Ora è ufficiale: il nucleare è caro, troppo caro. Anzi, carissimo. Lo certifica l’Agenzia internazionale dell’Energia (Iea), nel Report “The Path to a New Era for Nucleare Energy”, come riferisce la giornalista Luisiana Gaita in un articolo pubblicato sul fattoquotidiano.it. E così crolla anche il mito propagandistico dei mini-reattori, sostenuto prima dall’ex ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani (governo Draghi) e ora dal ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin.
Non saranno, dunque, gli Small modular reactor (Smr) a far abbassare le bollette elettriche del 30-40 per cento, come vagheggiato dal governo in carica. La previsione di arrivare a 120 o perfino 190 gigawatt entro il 2050, a livello globale, risulta quantomeno ottimistica secondo l’Iea.
“Le condizioni necessarie a raggiungere quei livelli di capacità – scrive nel suo report l’Agenzia – sono molto difficili da realizzare, impossibili senza un aiuto politico che intervenga sui mercati limitando la concorrenza di fonti energetiche più convenienti”. Si tratta, quindi, di una “trappola”, come spiega il professor Luigi Ventura, ordinario di Economia all’Università “La Sapienza” di Roma, al sito diretto da Peter Gomez.
Sul piano economico, insomma, l’energia prodotta dagli Smr risulta molto di più cara rispetto a quella ricavata da fonti rinnovabili. Una parte consistente del prezzo dell’energia nucleare, infatti, è rappresentato dal costo dei finanziamenti nella costruzione delle centrali. E questo vale anche per i mini-reattori. Dipende dal metodo con cui si calcola il costo medio del capitale, in riferimento ai tassi: il 4%, secondo il Levelized cost of electricity (Leoe), riferito alla vita dell’impianto; oppure l’8%, secondo il Value adjusted levelized cost of elecriticy (Valcoe) che comprende anche il valore dei servizi che l’impianto può fornire al sistema.
“Con un tasso dell’8% – come si legge ancora nello stesso articolo – il prezzo dell’energia prodotta da Smr va dai 115 a circa 130 dollari per megawattora, mentre con un tasso del 4% siamo tra i 70 e i 90. Tra solare ed eolico si va da 30 a 60 dollari a megawattora (se si utilizza il Lcoe), mentre con la metodologia Valcoe si si va da poco più di 60 a 75 dollari”. Per il solare, la differenza è più marcata se si include anche lo stoccaggio.
Al momento, però, l’Italia deve ancora risolvere il problema dello smaltimento delle scorie radioattive, prodotte dalle vecchie centrali dismesse. Secondo il sito “Deposito nazionale”, i centri che producono e/o detengono rifiuti radioattivi sono decine: installazioni nucleari (4 centrali e 4 impianti del ciclo del combustibile); centri di ricerca nucleare; centri di gestione di rifiuti industriali; centri del Servizio Integrato (rifiuti medicali).
Per volume e livello di radioattività dei rifiuti prodotti, i principali centri sono i siti nucleari in fase di smantellamento. Significativi, per la loro numerosità sul territorio nazionale, sono anche i centri di medicina nucleare, fra cui gli ospedali. Queste strutture trattengono la maggior parte dei rifiuti radioattivi che producono fino al loro completo decadimento, per poi smaltirli come rifiuti convenzionali. La restante parte viene conferita agli operatori del Servizio Integrato, il sistema di raccolta e gestione dei rifiuti radioattivi sanitari e industriali, che provvedono al loro stoccaggio nei propri depositi temporanei in attesa del conferimento al Deposito Nazionale, previo trattamento e condizionamento.
In sintesi, le principali strutture in cui a oggi si producono e/o si stoccano rifiuti radioattivi sul territorio nazionale e che conferiranno questi rifiuti al Deposito Nazionale sono:
- 4 centrali in decommissioning (Sogin);
- 4 impianti del ciclo del combustibile in decommissioning (Enea/Sogin);
- 1 reattore di ricerca CCR ISPRA-1 (Sogin);
- 7 centri di ricerca nucleare (ENEA Casaccia, CCR Ispra, Deposito Avogadro, LivaNova, CESNEF -Centro Energia e Studi Nucleari Enrico Fermi- Università di Pavia, Università di Palermo);
- 3 centri del Servizio Integrato in esercizio (Nucleco, Campoverde, Protex);
- 1 centro del Servizio Integrato non più attivo (Cemerad)
- Ecco la mappa geografica, tratta dal sito “Deposito nazionale”: