Quasi 200mila ettari di bosco bruciati nei primi otto mesi del 2021, pari a 270mila campi di calcio. Sei morti. Coltivazioni distrutte, abitazioni abbandonate, bestiame arso vivo o disperso. In totale, un miliardo di euro di danni.
Il bilancio di questa “estate di fuoco”, documentato da un’inchiesta di Laura Maragnani sul settimanale TPI (The Post Internazionale) non lascia adito a dubbi. A parte i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale del pianeta, le colpe più immediate spettano al governo di Matteo Renzi e alla riforma della ministra per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione Marianna Madia. Sono stati loro, a furia di semplificare, a “rottamare” nel 2015 la Forestale per accorparla ai Carabinieri, promettendo risparmi ed efficienza. Ma sei anni dopo i costi sono lievitati e così gli incendi hanno devastato l’Italia.
Lo dice apertamente una fonte autorevole come Paolo Maddalena, vicepresidente emerito della Corte costituzionale, in una dichiarazione allo stesso giornale: “La responsabilità di questo immane disastro risale al governo Renzi e alla sua ministra Madia che hanno soppresso il Corpo forestale, trasferendo soltanto ai Vigili del Fuoco l’onere dello spegnimento degli incendi, peraltro senza nulla prevedere per la loro prevenzione”.
In realtà, come ricorda lo stesso TPI, la riforma Madia garantiva un risparmio di circa 126 milioni di euro tra il 2016 e il 2018, a cui si sarebbero aggiunti a regime altri 57 milioni l’anno. Ma la Corte dei Conti, nella sua prima analisi sulla riforma, ha verificato solo 31 milioni di minori spese fra il 2017 e il 2019. “Già sulla carta era chiaro che la riforma non poteva funzionare. E infatti non ha funzionato”, commenta Maurizio Cattoi, ex forestale e oggi deputato del Movimento 5 Stelle, autore del dossier S.O.S. Foreste che il settimanale ha consultato in anteprima: “50 pagine di dati impietosi e di risultati mancanti – riferisce l’autrice dell’articolo – che hanno spinto gran parte dei deputati M5S a condividere la sua battaglia per una nuova polizia forestale non militarizzata”.
A conti fatti, il fallimento della riforma è certificato dai numeri. A cominciare dagli stipendi che – come racconta il rapporto – sono lievitati: i 7.781 forestali, tra cui piloti e specialisti antincendio “per la cui formazione lo Stato ha investito consistenti risorse”, sono stati dispersi e spesso inutilizzati tra Carabinieri, Vigili del Fuoco, Guardia di Finanza, Polizia e Ministero. L’Arma ne ha assorbiti 6.574, altri 390 sono stati collocati tra i pompieri, comandanti di motonavi e specialisti nautici sono stati trasferiti all’Ufficio del protocollo presso il Comando della Finanza e altri “parcheggiati” in vari uffici ministeriali. Rispetto ai 460 milioni corrisposti dalla Forestale nel 2015, ultimo anno di attività, il loro costo è aumentato di circa 70 milioni. Ma si calcola che gli indennizzi al personale trasferito ammontino complessivamente a 3,3 milioni. Solo i Carabinieri forestali costano oggi 502 milioni all’anno, a cui se ne aggiungono 30 per le altre amministrazioni.
“La Forestale – commenta il deputato Cattoi – pur con poche risorse riusciva a far funzionare tutto e a spegnere le fiamme nel giro di poche ore, Oggi, su 18 elicotteri AB412 passati ai pompieri, solo tre sono rimasti a disposizione esclusiva degli incendi nei boschi”. E i maggiori costi per la manutenzioni dei velivoli assegnati ai carabinieri, secondo il dossier, arrivano a circa 3,5 milioni. La conclusione è che “la Corte dei Conti non ha calcolato il deterioramento del patrimonio verde nazionale, tra fiamme, tagli illegali, pascoli abusivi, roghi tossici, bracconaggio e mancati controlli, o i costi per il ripristino delle attività agricole e zootecniche, la ricostruzione di case e strutture, la perdita di vite umane”.