MIGRANTI D’EUROPA

MIGRANTI D’EUROPA

Non è una questione ambientale in senso stretto. Ma per un Paese come il nostro, circondato dal mare con più di ottomila chilometri di coste, riguarda senz’altro il territorio, la difesa dei suoi confini e la tutela della sicurezza nazionale. E perciò, un sito denominato Amate Sponde non può ignorare la “questione immigrazione” che ha provocato lo scontro fra Italia e Francia, con il rischio di dividere l’Europa.

Il primo dato di cui tenere conto è che i migranti sbarcati in Italia dalle navi umanitarie delle Ong (Organizzazioni non governative) sono soltanto il 16% del totale. Gli altri arrivano via terra, prevalentemente sulla rotta balcanica, attraversando le nostre frontiere nord-orientali con tutti i mezzi: treni, pullman, auto e perfino a piedi. Ma è proprio quel 16% il “pomo della discordia” tra le forze politiche di maggioranza e opposizione, su cui spesso si specula a fini propagandistici ed elettorali.

Ha scritto nei giorni scorsi il sito Nigrizia, fotografando la situazione al largo delle nostre coste: “Quasi 900 persone in attesa di un porto sicuro, già in acque territoriali italiane. 572 quelle a bordo della Geo Barents, 234 sulla Ocean Viking, 179 sulla Humanity 1. Ed è proprio su quest’ultima che ruota il dibattito politico in queste ultime ore”. Tra le 179 persone a bordo, spiega la rivista mensile dei missionari comboniani, ci sono 104 minori non accompagnati. E molti tra questi hanno bisogno di cure mediche e, soprattutto, hanno diritto, proprio per la loro età, di ricevere un’accoglienza straordinaria e privilegiata. Non solo perché è previsto dalle norme internazionali, ma anche dalla legge italiana, in vigore dal 2017, che prende nome dalla parlamentare del Pd Sandra Zampa.

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Si può discutere nel merito delle singole operazioni di salvataggio. Ma i numeri parlano chiaro. L’Italia, per quanto sia più esposta all’immigrazione via mare e agli sbarchi, non è in realtà il Paese europeo che ospita più rifugiati e richiedenti asilo. La Germania ne ha, rispettivamente, 1,49 milioni e 232mila; la Francia 543mila e 82mila; la Gran Bretagna 223mila e 83mila; la Spagna 219mila e 91mila. Noi siamo all’ultimo posto con 191mila rifugiati e 53mila richiedenti asilo (dati UNHCR – Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati). E dall’inizio dell’anno, abbiamo accolto 90mila migranti, 9.500 dei quali già sotto il governo di Giorgia Meloni.

Non sono giustificati, dunque, né l’allarmismo né il vittimismo “made in Italy”. Né tantomeno l’atteggiamento altezzoso della Francia che s’era impegnata a ospitare 3500 persone sbarcate sulle nostre coste, ricollocandone finora soltanto 38. E che respinge verso l’Italia 80-100 migranti al giorno, lungo la frontiera tra Mentone e Ventimiglia dove ora ha dislocato ben 4000 agenti. Negli ultimi sette anni, sono stati già 28 coloro che hanno perso la vita nel tentativo di varcare quel confine.

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Ora, come predica giustamente il nostro presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, “serve solidarietà nell’Unione”. Occorre un piano comune per affrontare e gestire l’emergenza immigrazione all’insegna della solidarietà e della fiducia reciproca. “Servono compromessi, non liti, e per fare compromessi servono alleati”, ha scritto Antonio Polito sul Corriere della Sera. Si tratta quindi di ridefinire e condividere regole cogenti per tutti, riscrivendo il Regolamento di Dublino, il Trattato internazionale multilaterale sul diritto d’asilo entrato in vigore nel 2014, secondo cui l’obbligo di accoglienza ricade sul Paese di primo approdo.

Di fronte all’ondata migratoria di chi fugge dalla guerra, dalla fame o dalla povertà, i confini italiani sono i confini dell’Europa. Le nostre “amate sponde” sono le sponde di tutto il Vecchio Continente. Questo non è un problema esclusivamente italiano, bensì europeo. Non possiamo lasciar morire di freddo una donna o un bambino rifiutando lo sbarco nei nostri porti a colpi di decreti, minacciando multe o sequestri alle navi umanitarie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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