Con una controversa e risicata votazione, il Parlamento europeo ha approvato l’inserimento del gas e del nucleare nella cosiddetta “tassonomia verde”, cioè nella catalogazione delle fonti rinnovabili, stoppando in un colpo solo la transizione energetica e quella ecologica. Di fatto, ora anche queste due tecnologie sono considerate “sostenibili” all’interno del piano Ue di riduzione delle emissioni inquinanti e nocive che provocano l’effetto serra, con il riscaldamento del pianeta e i disastrosi cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo. E di conseguenza, gas e nucleare vengono per così dire riabilitati, per diventare meritevoli anche di supporto pubblico: vale a dire dei finanziamenti statali per le imprese che producono e forniscono energia attraverso queste due fonti.
Una volta si diceva “Nuke? No grazie!”, per dire no al nucleare, al rischio di guasti nelle centrali e di contaminazioni ambientali (vedi Chernobyl) e no alla maledizione biblica delle scorie nucleari, sotterrate e ancora attive chissà dove in Italia. Oggi la Commissione e il Parlamento europei dicono, purtroppo, “Green? No, grazie!”, allargando il ventaglio delle fonti sostenibili nel tentativo di contrastare così la crisi energetica innescata dall’aggressione della Russia all’Ucraina. Un obiettivo che dovrebbe essere perseguito, piuttosto, accelerando lo sviluppo delle fonti alternative, naturali e pulite, come il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico e le biomasse, in modo da ridurre o azzerare la dipendenza energetica dell’Europa e in particolare dell’Italia dal gas russo.
Greenpeace ha già annunciato azioni legali contro la Commissione. E altrettanto faranno alcuni Paesi nordici come il Lussemburgo e l’Austria, ricorrendo alla Corte di Giustizia europea. Non mancano gli interventi critici da parte del fronte progressista ed ecologista, mentre i conservatori cantano vittoria. “Dobbiamo prepararci – ha ammonito la presidente della Commissione, Ursula von Der Leyen – a ulteriori interruzioni dell’approvvigionamento di gas, anche a un taglio completo dalla Russia”.
Sono in molti tuttavia a ritenere che, per arrivare alla neutralità climatica entro il 2050, i fondi pubblici dovrebbero essere concessi solo alla produzione di energia dalle fonti rinnovabili vere e proprie. Ma le pressioni delle lobby di settore sono riuscite a prevalere, nonostante l’opposizione di diversi Paesi e gruppi parlamentari. A vincere questa partita è stata la Francia che ha 58 reattori ancora in funzione, quasi tutti molto vecchi, e potrà beneficiare degli stanziamenti per ristrutturare le centrali allungando il loro ciclo di vita.
La decisione avvantaggia le imprese Oil&Gas, a cominciare dalla nostra multinazionale Eni che – non a caso – si chiama ancora così: Ente nazionale idrocarburi. Nelle stazioni con il vecchio logo dell’Agip, “la potente benzina italiana”, il simbolo del cane a sei zampe con la lingua fiammeggiante non promette nulla di buono. C’è da prevedere, perciò, che riprenderanno presto le trivellazioni a terra e in mare, soprattutto nell’Alto Adriatico e al largo della Sicilia.
“Inserire gas e nucleare negli investimenti sostenibili è una scelta paradossale, proprio perché avviene in piena crisi climatica che volge al peggio”, commenta Fabrizio Bianchi, epidemiologo ambientale, in un editoriale sul quotidiano Domani. E aggiunge: “Ora, essendo il metano un gas serra più potente e pericoloso della CO₂ e avendo la filiera nucleare rischi ben conosciuti di incidenti, rilasci e gestione scorie sul lungo periodo, viene da chiedersi se i parlamentari europei che hanno votato per gas e nucleare negli investimenti sostenibili si siano posti almeno un paio di domande sulle conseguenze della loro scelta: come sarebbe in grado di soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere i bisogni delle future generazioni? Come influenzerebbe positivamente la capacità di carico, l’autoregolazione, la resistenza degli eco-sistemi, contribuendo alla loro stabilità?”.
L’incognita maggiore riguarda l’effettiva durata di questo provvedimento. Se si tratta di fronteggiare l’emergenza energetica per il prossimo inverno, o al massimo per un paio di anni, è ragionevole utilizzare tutte le risorse disponibili per un arco temporale limitato. Ma il pericolo maggiore è che il gas e il nucleare, usciti dalla porta principale della “tassonomia verde”, possano rientrare ora dalla finestra con il crisma di fonti rinnovabili e sostenibili, rinviando o rallentando lo sviluppo delle energie alternative che sono indispensabili per combattere il cambiamento climatico.