ITALIA A SECCO

ITALIA A SECCO

È una siccità record, dovuta alla scarsità di piogge negli ultimi sei mesi e alle temperature ben al di sopra della media stagionale, quella che sta colpendo l’Italia da Nord a Sud dopo le quattro precedenti (1997, 2002, 2012 e 2017) registrate negli scorsi 25 anni. E perciò si comincia a parlare di autobotti e razionamenti. Mentre continuiamo a perdere il 42% dell’acqua dalle nostre reti idriche che sono vecchie e inefficienti per il 60%. E oltre a questo, c’è anche il fatto che la gestione del nostro sistema integrato (acquedotti, distributori, fogne e depuratori) – come informa Fabrizio Massaro su Milano Finanza – “è in mano a oltre 2.500 gestori parcellizzati su tutto il territorio nazionale”, con gli sprechi che si possono facilmente immaginare.

L’acqua manca nelle campagne come nelle città, avendo già provocato 2 miliardi di danni e compromettendo il 50% dell’intera produzione agricola nelle regioni settentrionali con il taglio dei raccolti. Ne risentono perfino gli allevamenti ittici: la temperatura del mare, aumentata di oltre 5 gradi rispetto al normale, mette a rischio le coltivazioni di cozze, vongole e ostriche.

Il fiume Po è in secca come mai negli ultimi 70 anni e i laghi sono praticamente prosciugati: il livello del lago Maggiore è sceso al 22%, perdendo un metro in tre giorni. “In Piemonte – scrive Gianluca De Rossi su Il Messaggero – sono 170 i Comuni che hanno adottato ordinanze per limitare l’uso dell’acqua potabile ai soli scopi alimentari”. Ma l’emergenza è scattata in tutta la Penisola, dalla Lombardia alla Sicilia, dal Veneto al Lazio, dalla Toscana alla Puglia. Tant’è che il governo si appresta a dichiarare nei prossimi giorni lo stato d’emergenza nazionale.

SICCITA' fiume Po

Dice allo stesso quotidiano romano Ettore Prandini, presidente della Coldiretti: “È necessario definire le priorità di uso delle risorse idriche disponibili, dando precedenza al settore agricolo per garantire la disponibilità di cibo”. E a nome di Confagricoltura, Giovanni Parmigiani avverte: “Senza suolo fertile e in salute, non c’è vita. In una situazione che è già di grande incertezza sul piano economico, rischiamo di perdere produzioni, reddito, posti di lavoro”.

Occorrono, dunque, interventi concreti e immediati. A cominciare dall’apertura dei bacini idroelettrici per far uscire l’acqua, irrigare i campi e sostenere la produzione agricola. Questo, però, potrebbe anche avere ripercussioni sulla produzione di energia, proprio nel momento in cui l’Italia sta soffrendo per la riduzione delle forniture di gas e petrolio da parte della Russia. In Lombardia, l’Enel ha già manifestato intanto la propria disponibilità anche per i fiumi Brembo e Serio: per almeno dieci giorni, verranno rilasciati 200mila metri cubi d’acqua al giorno per il primo e 250mila per il secondo.

CENTRALE IDROELETTRICA ENEL

Ma le prospettive, comunque, restano fosche anche dopo l’estate. “Siamo già nella stagione secca e il deficit idrico non verrà recuperato: proseguirà anche in autunno”, annuncia Ramona Magno, responsabile dell’Osservatorio siccità del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche), in un’intervista rilasciata a Stefano Caselli per Il Fatto Quotidiano. A suo parere, bisognava intervenire prima: “La siccità è lenta nel manifestarsi, ma prevederla si può. Il Piemonte, per esempio, la regione al momento messa peggio, a partire da febbraio ha messo in campo azioni di risparmio idrico e distribuzione dell’acqua, altrimenti sarebbe messa ancora peggio”. Conclude in tono allarmato la responsabile dell’Osservatorio siccità del Cnr: “La quota idropotabile sarà l’ultima a essere limitata, ma se continua così il razionamento non è purtroppo da escludere”.

 

 

 

 

 

 

 

 

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