L’ORA DEL RAZIONAMENTO: LA GUERRA DEL GAS IMPONE UNA DRASTICA RIDUZIONE DEI CONSUMI

L’ORA DEL RAZIONAMENTO: LA GUERRA DEL GAS IMPONE UNA DRASTICA RIDUZIONE DEI CONSUMI

Dal distanziamento sociale al razionamento energetico, passando magari per lo scostamento di bilancio. Dopo la pandemia da coronavirus, arriva quella da gas. Russo, per la precisione (nella foto sotto, un impianto di Gazprom). Il rischio del razionamento non riguarda soltanto il gas, ma anche la luce, il riscaldamento, l’acqua. La nostra società dei consumi, spesso folli e nocivi, è costretta ora a pagare il prezzo dell’austerità. Il risparmio contro gli sprechi, la sobrietà contro il consumismo. Di razionamento ha parlato per la prima volta Ursula Von der Leyen, presidentessa della Commisisone europea, convocando una riunione dei ministri dell’energia il prossimo 9 settembre a Bruxelles e annunciando un inverno “difficile”. E’ la “Stangas d’autunno”, di cui Amate Sponde aveva scritto nei giorni scorsi (https://www.amatesponde.it/stangas-dautunno/)

GASDOTTO CHIUSO 4

In Italia, era già accaduto nel 1973, all’epoca della crisi petrolifera suscitata dalla “guerra del Kippur”, quando Egitto e Siria attaccarono Israele provocando un brusco aumento del prezzo dell’”oro nero”. Al governo, c’era il governo di centrosinistra guidato dal democristiano Mariano Rumor, con il Psi, il Psdi e il Pri, che in nome dell’austerity impose le “domeniche a piedi” ai cittadini e il risparmio energetico alle imprese. Ma allora gli italiani riuscirono a trasformare quelle restrizioni quasi in una festa popolare, scendendo in strada con le biciclette, i pattini e i monopattini (a spinta), i risciò e qualcuno perfino a cavallo (nelle foto sotto).

AUSTERITA' 73 3

Oggi la situazione è profondamente diversa. La popolazione, fiaccata dal lockdown e dalla capacità di mutazione del virus, è meno disposta a sopportare ulteriori sacrifici ed è più sfiduciata. E per di più, è in corso un’arroventata campagna elettorale, con un governo dimissionario e i partiti che si sfidano all’insegna del populismo e della demagogia. Se poi si aggiunge che dei dieci miliardi di euro previsti dalla tassa sugli extra-profitti delle società fornitrici di energia finora ne è entrato soltanto uno nelle casse dello Stato, si può comprendere la resistenza del presidente Mario Draghi ad approvare uno scostamento di bilancio che aggraverebbe ulteriormente il nostro già mostruoso debito pubblico, pari a circa 2.700 miliardi di euro.

Eppure, c’è chi sostiene che il razionamento può anche rivelarsi un bene. È il caso dello storico Giuliano Garavini, esperto di politiche energetiche, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università Roma Tre. “Nessun governo – ha scritto sul Fatto Quotidiano – pronuncia volentieri la parola con la ‘r’. Si punta sul calo dei consumi imposto, di fatto, dai prezzi energetici alle stelle”. E aggiunge: “Si invocano rinunce a carattere volontario, come disattivare il wi-fi inutilizzato, o si prescrivono risparmi come l’obbligo di spegnere le insegne negli orari notturni”. Ma, a suo avviso, “si tratterebbe di misure temporanee. Superata la crisi, il libero mercato energetico tornerebbe a funzionare come se nulla fosse accaduto”.

E allora, si chiede provocatoriamente il professor Garavini: “Una strategia di razionamento dell’energia è per forza un male?”. Prima di rispondere a questa domanda, lo studioso ricorda gli impegni assunti in sede europea per azzerare le emissioni di CO₂ entro il 2050, per contrastare il riscaldamento del pianeta e contenere gli effetti disastrosi del cambiamento climatico. Per quella data, nel mondo si dovrà produrre il 95% in meno di carbone, il 60% in meno di petrolio e il 50% in meno di gas rispetto a oggi. Questo scenario implica, perciò, un radicale cambiamento di rotta.

LAMPIONI stradali

Paradossalmente, la guerra in Ucraina sta favorendo la riduzione delle fonti fossili, inquinanti e nocive, come appunto il gas e il petrolio. La Russia, a quanto pare, ha già diminuito la sua produzione del 5%. E quindi, ne deduce l’autore dell’articolo, “siccome l’Ue dipendeva nel 2021 per il 45% dalle importazioni di gas russo (le forniture russe si sono ridotte a un terzo del volume 2021) e per il 25% dalle importazioni di petrolio russo (a fine anno le importazioni Ue dovrebbero azzerarsi), essa è diventata un laboratorio vivente delle sfide della decarbonizzazione”.

Con una tesi tanto originale quanto interessante e suggestiva, la conclusione di Garavini sul Fatto Quotidiano ci riporta quindi al discorso sul razionamento: “Piuttosto che sperare nella ‘sobrietà’ o nel ‘risparmio’ energetico, si dovrebbe avviare una vera e propria ‘pianificazione’ della riduzione dei consumi energetici (foto sopra), anche nella forma di razionamento. Questo dovrebbe essere accompagnato da un controllo dei prezzi misurato sulla necessità di garantire equità territoriale e sociale (per dire, rendendo sempre più oneroso il volo dei jet privati), e da massicci investimenti pubblici nella produzione di energia da fonte rinnovabile e di tecnologie verdi”.

RINNOVABILI nuova

Non basta, insomma, il razionamento da solo per affrontare la crisi energetica. Occorre cambiare il modello di sviluppo economico-sociale. È la vagheggiata “transizione ecologica” che implica l’abbandono delle fonti fossili per passare a quelle alternative: sole, vento, biomasse, geotermico e idroelettrico che madre natura mette a nostra disposizione, per salvaguardare la sopravvivenza dell’umanità sulla Terra. E il razionamento ne può diventare, appunto, il perno e lo strumento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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