Ha provocato non poche reazioni, più o meno sdegnate e furibonde, la proposta di direttiva europea, presentata dal verde irlandese Ciarán Cuffe, sull’efficienza energetica degli immobili che dovrebbero adeguare infissi e caldaie entro il 2050. Una levata di scudi non solo contro questo progetto, ma contro tutta l’Ue accusata di voler decretare una nuova “imposizione burocratica”, una “patrimoniale camuffata”, un diktat di Bruxelles. E subito il vicepremier Matteo Salvini ha tuonato: “La casa degli italiani è sacra. Non si tocca e non si tassa”. I capigruppo della Lega alla Camera e al Senato hanno già presentato perciò una mozione che impegna il governo di Giorgia Meloni a opporsi all’eventuale futura direttiva.
In un Paese come l’Italia, dove 18,2 milioni di famiglie – pari al 70,8% del totale – risultano proprietarie di case, era naturale che la questione sollevasse un vespaio. Gli interrogativi di fondo, sottesi a tutte queste reazioni, sono due: quanto costa? E poi, chi paga? Vale a dire chi dovrebbe sostenere i costi di questi interventi energetici? I singoli proprietari oppure lo Stato?
Una prima stima di spesa per le opere necessarie a rendere una casa green, l’ha fatta l’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. In un condominio, composto da una ventina di appartamenti, occorreranno circa 30.000 euro per riqualificare completamente ogni abitazione. Soltanto il costo degli infissi ammonterebbe a 10-15 mila euro.
L’intervento più rilevante, secondo i calcoli del quotidiano la Repubblica, è la coibentazione dell’appartamento: comporterebbe il 60% della spesa totale. Un’altra “voce” consistente riguarda la sostituzione delle vecchie caldaie che dovranno essere necessariamente green e supportate da un impianto fotovoltaico, in grado di alimentare l’edificio 24 ore su 24. Si tratterà all’incirca di qualche migliaio di euro, una batosta per famiglie già aggravate dal caro prezzi e dall’inflazione.
Per cercare di fare un po’ di chiarezza nel polverone delle polemiche, Il Sole 24 Ore – quotidiano economico della Confindustria – ha incaricato il giornalista Beda Romano di intervistare a Ciarán, chiedendogli spiegazioni e chiarimenti sulla direttiva di cui è relatore. Il testo è stato pubblicato il 17 gennaio, con un titolo rassicurante in prima pagina: “Casa green: gli Stati avranno ampi margini di intervento”. Ne riassumiamo di seguito i passaggi principali che rivestono il maggior interesse pubblico.
La premessa è che gli immobili rappresentano il 40% del consumo energetico e il 36% delle emissioni nocive. Da qui, appunto, la necessità di contenere questo impatto, rendendo gli edifici meno costosi e inquinanti, per rispettare l’impegno dell’Unione europea di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Si tratta, insomma, di contrastare sia l’inquinamento sia la scarsità di energia che la guerra Russia-Ucraina ha messo in evidenza e aggravata.
“La proposta di direttiva presentata dalla Commissione – spiega Ciarán al Sole 24 Ore – prevede che ciascun Paese individui il 15% del parco immobiliare più inquinante (appartenente quindi alla classe G) e che ne migliori l’efficienza energetica”. L’obiettivo è quello di far raggiungere la classe D entro il 2030 a tutti gli edifici delle classi precedenti. Aggiunge il relatore: “Sono previste deroghe specifiche in caso di circostanze nazionali giustificate, come ad esempio una carenza temporanea di lavoratori, o nel caso in cui gli Stati membri vogliano adeguare i requisiti di prestazione energetica per alcune parti del patrimonio edilizio”.
Osserva a questo punto la giornalista: “In Italia, c’è preoccupazione perché il parco immobiliare è spesso vetusto, se non antico”. Risposta di Ciarán: “Il testo della direttiva prevede eccezioni: gli immobili storici, quelli protetti (…) secondo la legislazione nazionale, saranno esentati dalle ristrutturazioni”.
Nonostante queste rassicurazioni, resta tuttavia l’interrogativo economico di fondo: chi paga? Se gli interventi previsti saranno a carico dei singoli proprietari, la direttiva introdurrà di fatto una nuova forma di tassazione sulla casa. Se invece i costi saranno sostenuti dagli Stati, magari attraverso incentivi, detrazioni fiscali o “bonus” energetici, verranno distribuiti sull’intera comunità locale e nazionale che ne trarrà beneficio in termini ambientali e sanitari. Altrimenti, in una fase di crisi economico-sociale come quella che stiamo attraversando, la direttiva europea sarà destinata a suscitare prevedibili resistenze e opposizioni.