Da un capo all’altro della Penisola, dal Piemonte alla Puglia, dalla Tav (la linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione) fino al Tap (il gasdotto trans-adriatico), il “partito del NO” paralizza l’Italia, frenando il suo sviluppo e la sua modernizzazione. Sono 359 – secondo l’Osservatorio Nimby Forum per il 2016 – i progetti bloccati dalle associazioni e dai movimenti locali che si oppongono alla realizzazione di queste infrastrutture. Un fronte variegato che, in nome dell’ambiente e della natura, assedia i cantieri, presenta ricorsi al Tar, alle Regioni e ai Comuni, per impedire l’inizio o il completamento delle opere di pubblica utilità.
Si chiama appunto “Nimby” – com’è noto – l’effetto di chi impugna come una bandiera questo acronimo inglese: “Not in my back yard”, non nel mio cortile o nel mio giardino. Ora è vero che, prima delle cosiddette “grandi opere”, bisognerebbe fare le piccole opere che servono per la salvaguardia del territorio: dall’ordinaria manutenzione alla tutela dell’assetto idrogeologico, in particolare lungo le coste e i letti dei fiumi, contro la speculazione e la cementificazione selvaggia. Ma non per questo si può “ingessare” un Paese che, soprattutto al Sud, ha bisogno di nuove infrastrutture per crescere.
Dal 2015 all’anno scorso, invece, i contenziosi sono aumentati del 5%. Su questi 359 progetti bloccati, il 56,7% riguarda il comparto energetico e il 37,4% quello dei rifiuti. I motivi vanno dalle preoccupazioni per l’ambiente o il paesaggio e dalle paure per la salute (il 30,1%) fino all’amore per il proprio Paese e alla richieste dei cittadini di essere più coinvolti nei processi decisionali.
Fra gli impianti energetici, i più avversati sono le centrali elettriche a biomasse che usano come combustibile legna o vegetali (43 impianti) e le centrali eoliche (13 progetti). Per quanto riguarda le fonti di energia convenzionale, le contestazioni si concentrano soprattutto sulle ricerche di giacimenti di metano o di petrolio oppure sullo scavo dei pozzi. Un caso di risonanza internazionale è diventato quello del Tap, il gasdotto che dall’Azerbaigian approderà sulla costa pugliese, avallato dall’Unione europea perché d’interesse continentale: in Salento, il cantiere è ormai circondato dal filo spinato e presidiato dalle forze dell’ordine.
Nel settore dei rifiuti, mentre tutti invocano a parole la cosiddetta “green economy”, nei fatti poi scattano le opposizioni a livello locale per motivi ambientali o sanitari. No agli impianti per il riciclo, no all’uso dei rifiuti per produrre energia (37 casi), no alla discariche (30), no agli impianti di compostaggio per produrre concime dai rifiuti organici (20). Eppure, potrebbero essere una risorsa proprio per contribuire a promuovere l’economia verde.