LA GRANDE SETE

LA GRANDE SETE

La siccità, anche se fa rima, non è una calamità naturale. O quantomeno, non dipende solo dalla carenza di pioggia e dai cambiamenti climatici che pure sono causati dalle violenze dell’uomo sull’ambiente. La “Grande sete” è provocata direttamente dalla nostra incuria, dalla nostra mancanza di preveggenza; dall’incapacità di gestire una risorse fondamentale per la vita di tutti noi, per l’agricoltura e quindi per l’alimentazione.

ENEL centrali idroelettriche 3

Spiega Massimo Gargano, direttore dell’Anbi, l’Associazione nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue), in un’intervista rilasciata Davide Manlio Ruffolo per il giornale La Notizia: “Ogni anno cadono sul nostro Paese 300 miliardi di metri cubi d’acqua e noi l’89% lo ributtiamo in mare. Riusciamo a raccogliere solo l’11%. È tutta acqua che buttiamo mentre dovremmo imparare a conservarla, creando un’infrastruttura che non impatti con l’ambiente, non stravolga i fiumi e permetta di produrre energia dall’idroelettrico”.

A suo parere, occorrono maggiori finanziamenti pubblici per realizzare un piano di interventi sul territorio. “Tra Pnrr e altri fondi – aggiunge Gargano – sono stati stanziati 1 miliardo e 200 milioni sul tema dell’acqua. Il problema è che sono tutte risorse che non finanziano opere nuove ma il solo efficientamento della rete”. Una rete obsoleta e inefficiente che – è proprio il caso di dirlo – fa acqua da tutte le parti, perdendone il 42%.

Ma tappare i buchi non basta più. “Servono 200 nuovi invasi per la raccolta dell’acqua”, sostiene Raffaele Nevi, responsabile Agricoltura di Forza Italia in un’intervista a Claudia Voltattorni pubblicata sul Corriere della Sera. Si stimano, infatti, perdite per circa 15 miliardi di euro: basti pensare che l’89% della produzione agroalimentare deriva da coltura irrigua e oggi è a rischio il 15-20% della produzione nazionale. Un danno per gli agricoltori, innanzitutto, ma anche per tutti i cittadini.

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Che fare, dunque? Per costruire i nuovi invasi, occorre tempo. “Per questo – assicura lo stesso Nevi – la ministra per il Sud Mara Carfagna sta già lavorando ai Contratti istituzionali di sviluppo (Cis) per l’acqua che dimezzano tempi e procedure per intervenire subito: c’è un miliardo di euro già disponibile”. Ma comunque sarà necessario chiedere all’Unione europea di attingere ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, perché i 400 milioni previsti sono destinati solo alla manutenzione degli invasi esistenti.

Mentre il fiume Po scende – come non era mai accaduto negli ultimi 70 anni – a un livello di 15 centimetri lasciando entrare l’acqua salina fino a 21 chilometri dalla foce, in Lombardia il presidente della Regione, Attilio Fontana, dichiara lo stato d’emergenza. E raccomanda a tutti i cittadini di “utilizzare l’acqua in modo estremamente parsimonioso, limitandone il consumo al minimo indispensabile”. A Ferrara, intanto, è già entrata in vigore l’ordinanza che stabilisce lo stop al prelievo di acqua per usi extradomestici, con il divieto di innaffiare terrazzi, orti e giardini o di lavare gli automezzi. E l’esempio viene seguito subito anche da Parma e Modena.

Il direttore di Arpa Piemonte, Angelo Robotto, riferisce in un articolo di Simona Buscaglia apparso sulla Stampa, una situazione altrettanto critica nella sua regione: “Nel Piemonte Orientale, le riserve sono al minimo di sempre. Abbiamo un deficit del 70% e del 55% sul Vco (la provincia di Verbano-Cusio-Ossola). Il Lago Maggiore ha un livello di 3 metri più basso della norma e un tasso di riempimento del 18%, il che vuol dire che manca l’82% dell’acqua”.

Al momento, le prospettive restano fosche anche per dopo l’estate. “Siamo già nella stagione secca e il deficit idrico non verrà recuperato: proseguirà anche in autunno”, annuncia Ramona Magno, responsabile dell’Osservatorio siccità del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche), in un’intervista rilasciata a Stefano Caselli per Il Fatto Quotidiano. A suo parere, bisognava intervenire prima: “La siccità è lenta nel manifestarsi, ma prevederla si può”. Conclude in tono allarmato la responsabile dell’Osservatorio siccità del Cnr: “La quota idropotabile sarà l’ultima a essere limitata, ma se continua così il razionamento non è purtroppo da escludere”.

 

 

 

 

 

 

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