Alberi, boschi e foreste evitano le frane e gli smottamenti del terreno; migliorano la qualità dell’aria che respiriamo; e perciò giovano alla tutela dell’ambiente e alla salute collettiva. Ma la loro presenza ha anche un valore economico che può essere quantificato in cifre. In termini di benefici, valgono un “tesoretto” di 2,6 milioni di euro all’anno i quasi 600 ettari di nuovi alberi piantati da aziende private in sinergia con gli enti pubblici, secondo i calcoli del Rapporto di AzzeroCO2 e Legambiente. Ne riferisce Bianca Lucia Mazzei in un ampio articolo pubblicato sul Sole 24 Ore.
Per redigere il primo Atlante della forestazione realizzato per il quotidiano della Confindustria, le due associazioni hanno censito 120 progetti finanziati dalle imprese per 450mila piantumazioni. Queste sono concentrate prevalentemente nel Centro-Nord, mentre interessano in minima parte le regioni meridionali (meno del 4%), dove gli incendi dell’estate scorsa hanno distrutto purtroppo 140mila ettari di bosco (vedi articolo di Amate Sponde al link: https://www.amatesponde.it/i-conti-dei-roghi/). Il Rapporto integrale verrà presentato il prossimo 18 novembre al Forum nazionale “La Bioeconomia delle foreste”, organizzato da Legambiente.
“Dalle piccole aziende che investono in parchi di prossimità fino alle grandi corporate che mettono a bilancio la messa a dimora di migliaia di alberi – spiega l’autrice dell’articolo – sono centinaia le imprese che negli ultimi anni hanno scelto di investire nella riforestazione, in collaborazione con le comunità e le istituzioni locali”. E si tratta certamente di una best practice da incentivare nell’interesse generale con strumenti fiscali e finanziari. Ma da che cosa dipende la differenza tra Centro-Nord e Sud? In testa alla graduatoria, c’è infatti la Lombardia, seguita da Veneto e Piemonte; mentre le uniche due regioni che entrano nella top ten sono la Puglia e la Campania, con numeri molto più bassi sia per l’estensione del territorio interessato sia per l’impatto economico delle iniziative.
All’origine di questa sproporzione, a quanto scrive Bianca Lucia Mazzei, “c’è innanzitutto il fatto che le aziende cercano di realizzare boschi, parchi e infrastrutture verdi vicino alle proprie sedi produttive”. Ma è necessario poi snellire e semplificare le relazioni con gli enti locali, Regioni e Comuni, sia nella fase di pianificazione degli impianti sia in quelle di realizzazione e manutenzione. La solita inguaribile burocrazia, insomma, che blocca o rallenta le pratiche amministrative.
Per calcolare l’impatto economico dei “nuovi alberi”, il Rapporto s’è basato sui dati degli ecosistemi e su un database internazionale che identifica gli effetti sociali positivi generati dagli interventi ambientali. Per ogni ettaro di superficie arborea, questi valgono 1.338 euro per i benefici sulla qualità dell’aria, mentre l’assorbimento del carbonio ai fini della regolazione del clima vale 404 euro e la riduzione del rischio alluvioni 57 euro. A queste cifre s’aggiungono le ricadute positive sul turismo e sviluppo di arte e creatività, stimate in 553 euro all’anno.
Nel complesso, si può calcolare che i costi degli investimenti in questo campo (circa 10-15 milioni di euro) potranno essere coperti in 4-5 anni. Un doppio affare, insomma, per le imprese e per la collettività. Cioè per l’ambiente, per il territorio e per la salute. Ma il governo farebbe bene a intervenire con agevolazioni e incentivi per sostenere la riforestazione da parte dei privati, com’è stato fatto – per esempio – con il superbonus 110% che sta alimentando la ripresa dell’edilizia e in particolare l’occupazione in questo settore. Chi pianta un albero – si potrebbe dire – trova un tesoro.