In Giappone, sono state trasformate in acquari stradali pieni di pesci rossi, simbolo di felicità e prosperità. A New York, l’architetto John Locke ha proposto per primo di adattarle a mini-biblioteche per il book-crossing, lo scambio di libri usati. E l’idea è stata attuata anche in diverse città italiane, mentre a Roma sono diventate perfino serre urbane.
Superate dalla diffusione dei più moderni cellulari, le vecchie cabine telefoniche sono dovunque in disuso e spesso in stato di degrado. Un totem del passato, il residuo di un’altra epoca. Ma la “rottamazione” o il recupero, nonostante l’intervento dell’Agcom (Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni) che già nel 2010 ne aveva disposto lo smaltimento al ritmo di 30mila all’anno, procedono ancora a rilento.
Quelle vecchie cabine abbandonate costituiscono ormai uno sfregio al decoro delle nostre città. E spesso, diventano addirittura un rifugio precario per poveri sbandati e drogati. Chi ha chiesto e ottenuto a suo tempo l’autorizzazione a installarle, occupando una porzione di suolo pubblico, avrebbe ora il dovere di rimuoverle. O quantomeno, di trasformarle – appunto – in strutture utili alla collettività.
Sarà pure giusto, come ha deciso l’Agcom, che vengano mantenute per ogni evenienza nei “punti di rilevanza sociale”: ospedali, carceri, scuole, stazioni. Ma, a parte il fatto che occorrerebbero sempre i vecchi gettoni per utilizzare quei telefoni, manca l’ordinaria manutenzione tecnica: gli stessi apparecchi sono spesso divelti, le porte e i vetri rotti, le pareti interne imbrattate di scritte, le cabine ingombre di rifiuti o di sporcizia.
Questo è un altro “caso aperto” che richiederebbe un progetto nazionale di riqualificazione del territorio. Sono innanzitutto i Comuni, grandi e piccoli, che dovrebbero farsene carico per organizzare un piano da concordare magari con le compagnie telefoniche a cui quegli impianti tuttora appartengono. Nel degrado generale delle nostre città, può sembrare forse un dettaglio, ma la rimozione delle cabine rappresenta invece un test per misurare la capacità di gestione delle amministrazioni locali. In fondo, si tratta soltanto di assicurare l’ordinaria manutenzione.