S’è piazzata al 32° posto, nella graduatoria nazionale dei “Luoghi del cuore” compilata dai sostenitori del FAI (Fondo ambiente italiano), la Certosa di Trisulti, seconda nel Lazio e prima nella provincia di Frosinone. L’antico convento di Collepardo ha ottenuto 10.430 voti su un totale di oltre un milione e 600mila, distribuiti tra oltre 20mila luoghi segnalati. L’associazione ambientalista, per bocca del suo vive-presidente esecutivo Marco Magnifico, s’è impegnata a stanziare fondi speciali per il restauro architettonico. Anche il Ministero dei Beni culturali e la Regione Lazio sembrano intenzionati a erogare finanziamenti per l’intervento più urgente di risanamento dei tetti.
Ma adesso una nuova minaccia incombe sulla Certosa: l’allontanamento dei monaci ultrasettantenni che ancora la abitano, ai quali sono affidate la custodia e la manutenzione. Da cinque che erano, per ragioni di età o di salute, oggi si sono ridotti a due. Assistititi da Roberto, il fedele factotum del convento, sono loro anche ad accogliere i visitatori e i turisti. E perciò un gruppo di “Amici della Certosa” ha deciso di lanciare una petizione online a Papa Francesco, sul sito di change.org, per mantenere una comunità monastica a Trisulti.
“La caratteristica principale di Trisulti – scrivono fra l’altro i promotori – è quella di essere un’oasi dove si incontra Dio attraverso la comunione spirituale con la natura e il senso profondo della solidarietà. Ora questa importante realtà, monumento nazionale dello Stato italiano dal 1879, attualmente affidato ai monaci cistercensi, ridotti ormai in numero esiguo e molto anziani, corre il rischio della chiusura proprio perché i monaci verranno richiamati, a causa dell’età e delle condizioni di salute, in un’altra Abbazia. Per questo Le chiediamo, Santità, di INTERVENIRE PER MANTENERE A TRISULTI UNA COMUNITA’ MONASTICA, di qualunque ordine, maschile o femminile, perché possa continuare ad essere il faro di spiritualità e cristianità che è sempre stata”. La petizione si può firmare a questo indirizzo.
Costruito nel 1202 per volere di papa Innocenzo III, nei pressi di una precedente abbazia benedettina, il monastero è passato nel corso dei secoli dai Certosini alla Congregazione dei Cistercensi. Monumento nazionale dal 1873, nonostante gli interventi di ristrutturazione e di restauro realizzati fino a una decina di anni fa, oggi questo straordinario complesso medioevale rischia di essere scoperchiato e di rimanere a cielo aperto.
A prima vista, incastonata nella fitta vegetazione dei Monti Ernici a 825 metri di altitudine, la Certosa appare in tutta la sua imponenza mistica e solitaria. E in realtà, con una superficie complessiva di circa 15mila metri quadri coperti, appare più un borgo che un convento. Ma è all’interno degli edifici che si possono vedere in diversi punti i tetti pericolanti, in parte già caduti sotto il peso della neve, sostenuti a malapena da assi e cavalletti: negli anni Settanta, i vecchi coppi di terracotta furono sostituiti da tegole meno resistenti e il ghiaccio le ha spaccate fino a provocare numerose infiltrazioni. Se non s’interverrà rapidamente, i crolli potrebbero ripercuotersi sui solai dei piani inferiori, causando danni ancora più gravi.
All’epoca del suo fulgore, la Certosa ospitava una piccola comunità di più di cento persone, tra preti, novizi e artigiani. Tant’è che, oltre alla chiesa barocca dedicata a San Bartolomeo (con gli affreschi danneggiati dall’umidità) e alla Foresteria in stile romanico-gotico, entro le antiche mura del complesso si trovano anche una Biblioteca con 36mila volumi e una splendida Farmacia del XVIII secolo, decorata con “trompe-l’oeil” realistici d’ispirazione pompeiana e arredata con mobili del Settecento: negli scaffali sono esposti ancora i vasi in cui venivano conservate le erbe medicinali e i veleni estratti dai serpenti per preparare gli antidoti. La volta a crociera della sala principale è stata affrescata da Giacomo Manco, mentre il delizioso salottino d’attesa è impreziosito dai dipinti dell’artista napoletano Filippo Balbi. Un gioiello di farmacia antica che meriterebbe magari il patrocinio di un tutor.
Ha scritto su “Repubblica” Giovanni Valentini: “Borgo, convento, seminario, scuola pubblica, méta di pellegrinaggio o di turismo alternativo, nella sua lunga storia la Certosa di Trisulti è sempre stata un centro di vita e di attività. La sua originaria vocazione culturale meriterebbe di essere ripristinata e coltivata, magari attraverso un programma di incontri, convegni, eventi, manifestazioni in grado di richiamare un pubblico interessato ai temi della spiritualità, dell’arte, della salute, dell’omeopatia o dell’erboristeria. E le sue strutture ricettive, dalla Foresteria alle vecchie celle dei seminaristi, andrebbero opportunamente riadattate per accogliere ospiti da tutto il mondo in cerca di silenzio, serenità e raccoglimento; oppure, gli appassionati di trekking, a piedi o a cavallo, e di mountain bike”.
Occorrerebbe, dunque, un progetto organico di conservazione e valorizzazione, per rivitalizzare questo splendido eremo, ad appena cento chilometri a sud di Roma, anche a costo di farne un centro di studi e convegni o perfino un relais. Altrimenti, la Certosa di Trisulti è condannata al degrado e all’oblio. E un altro pezzo della nostra storia e della nostra memoria collettiva sarebbe cancellato per sempre.