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ORO BLU

Il sasso nello stagno, anzi nella sorgente, l’ha lanciato l’ecologista Edoardo Zanchini, direttore dell’Ufficio clima del Comune di Roma, già vicepresidente nazionale di Legambiente dal 2011 al 2022, con un articolo pubblicato sul quotidiano Domani. Titolo: “I paradossi della crisi idrica: lo Stato svende l’acqua minerale”. Un business da 16,5 miliardi di litri all’anno.

Da una parte, la mancanza di acqua “pubblica”; dall’altra, lo sfruttamento delle concessioni “private”, assegnate dalle Regioni a canoni irrisori, con incassi milionari per i gestori. Un po’ come avviene per i balneari, solo che qui si tratta di un bene essenziale e di una risorsa scarsa come l’acqua. Si arriva così a parlare di “oro blu” ovvero “oro minerale”; nel 2023, il settore ha segnato un +8%, con esportazioni in crescita e un giro d’affari calcolato intorno ai 3,1 miliardi di fatturato all’anno.

Close-up of female holding plastic bottle of mineral water in a shop

Non passa giorno, ormai, senza che arrivino notizie sulle conseguenze della siccità in Sicilia, da Palermo a Siracusa; a Potenza (Basilicata) e in diversi Comuni sardi. Ma il fatto è che intanto il boom dell’acqua minerale – estratta dalle sorgenti, imbottigliata e distribuita a caro prezzo – continua. Tant’è che il Gruppo Nestlè ha deciso di riunire tutti i suoi marchi in un’unica società: dal francese Perrier ai nostri Acqua Panna, San Pellegrino e Levissima.

“La prima chiave per guardare al futuro dell’acqua – scrive Zanchini – è il valore di un bene particolare. Che è pubblico per legge, ma la cui gestione è affidata tramite concessioni. E con infinite differenze di prezzo nel nostro Paese, da costi bassissimi in agricoltura a oltre quattro euro a litro negli aeroporti o nei ristoranti di lusso”.

La seconda chiave, secondo l’autore dell’articolo, è politica: “Viene da chiedersi fino a quando l’arco parlamentare potrà far finta di non accorgersi di questa situazione”. C’è un Rapporto del Ministero dell’Economia, datato 2018, che individua e indica alcune questioni essenziali in merito alle concessioni. Per ogni euro pagato allo Stato, se ne guadagnano circa 200 con punte fino a 300 (per esempio, acqua Lete). La metà delle 295 concessioni è stata assegnata a 194 soggetti dopo il Duemila e solo una tramite gara. Per tutte le altre, affidamento diretto o proroga: alcune risalgono addirittura a più di cento anni fa.

Da questa oscura situazione, a proposito delle polemiche sul progetto di autonomia differenziata, emerge – a giudizio di Zanchini – “il fallimento del trasferimento di poteri regionali da parte dello Stato. Perché i canoni stabiliti dalle Regioni sono bassissimi, non si fanno gare ma nessuno nei ministeri controlla”. L’auspicio conclusivo è che finalmente “si punti sulla trasparenza, sul premio al merito e a chi con maggiore efficienza e vantaggi per le casse pubbliche è in grado di gestire le concessioni. In poche parole, affidare le concessioni tramite gare a evidenza pubblica”.  

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