Una campata unica di 3,3 chilometri, la più lunga al mondo, sorretta da due piloni a terra alti 400 metri ciascuno. Costi previsti che ora salgono da 10 a 15 miliardi di euro. Inizio dei lavori entro il 31 luglio 2024, realizzazione dell’opera in cinque anni.
A mezzo secolo dalle prime ipotesi, il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina torna all’ordine del giorno con il decreto approvato dal Consiglio dei ministri. Sostanzialmente resterà quello concepito nel 2011, ma verrà aggiornato in base all’evoluzione dei materiali e delle tecnologie di costruzione. La nuova società a cui è affidata l’operazione, partecipata al 51% da Anas, sarà formata dalla Regione Calabria e dalla Regione Sicilia, oltre che dal Ministero dell’Economia e dal Ministero delle Infrastrutture. La concessione avrà una durata di 30 anni.
Sulla carta, dunque, il Ponte riparte. E con il progetto, sostenuto dal governo di centrodestra e in particolare da Matteo Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture, ripartono anche le polemiche che finora ne hanno impedito l’esecuzione. A cominciare, naturalmente, da quelle di carattere ambientale: l’effetto delle correnti marine, la forza del vento, la friabilità delle coste calabresi e siciliane che si allontanano di circa 4-10 millimetri all’anno e soprattutto il rischio sismico, in un’area che è stata già teatro purtroppo di diversi terremoti. Dello stesso Salvini circola ora sui social un video di qualche anno fa in cui il leader della Lega dichiara di aver sentito dai suoi amici siciliani che “il Ponte non sta in piedi” e sollecita in alternativa gli interventi a terra per potenziare la rete ferroviaria.
A proposito del rischio sismico, merita di essere segnalato un Tweet di “Senia” (@senia65) che scrive in tono allarmato da Reggio Calabria: “Il ponte sullo stretto su una faglia che nel 1908 distrusse Calabria e Sicilia. Come lo vedete? Io male, molto male”. E allega questa cartina che non può non suscitare preoccupazione:
Ma le riserve principali riguardano l’utilità e la necessità del Ponte: è o non è una priorità? Non sarebbe meglio potenziare prima la rete ferroviaria nelle due regioni? E poi, verrà utilizzato effettivamente dai cittadini oppure questi continueranno a servirsi dei traghetti per andare da una sponda all’altra?
Sul progetto del consorzio guidato dal Gruppo Salini (oggi Webuild) che vinse la gara d’appalto internazionale, già ribattezzato “Il Ponte d’oro”, incombe poi l’incognita dei finanziamenti. Chi sborserà i 7 miliardi inizialmente previsti, ammesso che il costo rimanga questo fino alla fine? Proviamo a fare un po’ di conti.
Attualmente fra i due porti di Messina e Reggio Calabria transitano 10 milioni di persone all’anno, con 1,4 milioni di automobili e 800mila mezzi pesanti, tra camion e furgoni. Navi, traghetti e aliscafi effettuano annualmente circa 100mila viaggi all’anno. Per risultare un’opera profittevole, dunque, il “Ponte d’oro” dovrebbe aumentare il transito complessivo di passeggeri e merci, portando i treni ad Alta Velocità oltre lo Stretto: il Gruppo Ferrovie dello Stato, per bocca dell’Ad Luigi Ferraris, ha già annunciato intanto che investirà 3,4 miliardi di euro per ridurre da tre a due ore il percorso il percorso tra Palermo e Catania. (https://www.amatesponde.it/le-ferrovie-dello-stato-completeranno-la-rete-ad-alta-velocita-palermo-catania-34-miliardi-di-euro/).
Allo stato delle cose, Bruxelles s’è dichiarata pronta a finanziare la prima fase di fattibilità. Ma la commissaria ai Trasporti, la rumena Adina Valean, aveva avvertito mei mesi scorsi: “Niente fretta, l’Italia presenti un progetto solido”. Non è scontato, dunque, che il Ponte sullo Stretto possa accedere ai finanziamenti della Connecting Europe Facility (Cef), il programma di sviluppo delle infrastrutture nel nostro Continente. A favore, c’è il fatto che l’opera viene considerata l’anello mancante del cosiddetto corridoio Scandivano Mediterraneo: uno dei progetti fondamentali delle Reti transeuropee dei trasporti (Rte-T), secondo il principio della libera circolazione delle persone e delle merci sancito dall’Accordo di Schengen.
Per completare il quadro dei pro e contro, non manca chi sottolinea il valore simbolico del Ponte, destinato a unire la Sicilia al resto della Penisola: una ricomposizione che potrebbe avere effetti sociali e psicologici sulle popolazioni più direttamente interessate. Questo collegamento sarebbe, inoltre, un hub al servizio di tutto il Mediterraneo. E secondo alcuni, diventerebbe anche l’ottava Meraviglia del Mondo, un modello tecnologico da esportare su scala planetaria e un’ulteriore attrattiva turistica per il nostro Sud e per tutta l’Italia. Mafia permettendo, naturalmente.