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L’ACQUA CHE CURA

“Non esistono terme senza acque dal valore terapeutico”: inizia così un articolo di Luca Cinotti pubblicato sul quotidiano Il Tirreno di Livorno. Il servizio dà conto della decisione con cui il TAR del Lazio, competente a giudicare le controversie di carattere amministrativo ultraregionale, ha annullato il provvedimento dell’AGCM (Autorità di garanzia della Concorrenza e del Mercato) che aveva archiviato sulla disputa fra “terme” e “spa” per alcune strutture che in realtà erano soltanto centri benessere.

A presentare il ricorso all’Antitrust era stata la società Terme di Sirmione, appoggiata da Federterme, nei confronti di alcuni impianti privi di acque termali: in particolare, QC Termegarda e QC Terme San Pellegrino. L’Agcm aveva archiviato il caso nel settembre 2023, con la motivazione che la pubblicità di queste strutture era comparsa nella sezione “centri benessere” anziché “centri termali”. Ma il Tribunale amministrativo ha ritenuto, invece, che già la denominazione “terme” delle società in causa possono trarre in inganno il consumatore, provocando così una forma di “concorrenza sleale”.

La questione riguarda, dunque, tutti quei territori che per le loro caratteristiche naturali sono in grado di offrire acque effettivamente curative o altri trattamenti come i fanghi. “I clienti – dichiara allo stesso giornale Rolando Pampaloni, amministratore unico della società Bagni di Casciana che gestisce lo stabilimento della Valdera – spesso non hanno chiaro qual è il valore dell’acqua termale e quali sono i benefici per la salute”. E quindi, la tutela di un bene che s’incrocia con la salvaguardia dell’ambiente.

Senza che ricorrano necessariamente intenzioni ingannevoli, è bene far capire insomma che l’acqua termale può curare in virtù delle sue caratteristiche e proprietà terapeutiche che cambiano da fonte a fonte. Questo riconoscimento ufficiale viene assegnato infatti al termine di un iter sanitario e amministrativo, con una sorta di “bollino di garanzia” proprio a tutela dei pazienti e dei consumatori. “Il 70 per cento nostro fatturato – aggiunge Pampaloni – arriva dall’attività curativa, mentre solo il 30 per cento da quelle ludico-ricreative”.

Di rincalco, in un’intervista T Quotidiano a firma di G.F.P., la presidente dell’Associazione Terme del Trentino, Elena Andreolli, dichiara “No alla parola ‘terme’ senza proprietà curative”. E spiega polemicamente: “In Trentino non esistono casi analoghi, ma in Alto Adige ci sono molti hotel che utilizzano il termine ‘terme’ in modo improprio, generando così una concorrenza sleale”. E in difesa di questa tesi, la presidente Andreolli afferma che nella sua regione il settore termale produce una ricaduta intorno a 26 milioni di euro all’anno, attribuibili a chi si sottopone alle cure termali; occupa circa 400 addetti e conta su 40mila ospiti, per il 70% provenienti da fuori provincia.

Il largo di Garda, com’è noto, lambisce tre regioni: Lombardia, Veneto e Trentino-Alto Adige. Ma articoli analoghi sono apparsi sui giornali locali come La Gazzetta di Modena e La Gazzetta di Reggio; Il Mattino di Padova; Nuova Ferrara e Nuova Sardegna. Tutti interessati – ovviamente – a difendere i legittimi interessi, economici e occupazionali, dei rispettivi territori. E, per questo, le virtù terapeutiche delle loro terme.

 

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