di Giovanni Valentini
Quando il ministro Dario Franceschini s’insediò per la prima volta alla guida dei Beni culturali e ambientali e del Turismo, il 22 febbraio del 2014, rilasciò subito una dichiarazione impegnativa: “Questo – disse – è il più importante ministero economico d’Italia”. E aveva ragione, perché il turismo è tuttora la nostra prima industria nazionale. Ma se ciò è vero bisogna dire oggi che il caso ha voluto contraddirlo, ad appena due mesi dal suo ritorno a capo dello stesso dicastero, colpendo contemporaneamente due città d’arte che le piogge torrenziali di questi ultimi giorni hanno trasformato in due città di fango: Venezia e Materia, la celeberrima Serenissima in Veneto e la Capitale europea della cultura 2019 in Basilicata.
Se qualcuno avesse voluto prendere di mira due simboli, due icone della Grande Bellezza italiana, in questo momento non avrebbe potuto scegliere obiettivi migliori. Il drammatico allagamento di Venezia e la valanga di fango che s’è abbattuta su Matera sono purtroppo due simboli di quel Malpaese che risale indietro nel tempo e dura ormai da troppi anni. E sono anche due metafore poco edificanti di un’Italia che, mentre rischia di perdere la più grande acciaieria d’Europa come l’ex Ilva di Taranto, non riesce neppure a difendere i “tesori” che la storia e la natura le hanno prodigato.
Non è solo una questione di maltempo, bensì di malgoverno: a livello nazionale e locale. Da quanti decenni è in costruzione il Mose a Venezia, con le sue “dighe mobili” che dovrebbero difendere la laguna dall’acqua alta? La memoria si perde negli annali, mentre l’alluvione invade perfino la Basilica di San Marco. E che cosa s’è fatto per proteggere Matera con i suoi mitici Sassi, dalle intemperie, dal rischio idrogeologico, prima che diventasse Capitale europea della cultura? Basta dire che la nuova stazione ferroviaria, ovviamente senza l’alta velocità, è stata inaugurata appena nei giorni scorsi. Ecco due esempi che parlano da soli. Due città infangate dall’incuria, dall’incompetenza e dall’incapacità di chi ha amministrato e amministra il nostro incomparabile patrimonio storico e artistico oltreché ambientale.
Altro che “ministero economico più importante d’Italia”, come predicava già cinque anni fa il povero ministro Franceschini. Qui siamo all’impotenza istituzionale. Al degrado e all’abbandono. Con in più la beffa di essere danneggiati due volte, perché ora per riparare i danni e mettere in sicurezza Venezia e Matera lo Stato italiano dovrà spendere molto più di quanto avrebbe investito per prevenire tali disastri.
Nelle antiche carte nautiche, a dimostrazione della grandezza della Serenissima, tutto l’Adriatico viene indicato come “Golfo di Venezia”. E da una sponda all’altra di quel mare, l’impronta della più forte Repubblica marinara è impressa sulle chiese, sui palazzi, sui muri, come un marchio indelebile di potenza. Nel cuore della povera Basilicata, derelitta e abbandonata, il “miracolo” di Matera si regge invece sull’operosità e sull’attaccamento dei suoi abitanti, discendenti di quei contadini che fino alla metà del secolo scorso vivevano all’interno dei Sassi in promiscuità con gli animali.
No, noi italiani non siamo degni di avere né l’una né l’altra. Per la semplice ragione che non siamo capaci di difendere Venezia e di proteggere Matera, come pure meriterebbero. Di questo passo, perderemo anche la produzione di acciaio e perderemo perfino il nostro patrimonio di Beni culturali e ambientali. E a quel punto, forse converrà chiudere il “ministero economico più importante d’Italia”, con buona pace di Franceschini e dei suoi buoni propositi.