Se c’è un settore industriale in Italia che può essere considerato il “motore” dell’economia nazionale, questo è l’edilizia. Vale a dire tutto il comparto che comprende le opere pubbliche (palazzi, ospedali, scuole, strade, ponti, viadotti eccetera eccetera) e la costruzione delle abitazioni private. Sappiamo bene che in quest’ultimo settore sono stati compiuti dall’epoca del “boom” in poi scempi e abusi di ogni genere che hanno consumato il territorio, danneggiando in generale l’ambiente e in particolare il tessuto urbano delle nostre città. Ma ora, nella cosiddetta “fase 2” dell’emergenza sanitaria ed economica, si può aprire subito per l’edilizia e per il suo indotto – dall’industria elettrica e idraulica all’arredamento – una prospettiva nuova e sostenibile per avviare una grande ri-costruzione nazionale e sostenere la ripresa, alimentando così la crescita dell’occupazione. Non a caso la scritta che rappresenta in cinese la parola “crisi” comprende, com’è noto, sia il concetto di pericolo sia quello di opportunità.
Scriviamo ri-costruzione, con il trattino, per evidenziare che non si tratta di immaginare nel prossimo futuro una mega-colata di cemento sul Malpaese, ma piuttosto di rinnovare e ammodernare – oltre ovviamente alle infrastrutture pubbliche che richiedono manutenzione, ordinaria e straordinaria – anche il nostro patrimonio immobiliare, pubblico e privato. In primo luogo, attraverso la ristrutturazione energetica degli edifici in modo da consumare di meno e risparmiare di più; in secondo luogo, per metterli in sicurezza soprattutto sul piano anti-sismico. Una ri-costruzione, quindi, all’insegna dell’ecologia e appunto della sostenibilità.
Se è vero che dopo questa emergenza sanitaria “nulla sarà più come prima”, bisognerà ripensare le dimensioni e le caratteristiche delle nostre abitazioni, in rapporto alla loro funzionalità, alle esigenze e alle disponibilità economiche di una popolazione composta da famiglie meno numerose e che tende statisticamente a invecchiare. Il dramma delle case di riposo o residenze per anziani, provocato dalla ferocia del virus, conferma che occorre uno sforzo di progettazione e di creatività per immaginare magari appartamenti moderni più piccoli e adatti all’assistenza a domicilio, quanto meno per gli autosufficienti; “condomini sociali”, attrezzati e organizzati in modo da ospitare persone sole; strutture residenziali in grado di conciliare la “privacy” individuale e la condivisione di spazi comuni.
Va in questa direzione, per esempio, il progetto messo a punto da Legambiente insieme al sindacato degli edili e illustrato recentemente dal vice-presidente dell’associazione, Edoardo Zanchini, per avviare la ristrutturazione energetica di 1,2 milioni di condomini e creare 430mila posti di lavoro. “Migliaia di cantieri diffusi”, più che uno slogan è una ricetta di buon senso. La proposta non richiede il ricorso ad altri soldi pubblici: si tratta piuttosto di ricorrere agli incentivi che già esistono, come l’ecobonus, il sismabonus e il bonus facciate, utilizzandoli in maniera più efficace. Questi sono cantieri che possono essere aperti in sei mesi, un anno: sarebbe già una spinta per far ripartire l’economia rimettendo in moto l’edilizia, un settore per sua natura anticiclico e “labour-intensive”, come si dice in inglese, ad alta intensità di manodopera e fonte di ampia occupazione.
È necessario, perciò, un “Patto fra i ri-costruttori”, imprenditori e lavoratori edili, capace di coinvolgere tutta la filiera del settore e del suo indotto. Un’operazione che può partire proprio dalle città, per renderle più “intelligenti” sul piano strutturale e anche più belle sul piano estetico. Si tratta di un grande investimento sul futuro, di tutti noi, dei nostri figli e nipoti, che deve trasformare il “feticcio urbano” congestionato, nevrotico e inquinato, “dal luogo delle paure alla comunità della gioia” come scrive Giovanni Maria Flick nel suo saggio intitolato “Elogio della città?”, con il punto interrogativo.
Bisognerà coinvolgere naturalmente l’intero sistema bancario, per assicurare alle imprese liquidità e risorse da impegnare in questo progetto. A cominciare dalla concessione dei mutui che vanno erogati, rinegoziati o revisionati in un’ottica diversa dal passato, perché “il virus ci ha tolto il controllo del futuro”, come ha detto recentemente in tv Stefano Massini a “Piazza pulita” su La7. Qualche banca, come per esempio Intesa Sanpaolo, ha già offerto ai propri clienti la possibilità di sospendere le rate per tre mesi senza condizioni particolari, allungando la scadenza dei contratti; altri istituti, tra cui Unicredit, propongono già di farlo online per la sola quota capitale. È chiaro tuttavia che, in previsione dell’onda lunga della pandemia, sarà opportuno rivedere anche la regolazione dei tassi – fissi o variabili – in modo da adeguarli al mutato scenario planetario.
Sì, “nulla sarà come prima”. Ma dipenderà da noi, da ciascuno di noi e tutti noi messi insieme, se il futuro sarà migliore o peggiore.