Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, l’aveva annunciato ai quattro venti all’inizio di maggio. “Entro la fine del mese il Comune emanerà il bando per riqualificare lo Stadio Flaminio”. Ma finora il testo non è stato pubblicato e purtroppo lo storico impianto versa in un grave stato di abbandono e di degrado.
Progettato dall’architetto Antonio Nervi, con la collaborazione ingegneristico-strutturale di suo padre Pier Luigi; realizzato fra il 1958 e il 1958; inaugurato il 19 marzo del ’59, il Flaminio fu destinato a ospitare gli incontri di calcio alle Olimpiadi del 1960. Secondo stadio per capienza della Capitale, ma il più capiente tra quelli privi della pista d’atletica, già dagli anni Settanta fu utilizzato dalla Nazionale italiana di rugby e dalla società sportiva Rugby Roma.
Capace di ospitare inizialmente 40mila spettatori, poi ridotti a meno della metà per un adeguamento alle norme di sicurezza, oggi il Flaminio è fatiscente. Lo stadio crolla letteralmente a pezzi. Ed è un doppio danno: per lo sport e per il patrimonio urbanistico della Capitale.
Oltre a essere un impianto sportivo, in base al Codice dei beni culturali e del paesaggio dal 2004 il Flaminio infatti è anche un monumento d’interesse artistico e storico, sotto tutela dal 2008. Gli eredi di Pier Luigi Nervi, attraverso la Fondazione che porta il suo nome, detengono la proprietà intellettuale e i diritti morali sull’opera. E in forza di questi titoli, si sono espressi contro i vari piani di ristrutturazione presentati in passato dal Comune di Roma.
Nel 2013, la Federazione Giuoco Calcio – presieduta allora da Gianfranco Abete – propose al Campidoglio di risanare l’impianto a proprie spese e di prenderlo in gestione. Il progetto della Figc prevedeva un centro di allenamento e un museo, senza escludere di utilizzare il campo per le Nazionali giovanili di calcio Under 21. La trattativa fu portata avanti con convinzione dall’ex assessore allo Sport, Luca Pancalli, fino alla firma di una convenzione. Ma poi, in seguito all’avvicendamento al vertice della Federcalcio, la giunta di Carlo Tavecchio ha fatto saltare tutto.
Già in precedenza, prima di diventare direttore generale della Figc, l’ex direttore del Coni Michele Uva aveva provveduto a “tagliare” le utenze di luce e acqua alle Federazioni che ancora utilizzavano il Flaminio per gli allenamenti dei loro atleti (rugby, boxe, nuoto), preparando così il terreno alla decisione della Federcalcio. E ora, stando alle notizie di stampa pubblicate dal settimanale L’Espresso, la stessa Federazione si starebbe orientando ad acquistare un terreno alla periferia della città, per costruire un nuovo stadio nella zona di Fiumicino, non lontano da dove dovrebbe sorgere quello della Roma di Pallotta e Totti.
Il business edilizio, insomma, minaccia di prevalere sull’interesse dello sport e della Capitale, sacrificando il Flaminio. Ma, ciò che è ancora peggio, lo storico stadio rischia di essere abbandonato definitivamente alla rovina. Con il risultato di commettere anche un delitto ambientale, ai danni del patrimonio storico e artistico che appartiene a tutti i cittadini. E non solo a quelli romani.