È uno sfregio alla natura e al paesaggio quello inferto da chi ha imbrattato di polvere rossa da intonaco la Scala dei Turchi, la rinomata scogliera di marna bianca sulla costa di Realmonte (Agrigento), in Sicilia. Un oltraggio a tutta l’Isola. Ma questa è anche una sfida alle autorità, locali e nazionali, che hanno la responsabilità di sorvegliare e di proteggere un bene demaniale che appartiene all’intera collettività.
Sono stati già individuati gli artefici: a compiere il gesto, sarebbe stato con un complice Domenico Quaranta, imbianchino, aderente all’Islam, già arrestato nel 2002 per l’attentato alla metropolitana di Milano. A quanto pare, sono stati individuati attraverso l’esame delle immagini registrate dalle telecamere di sorveglianza. Se ora i colpevoli non saranno puniti in modo esemplare, questo atto criminale diventerà uno stimolo e un incentivo per tutti i vandali pronti a deturpare l’ambiente, il mare, le bellezze naturali che sostengono – fra l’altro – l’industria del turismo e l’occupazione che ne deriva.
A quanto pare, la polvere rossa prodotta con sostanze naturali non dovrebbe lasciare in questo caso segni indelebili sulla scogliera. Auguriamoci che sia così. Ma resta comunque la gravità di un gesto che non si esita a definire “terroristico”, perché colpisce sul piano simbolico l’intera comunità nazionale. Uno sfregio e una sfida, appunto, che non possono restare impuniti.
“Le ferite sono più gravi dei graffi provocati da sconsiderati che s’arrampicano perfino con scarponi dentati”, ha scritto Felice Cavallaro sul Corriere della Sera: “Qui non c’è solo la bravata degli sciagurati. Ma un’offesa volontaria e premeditata. Qualcuno ha organizzato il delitto. Ha comprato o preso dei sacchi di polvere per l’edilizia. Se li è caricati in macchina, su un furgone. Li ha trasportati in spalle risalendo i candidi scaloni dopo aver superato una ridicola recinzione e, nell’assenza di ogni controllo, in cima, non ha avuto pietà della magnificenza struggente di questo luogo che evoca poesia e amore, che commuove per tenerezza e pace”.
Nel suo romanzo intitolato “La prima indagine di Montalbano”, lo scrittore siciliano Andrea Camilleri descrive così la scena: “Montalbano si sentì sturduto dall’eccesso dei colori, vere e proprie grida, tanto che dovette per un attimo inserrare l’occhi e tapparsi le orecchie con le mano. C’era ancora un centinaro di metri per arrivare alla base della collina, ma preferì ammirarla a distanza: si scantava di venirsi a trovare nella reale irrealtà di un quadro, di una pittura, d’addivintare lui stesso una macchia – certamente stonata – di colore. S’assittò sulla sabbia asciutta, affatato. E accussì stette, fumandosi una sigaretta appresso all’altra, perso a taliare le variazioni della tinteggiatura del sole, via via che andava calando, sui gradoni più bassi della Scala dei Turchi”.
In passato, il nostro sito Amate Sponde s’era già occupato più volte della Scala dei Turchi: quando fu dichiarata finalmente “bene demaniale” dalla Procura di Agrigento, contro le pretese di un privato che ne rivendicava la proprietà; quando l’imponente e suggestiva falesia subì un crollo; e quando, infine, stata dissequestrata per ordine della magistratura, mettendo fine a un lungo contezioso giudiziario. E già questa vicenda burocratica dimostra, da sola, l’inerzia delle istituzioni e della politica che non hanno provveduto a tutelare adeguatamente la scogliera. Ora lo Stato italiano, la Regione Sicilia, il Comune di Realmonte devono raccogliere la “sfida” e intervenire di conseguenza.