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ENEL ADERISCE AL PROGETTO RE-LIFE DI ACCENTURE A FAVORE DI ENTI E ASSOCIAZIONI NO PROFIT

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Nella prospettiva di promuovere l’economia circolare, Enel aderisce al progetto RE-life di Accenture, con l’obiettivo di cedere 1.700 mobili e arredi per ufficio in dismissione a enti pubblici e associazioni no profit. La multinazionale italiana dell’energia contribuirà così a dare nuova vita a questi oggetti e a renderli disponibili per coloro che ne hanno più bisogno, attraverso associazioni che supportano le comunità e i territori. Questo incentiverà la riduzione degli sprechi al fine di rendere il nostro ambiente più sostenibile.

Spiega Filippo Rodriguez, Responsabile Sostenibilità Italia di Enel: “Con questa iniziativa, in linea con gli obiettivi di sostenibilità dell’azienda, Enel si impegna a minimizzare gli impatti ambientali legati all’ammodernamento dei propri uffici, nelle sedi di Roma e Palermo, attraverso una gestione responsabile degli arredi in dismissione, tutelando l’ambiente e generando valore per tutta la comunità”.

Accenture lavorerà con Enel per raccogliere, organizzare e indirizzare le richieste delle associazioni sui mobili messi a disposizione, attraverso “idea360″, la piattaforma digitale della Fondazione Italiana Accenture. La piattaforma gestisce l’acquisizione strutturata di informazioni e dati per aggregarli e poter gestire le richieste in modo efficiente.

 

INTESA SANPAOLO PRIMA BANCA ITALIANAA OTTENERE LA CERTIFICAZIONE PER LA PARITA’ DI GENERE

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Per l’impegno in materia di diversità e inclusione, Intesa Sanpaolo è il primo grande Gruppo bancario italiano a ottenere la certificazione per la parità di genere prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Il processo di valutazione è stato condotto da Bureau Veritas, leader mondiale nei servizi di ispezione, verifica di conformità e certificazione, che ha esaminato sei macroaree: cultura e strategia, governance, processi del personale (HR), opportunità di crescita in azienda neutrali per genere, equità remunerativa per genere, tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro.

In particolare, Intesa Sanpaolo si è distinta per il coinvolgimento e l’impegno dei suoi vertici nei confronti delle iniziative di diversità e inclusione; per i Principi in materia di Diversity & Inclusion, policy pubblicata nel 2020 che guida la politica di inclusione basata sul rispetto di tutte le persone, sulla meritocrazia, sulla valorizzazione dei talenti e sulle pari opportunità; per il suo Piano Strategico D&I di iniziative per la valorizzazione delle diversità come componenti essenziali per la crescita del Gruppo; per il lavoro del Comitato Operativo D&I che dal 2020 ha l’obiettivo di diffondere una cultura inclusiva in costante dialogo con le strutture interne. La certificazione comprende anche le principali società del Gruppo Intesa Sanpaolo: Eurizon Capital SGR, Fideuram Asset Management SGR e il Gruppo Assicurativo Intesa Sanpaolo Vita.

 ISP Pasola Angeletti

Commenta Paola Angeletti, Chief Operating Officer di Intesa Sanpaolo (nella foto sopra): “Questa certificazione volontaria prevista dalla Missione 5 del PNRR riconosce il nostro impegno di primo datore di lavoro privato in Italia per l’inclusione di tutte le diversità e la valorizzazione del merito di ogni persona che lavora in Intesa Sanpaolo, così come le nostre attività per promuovere un cambiamento culturale nella società e nel nostro Paese”.

La certificazione conseguita da Intesa Sanpaolo, ai sensi della UNI/PdR 125:2022, si basa sulle Linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere, pubblicate nel marzo scorso dall’UNI e dal Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri come previsto nel PNRR nella Missione 5 “Inclusione e coesione” e ribadito dal Codice delle Pari Opportunità, per produrre un cambiamento sostenibile e durevole nel tempo nelle politiche di genere delle aziende introducendo l’adozione di specifici KPI (Key Performance Indicator – Indicatori chiave di prestazione).

Questa certificazione riconosce l’impegno di Intesa Sanpaolo nei confronti delle proprie persone che ha portato all’introduzione nel tempo di strumenti concreti come un KPI ESG (obiettivo gestionale), composto anche da indicatori su equità di genere, con impatto diretto sul sistema premiante di 2.100 manager; programmi di accelerazione delle carriere femminili; specifici percorsi formativi per favorire l’inclusione e un sistema integrato di welfare, con un’ampia gamma di soluzioni per la conciliazione vita di lavoro/vita di famiglia – banca del tempo, asili nido aziendali, permessi ampi per maternità/paternità, smart working, orari flessibili in entrata e uscita e part-time. Nel 2021 la Banca ha emanato le Regole per il Contrasto alle Molestie Sessuali, un documento che esplicita la politica di ferma condanna di ogni tipo di molestia e disciplina nel dettaglio il processo di gestione delle segnalazioni.

Intesa Sanpaolo aderisce ai Women’s Empowerment Principles – WEPs promossi dall’ONU, ha sottoscritto la Carta ABI “Donne in banca” e ha una consolidata collaborazione con la Fondazione Marisa Bellisario, la Fondazione Ortygia Business School e le associazioni Valore D e Parks – Liberi e uguali. A questo si aggiungono le numerose iniziative per il sostegno alle clienti, alle famiglie e all’imprenditoria femminile.

Intesa Sanpaolo è la prima banca in Italia e tra le prime in Europa ad aver ricevuto nel 2021 la Gender Equality European & International Standard (GEEIS-Diversity), certificazione internazionale dell’associazione Arborus in materia di diversità e inclusione, rilasciata da Bureau Veritas. Grazie al suo impegno Intesa Sanpaolo è inserita, prima banca in Europa, seconda al mondo e unica italiana, tra i 100 luoghi di lavoro più inclusivi e attenti alle diversità nel Refinitiv Global Diversity and Inclusion Index 2022, indice internazionale che valuta oltre 12 mila aziende quotate a livello globale e nel Bloomberg Gender-Equality Index 2022 con un punteggio ampiamente superiore rispetto alla media del settore finanziario globale.

STOP ALLO SMOG: VIA ALLA MOBILITA’ ELETTRICA PER RINNOVARE IL NOSTRO PARCO AUTO

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Su circa 39 milioni di automobili che circolano sulle strade italiane, sono 23.247.531 quelle ultradecennali. Oltre la metà. E ben più di quelle tedesche (20.357.516 su 48 milioni) e di quelle francesi (17.611.460). Segue la Gran Bretagna con 14.910.781, preceduta a sua volta da Spagna e Polonia con un parco circolante di una decina di milioni in meno. “Con questi numeri – commenta Giorgio Ursicino sul quotidiano Il Messaggero – l’aria delle nostre città non può che essere la più inquinata”.

È pur vero che gli autoveicoli non sono né gli unici né i principali responsabili dell’inquinamento atmosferico, alle spalle delle industrie e del riscaldamento domestico. Ma è chiaro comunque che, fino a quando non si passerà dai motori termici a quelli elettrici, le quattroruote e anche le due ruote continueranno ad alimentare lo smog urbano. E invece, come si sa, l’Unione europea ha stabilito che dal 2035 non potranno essere più venduti modelli a benzina o diesel, per ridurre le emissioni nocive di CO₂. Mentre va stimolato il trasporto pubblico rispetto a quello privato.

I nostri 23 milioni e passa di vetture con più di dieci anni rappresentano, dunque, un record a livello europeo e nello stesso tempo un pericolo pubblico da contrastare. È innanzitutto una questione di salute collettiva, ma anche di sicurezza dei guidatori e dei passeggeri. Non stiamo parlando qui di “vecchie signore”, cioè di auto d’epoca che appartengono a musei o collezioni private e che comunque hanno una circolazione limitata. Bensì di mezzi che, oltre a consumare e inquinare di più, non sono dotati di una meccanica evoluta e moderna. E spesso si tratta di “carrette” o catorci che non si vendono neppure sul mercato dell’usato.

Occorre, quindi, che il governo incrementi gli incentivi economici e fiscali per accelerare una transizione automobilistica all’interno di quelle energetica ed ecologica. Un aiuto ai proprietari di queste macchine ormai antiquate è anche un sostegno all’industria automobilistica e quindi all’occupazione del settore. Ma diventa necessario anche per combattere l’inquinamento e il riscaldamento globale, tutelando la salute dei cittadini.

MI-EnelXWay-Milano-66

La questione, per di più, non riguarda soltanto le quattroruote. Purtroppo, la situazione è analoga per i veicoli commerciali e per gli autobus. Nel primo caso, si legge ancora sul quotidiano romano, “l’Italia è sempre in testa con 2.746.415 esemplari” con più di dieci anni, seguita da Francia (2.733.704), Regno Unito (2.062.639) e Germania (1.019.188). Nel nostro Paese, i camion over ten years risultano ben 722.890 rispetto ai 302.838 del Regno Unito, ai 216.727 della Francia e ai 175.311 della Germania. “Le quantità sono talmente distanti – commenta l’autore dello stesso articolo sul Messaggero – che si spiegano soltanto con il fatto che buona parte dei trasporti di merci all’estero non corra su gomma, ma su ferro o su vie acquatiche”.

BUS Roma

E infine, gli autobus: i mezzi di trasporto pubblico che, in carenza di linee metropolitane, vengono più usati dai cittadini per andare al lavoro e dagli studenti per recarsi a scuola o all’università. Anche qui l’Italia detiene il primato dei mezzi più vecchi: 66.735 bus, contro i 42.391 del Regno Unito, i 26.770 della Germania e i 19.566 della Francia. Conclude giustamente il giornalista: “Un panorama, insomma, che inchioda la politica e i governi italiani che si sono succeduti in questi anni alle loro responsabilità, alle quale sarà possibile sottrarsi soltanto affrontando con rapidità e convinzione la transizione energetica”.

ENEL X COLONNINE

La via maestra – è proprio il caso di dirlo – resta quella del passaggio alla cosiddetta mobilità elettrica: auto, moto, motorini, autobus, furgoni, camion e camioncini. E anche monopattini, a condizione che circolino regolarmente nelle strade piuttosto che sui marciapiedi o nelle isole pedonali. A Lisbona, prima capitale europea in cui sono stati sperimentati, cominciano ad apparire cartelli di protesta da parte dei cittadini che non possono più camminare liberamente. Ma per incrementare l’elettrificazione dei mezzi urbani è necessario contemporaneamente rendere più diffusa e capillare la rete delle “colonnine”, come sta facendo da tempo l’Enel che attraverso la consociata Enel X Way ha installato finora 16.088 punti di ricarica pubblici e 25.817 privati su tutto il territorio nazionale (foto sopra).

PERCHE’ RALLENTARE LA TRANSIZIONE ALL’AUTO ELETTRICA E’ UNA SCELTA PERDENTE PER L’ITALIA – di Gianni Silvestrini, direttore del Kyoto Club (da QualeEnergia.it):

https://www.kyotoclub.org/it/news/news-dal-mondo/2022/06/13/perche-rallentare-la-transizione-allauto-elettrica-e-una-scelta-perdente-per-litalia-leggi-larticolo-di-gianni-silvestrini-su-qualenergia-it/

 

 

 

 

 

FERROVIE DELLO STATO: IL “TRENO DELLA MEMORIA” RIEVOCAZIONE STORICA ALLA STAZIONE TERMINI

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Il fumo di un’antica locomotiva a vapore, le note della Leggenda del Piave, i labari delle associazioni degli ex combattenti e reduci schierate al primo binario di Roma Termini: le Ferrovie dello Stato Italiane con l’amministratore delegato Luigi Ferraris (nella foto sotto) insieme al Ministero della Difesa, con il ministro Guido Crosetto e ad altre autorità civili e militari hanno celebrato il 4 novembre, Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, accogliendo con tutti gli onori il “Treno della Memoria”.  È stata la rievocazione storica del convoglio che 101 anni fa trasportò a Roma la salma del milite ignoto e che quest’anno, dopo il viaggio del centenario, ha di nuovo attraversato l’Italia, da Trieste a Palermo, transitando in 730 stazioni e sostando in 17 di queste.

Ad FS Luigi Ferraris ridotta (002)

Era il 1921 quando la salma del Milite Ignoto venne scelta da una madre italiana che aveva perso un figlio nella Prima guerra mondiale. Fu Maria Bergamas, in rappresentanza di tutte le donne orfane di figli caduti in guerra, a indicarla tra 11 corpi non identificati. La salma, trasportata su un convoglio speciale, partì da Aquileia per arrivare a Roma.

Alla cerimonia commemorativa della stazione Termini, erano presenti, insieme all’AD Ferraris e al ministro Crosetto, altri due ministri del governo Meloni: il ministro per lo Sport e i Giovani Andrea Abodi, quello della Cultura Gennaro Sangiuliano, il Capo di Stato Maggiore della Difesa Giuseppe Cavo Dragone insieme ad altri numerosi rappresentanti dell’Esercito, delle istituzioni e della società civile.

“Sono orgoglioso – ha detto Luigi Ferraris in apertura della cerimonia – di rappresentare il Gruppo FS Italiane all’arrivo del Treno della Memoria. La storia del Paese e la storia delle Ferrovie da sempre camminano insieme per contribuire all’unità nazionale, a cui le Ferrovie hanno dato un loro significativo contributo. Oggi, mentre siamo qui a celebrare con le Forze armate quei valori, ricordiamo allo stesso tempo la sofferenza e i lutti provocati da tutte le guerre, passate, presenti e future. Le vicende di questi ultimi mesi, con la guerra alle porte dell’Europa, ne sono una vivida e tragica testimonianza. Questo treno ci spinge quindi anche a riflettere sulla fragilità della pace e della libertà, e su quanto sia importante difenderle, giorno dopo giorno, senza mai darle per scontate”.

Ha dichiarato Guido Crosetto, Ministro della Difesa: “Il 4 Novembre è una ricorrenza che celebra la fine di un conflitto, e dunque la pace. Anche in questo ambito il ruolo delle Forze Armate è di primaria importanza: sulla Vostra efficienza e capacità di deterrenza si fonda, infatti, un avvenire di concordia. Occorre ricordarlo, soprattutto in un contesto internazionale caratterizzato da minacce irresponsabili e continuative alla pace tra le nazioni; come, ad esempio, la drammatica e illegittima aggressione all’Ucraina, cui stiamo cercando, come Paese e al fianco dei nostri Alleati, di rispondere, con ogni sforzo, per giungere a una cessazione del conflitto che tuteli i diritti inderogabili dell’aggredito”.

“Giornate come questa – ha aggiunto il Ministro per lo Sport e i Giovani, Abodi – sono un allenamento alla coscienza e alla conoscenza. L’impegno del Gruppo FS ha aiutato a far sì che tutto questo possa essere uno strumento di divulgazione per i ragazzi di oggi, i quali capiranno ancor di più il valore della libertà”.

Il “Treno della Memoria” era partito il 6 ottobre da Trieste per poi transitare nelle città di Trento, Milano, Torino, Aosta, Genova, Ancona, Perugia, L’Aquila, Campobasso, Bari, Potenza, Catanzaro, Cagliari, Palermo, Napoli e arrivare il 4 novembre a Roma. Il viaggio, lungo quasi un mese, è nato dall’iniziativa del Ministero della Difesa, in collaborazione con il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, con il supporto della Fondazione FS e la Struttura di Missione per la valorizzazione degli anniversari nazionali e della dimensione partecipativa delle nuove generazioni.

LA VIDEO INTERVISTA ALL’AD DI FERROVIE DELLO STATO, LUIGI FERRARIS a questo link

 

ITALIA IN BILICO: LA MAPPA DEI PONTI E DEI VIADOTTI A RISCHIO CROLLO, REGIONE PER REGIONE

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Non è bastata la dura lezione del Ponte Morandi, crollato a Genova il 14 agosto 2018 e ricostruito a tempo di record in due anni su progetto dell’architetto Renzo Piano (foto sotto). Il tragico bilancio di 43 vittime e 566 sfollati non è stato sufficiente a mettere in sicurezza dei nostri viadotti, stradali e autostradali. E così, nei giorni scorsi è crollato un tratto del cavalcavia “25 Aprile” che collega il centro di Novara con la statale di Milano (foto sotto). Una grande voragine s’è aperta sulla carreggiata sinistra in uscita, inghiottendo un’auto che è rimasta in bilico sospesa nel vuoto: fortunatamente la guidatrice è stata soccorsa e medicata in ospedale.

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Ma tutta l’Italia è in bilico. Da un capo all’altro della Penisola, sono almeno 1.900 i ponti, sui 61mila osservati, con “altissimi rischi strutturali”. E oltre 18mila viadotti presentano criticità e richiedono interventi di manutenzione. Questi dati allarmanti sono contenuti in uno studio condotto da Carlo Castiglioni e Alessandro Menghini del Politecnico di Milano, durante il convegno Uno sguardo oltre il ponte organizzato a Genova dalle società Bureau Veritas Nexta e Osmos.

Più del 50% dei ponti hanno un’età superiore ai 50 anni contro una media nei Paesi del G7 che si attesta fra i 20 e i 30 anni. Lo studio ha individuato nella sola Lombardia 18 ponti che necessitano di “urgente riclassificazione e manutenzione straordinaria”, mentre altri 113 hanno bisogno di “verifiche e monitoraggi finalizzati a interventi di manutenzione straordinaria”. Solo 25 ponti sui 200 osservati in Lombardia sono “fuori dalla fascia di rischio”. Si tratta di dati preoccupanti che fanno delle infrastrutture il “grande malato” del tessuto economico e sociale del Paese, documentando un rischio che riguarda in particolare i ponti.

Oltre a “importanti e urgenti interventi di manutenzione”, come spiegano l’amministratore delegato e presidente della holding italiana di Bureau Veritas Nexta, Ettore Pollicardo, e il vice amministratore delegato di Osmos, Patrice Marc Pelletier, occorre “una terapia d’urto innovativa a fibra ottica fatta di monitoraggio dinamico e algoritmi per abbattere le soglie di rischio nella gestione delle infrastrutture”.

Le due società hanno elaborato perciò un nuovo sistema ad alta tecnologia di monitoraggio dinamico delle infrastrutture italiane che, sulla base dei carichi di lavoro (per esempio, il transito di mezzi pesanti) che devono sopportare, consenta di tracciare una mappa del rischio e quindi delle priorità d’intervento sulle infrastrutture italiane. Il programma è in grado di prevedere il punto di stress e i pesi sopportabili dai grandi viadotti autostradali e più in generale dai ponti. Un sistema che si basa sull’installazione di sistemi a fibre ottiche di connessione fra sensori digitali e analogici, in grado di trasmettere a un elaboratore centrale installato in una control room tutti i dati relativi allo stress delle infrastrutture anche in relazione alle caratteristiche e al numero dei veicoli che vi transitano. Questi dati vengono poi elaborati sulla base di algoritmi specifici inseriti nel software.

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A titolo informativo, riproduciamo qui una mappa dei ponti e dei viadotti a rischio, regione per regione, pubblicata dal quotidiano La Stampa di Torino il 2 dicembre 2019. L’elenco va aggiornato, ma in gran parte corrisponde tuttora alla realtà. Negli ultimi due anni, anche a causa del Covid, sono stati pochi gli interventi messi in atto per consolidare o sostituire queste infrastrutture, come dimostra il caso più recente di Novara. La scala di valutazione va da 10 (rischio minimo) a 70 (crollo).

I ponti definiti “a rischio crollo”, secondo la mappa del giornale, sono questi:

  • Ponte Scrivia (A7 in prossimità di Busalla, Genova, da 50 a 70)
  • Viadotto Coppetta(A7 tra Bolzaneto e Busalla, Genova, da 50 a 70); viadotto Bormida carreggiata Nord (A26 tra Ovada e Alessandria Sud, Alessandria, da 50 a 70)
  • Ponticello ad archi al km 16(A10 tra Voltri e Arenzano, Genova, da 50 a 70)
  • Viadotto Vegnina(A26 tra Masone e Ovada, Genova/Alessandria, da 50 a 60)
  • Viadotto Biscione carreggiata Sud(A26 tra Masone e Ovada, Genova/Alessandria, da 50 a 60)
  • Sottovia Schiantapetto(A10 tra Albisola e Savona, da 50 a 60)
  • Ponte sulla Statale del Monferrato(A26 tra Alessandria Sud e Casale Monferrato, da 50 a 60)
  • Rocce Nere(A26, rimasto a 50)
  • Bormida(A26 adesso a 70)
  • Stura 5(A26 voto 50).

Qui di seguito pubblichiamo l’elenco – diffuso dal Codacons (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e la tutela dei diritti di utenti e consumatori), dei ponti “pericolosi” o a rischio che necessitano di cura e manutenzione.

Abruzzo: viadotti A24-A25 di Popoli, Svincolo Bussi, Tornimparte; A25 nel tratto che collega Pratola Peligna a Cocullo; tutti i viadotti autostradali A24 e A25.

Basilicata: viadotto “Carpineto I” di 241 metri sul raccordo autostradale Potenza Sicignano; Ponte San Nicola di Palazzo San Gervasio; Viadotto Scescio a Barile, Potenza-Melfi, s.s. 658.

Calabria: 4 viadotti Fiume Mesima A2 tra Rosarno e Mileto (pericolanti e sotto sequestro); variante 106 tratto A; Ponte Morandi, Catanzaro (nella foto sotto); viadotto Cannavino (Celico – Cosenza); Ponte Cannavino, SS107; Ponte Petrace, SS18 tra Gioia Tauro e Palmi; Ponte di Celico (Cannavino), SS 107; viadotto Canalgrande di San Nicola Arcella (Cosenza); viadotto Stupino, A2 a Carpanzano (CS); viadotto S. Ruiz a Carpanzano (CS): viadotti “Emoli I” e “Emoli II” a San Fili (CS), SS107.

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Catanzaro, ponte Morandi: piloni di cemento usurati

Campania: viadotto Manna, Ariano Irpino; ponte alla foce del fiume Sele SP 175; A2, viadotto Castellammare; Salerno, viadotto Gatto; Vietri, Viadotto Vietri; Napoli, Ponte di Carmiano tra S. Maria la Carità e Gragnano: Castellammare, viadotto San Marco: Atripalda (AV), Via Ferrovia, cavalcavia della SS7.

Emilia-Romagna: i ponti sul Po, tra Viadana-Borretto, Colorno-Calsalmaggiore, Ragazzola-San Daniele e Castelvetro Piacentino-Cremona.

Friuli Venezia Giulia: Prato Carnico, ponte sul Degano.

Lazio: viadotto A12 Roma-Civitavecchia, tra Civitavecchia e S. Marinella.

Roma; viadotto della Magliana Civitavecchia, ponte Via Braccianese Claudia; tangenziale viadotto Tiburtina; ponte che da via Pasquale Baffi permette di arrivare a Via di Villa Bonelli (zona Magliana), Roma; ponte ferroviario che divide Piazza della Radio e via Ettore Rolli, Roma; ponte Risorgimento, Roma; ponte Flaminio, Roma; viadotto Morandi, Fiumicino.

Liguria: Cairo Montenotte, Viadotto A6 Ferrania.

Lombardia: cavalcavia Isella, Lecco; viadotto dei Lavatoi, Como; Milano-Meda, ponte 14 all’altezza di via San Benedetto a Cesano Maderno (Km 140+228); Milano-Meda, ponte 12 all’altezza di via Alessandro Manzoni, Cesano Maderno (Km 139+318); Milano-Meda, ponte 10 all’altezza di via Maestri del Lavoro a Bovisio Masciago (Km 138+913); Milano-Meda, svincolo 26 (Km 142+974); Ponte di Legno, viadotto Ponte del Passo, Sorico (CO).

Molise: ponte del Liscione (diga del Liscione); viadotti sulla Trignina, SS 650Viadotto Gamberale.

Piemonte (ponti più vetusti): Priero, viadotto A6 Chiaggi; Fossano, viadotto A6 Stura di Demonte; Autostrada Savona-Torino, all’altezza di Cadibona; viadotto A6 tra Altare e Ferrania.

Puglia: SS16 bis viadotto, Trani; Tangenziale Est di Lecce per 11 Km, altezza uscita a destra 9B (Merine-Vernole-Melendugno); Ponte girevole di Taranto.

Sardegna: cavalcavia SS131, Mesu Mundu.

Sicilia: Autostrada Catania-Palermo, ponte Simeto; Agrigento, viadotto Morandi; Porto Empedocle, ponte Spinola, ponte Salsetto e ponte Zubbie o Re; ponte sulla statale 18 tra Gioia Tauro e Palmi

Ponte sulla statale 107; Palermo, ponte di via Oreto; viadotto Akragas 1 e 2, Statale 115 quater; ponte sul fiume Salso, Licata; strada statale 626 Caltanissetta Gela (100m da Capodarso); ponte sul fiume Gornalunga lungo la S.P. 74 in prossimità dei territori comunali di Belapasso, Motta S. Anastasia, Paternò e Palagonia.

Toscana: Firenze, ponte Vespucci; Pontedera, superstrada che collega via dei Panieracci a via del Podere, frazione di Gello.

Umbria: E45, cavalcavia di Ponte San Giovanni e cavalcavia di Collestrada.

Veneto (provincia di Venezia): San Donà sul Piave(Ve), ponte della Vittoria; Zona Chioggia (VE), ponte del Musichiere.

 

 

LA PAURA DEL BUIO: LA CRISI ENERGETICA E LA MINACCIA DEL RAZIONAMENTO ELETTRICO

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Con l’annuncio di Ursula von Der Leyen, sembrava aprirsi uno spiraglio nella crisi del caro-bollette. “Siamo pronti a discutere il price cap europeo sul prezzo del gas”, ha dichiarato la presidente della Commissione europea, riprendendo la proposta che era stata già lanciata dal nostro presidente del Consiglio, ancora in carica, Mario Draghi. Ma tutto resta ancora in alto mare e per il momento l’Europa decide di non decidere.

I distinguo abbondano. Quanto può durare questo “tetto”? Sei mesi, un anno? E a quale gas si deve applicare? Solo a quello fornito dalla Russia o anche a quello “made in Europe”, olandese o norvegese? E poi, a tutto il gas oppure soltanto a quello che occorre per produrre energia? Su questi interrogativi, si gioca il futuro dell’Ue, la sua capacità di conciliare e superare gli interessi nazionali in funzione di un interesse più generale.

GAS centrale

Nata come Comunità del carbone e dell’acciaio (CECA), l’Europa rischia ora di dividersi sul gas e sul petrolio. La “questione energetica” può diventare così una nemesi storica. Una “vendetta” per chi, come il nostro Paese, non ha saputo e voluto dotarsi di un’energia pulita, alternativa ai combustibili fossili, con le loro emissioni inquinanti e nocive per l’ambiente, per la natura e per salute collettiva. E per chi ha sprecato energia per troppo tempo, nell’era dell’opulenza e del consumismo più sfrenato, a danno delle generazioni successive.

Con il decreto taglia-consumi disposto dal ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, scatta ora il piano sul riscaldamento domestico. Meno quindici giorni, meno un’ora al giorno e meno un grado. Esenzioni previste per ospedali, residenze per anziani e asili. C’è solo da sperare che l’inverno non sia così rigido e non provochi troppi disagi alla popolazione.

Il fatto è che l’Italia, pur essendo dotata di sole e di vento come nessun altro Paese europeo, non riesce ancora a ricavare energia a sufficienza dal fotovoltaico e dall’eolico, né dall’idroelettrico, dalla geotermia e dalle biomasse. La transizione ecologica è in corso, ma non si sa quando mai finirà. E lo stesso ministro Cingolani vagheggia un “nucleare verde” di là da venire. Mentre l’Enel, guidato dall’amministratore delegato Francesco Starace, ha imboccato con decisione e coraggio la strada delle fonti rinnovabili, l’Eni continua imperterrito a chiamarsi Ente nazionale idrocarburi e il suo ad Claudio Descalzi annuncia che dovremo usare il gas e il petrolio ancora per molto.

“Ora lo Stato paghi le nostre bollette”, reclama intanto in copertina il settimanale TPI – The Post Internazionale, diretto da Giulio Gambino. E spiega nel sottotitolo: “Luce a gas hanno raggiunto prezzi insostenibili per milioni di famiglie e imprese. La bomba sociale è già esplosa, ma l’Ue tarda a decidere e il governo italiano è immobile. Ecco come si può intervenire subito tagliando il 50% dei rincari, senza aumentare il debito pubblico”. Il giornale ha lanciato anche una petizione popolare, sostenuta da esperti e accademici, già sottoscritta da oltre 90mila cittadini (firma anche tu sulla piattaforma Change.org a questo link).

COVER TPI (gas)

In un’intervista concessa al Fatto Quotidiano Franco Bernabè, ex presidente dell’Eni e oggi presidente di Acciaierie Italiane, ha lanciato l’allarme: “Senza il gas russo, le nostre riserve non basteranno”. E ha sollecitato un piano per le imprese e i servizi essenziali, come gli ospedali e le residenze sanitarie per gli anziani. A suo avviso, “il problema vero è che non esistono soluzioni nel breve periodo: possiamo solo ottimizzare le disponibilità di metano nel corso dell’inverno con una strategia di razionamenti che minimizzi i danni”.

In questa situazione d’emergenza, torna in auge una parola che appartiene all’economia di guerra, come Amate Sponde aveva anticipato nelle settimane scorse (https://www.amatesponde.it/lora-del-razionamento/). Razionamento significa riduzione e limitazione dei consumi, tramite una distribuzione controllata dell’energia per fasce giornaliere e orarie, a partire proprio dal riscaldamento. Un’esperienza che hanno vissuto le generazioni precedenti, quelle dei nostri nonni e dei nostri padri, ma a cui noi siamo del tutto impreparati. E che rievoca, sul piano psicologico, la “paura del buio” a livello collettivo.

Tanto vale, allora, cominciare subito a risparmiare energia, per evitare i consumi superflui e gli sprechi, come questo sito aveva già invitato a fare autonomamente, ricordando l’austerità del 1973 e le domeniche a piedi, all’epoca della “guerra del petrolio” (https://www.amatesponde.it/austerita-energetica/). Nel breve periodo, questa è l’unica strada praticabile per fare fronte alla crisi in atto.

TERMOSIFONI

“Usare meglio l’energia elettrica ti conviene”, è lo slogan della campagna d’informazione lanciata da Enel. (https://www.enel.it/it/supporto/faq/essenzialmente-residenziale?ecid=dem-unica-riduzione_consumi-2022-v00). Sotto il titolo “Accendi nuove opportunità”, segue una serie di regole semplici e di consigli pratici:

  • Scollega gli alimentatori dalle prese elettriche quando non li utilizzi.
  • Evita di lasciare accesi oggetti in modalità stand by.
  • Non dimenticarti di sbrinare frigo e congelatore appena compaiono formazioni di ghiaccio.
  • Avvia gli elettrodomestici solo a pieno carico e quando puoi nella fascia oraria più conveniente.
  • Utilizza lampadine a LED.
  • Regola opportunamente la temperatura degli ambienti senza eccessi.
  • Conserva la temperatura ottimale raggiunta evitando dispersioni.
  • Scegli, se puoi, il piano a induzione per cucinare e le pompe di calore per riscaldare.
  • Scegli, se puoi, elettrodomestici con una classe energetica elevata.

Prima che arrivi il razionamento, converrà cominciare a risparmiare energia, riducendo autonomamente i consumi nella vita quotidiana e in quella domestica. Ognuno di noi, se vuole, può già farlo da solo.

 

 

 

 

INTESA SANPAOLO A SOSTEGNO DI DUE COMUNITA’ ENERGETICHE DEL TERZO SETTORE

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Una nuova iniziativa solidale, per il sostegno delle Comunità energetiche del Terzo settore, è stata presentata da Intesa Sanpaolo a Napoli. Si tratta di due progetti realizzati dalle Fondazioni di Comunità di San Gennaro (Napoli) e di Messina. Il nuovo filone di intervento rientra nell’ambito dell’impegno dalla Banca verso la sostenibilità ESG e la transizione ecologica – come indicata nel PNRR – a sostegno di imprese, famiglie e non profit.

Le comunità energetiche sono associazioni composte da enti pubblici locali, enti del terzo settore, aziende, attività commerciali o cittadini privati che scelgono di dotarsi di infrastrutture per la produzione di energia da fonti rinnovabili e l’autoconsumo, attraverso un modello basato sulla condivisione. Costituiscono forme collaborative, incentrate su un sistema di scambio locale per favorire lo sviluppo sostenibile e ridurre la dipendenza energetica dal sistema elettrico nazionale, incentivando al tempo stesso la nascita di nuovi modelli socioeconomici circolari.

In quest’ottica, anche grazie alle nuove normative e ai fondi del PNRR, le comunità energetiche possono essere una straordinaria opportunità per facilitare a, la transizione ecologica nel Paese e superare l’attuale modello centralizzato di produzione energetica verso l’energia diffusa, l’autoproduzione e la condivisione dell’energia attraverso processi di partecipazione, innescando al contempo un profondo cambiamento socio-economico nei territori. Le istituzioni e gli Enti Locali necessitano di nuovi modelli in cui profit, non profit e istituzioni pubbliche sviluppino nuovi canali di dialogo e di collaborazione per fronteggiare l’incremento dei costi di gas ed elettricità che, soprattutto nei comuni più piccoli e defilati, rischiano di aumentare il divario energetico.

ISP Fondazione San Gennaro

Comunità San Gennaro, Napoli Rione Sanità

A Napoli, il Rione Sanità cambia in chiave sostenibile. Il progetto Comunità Energetica che Intesa Sanpaolo ha realizzato, insieme alla Fondazione di Comunità San Gennaro, in uno dei quartieri simbolo del capoluogo campano, oggi fornisce alla comunità locale energia elettrica pulita e a prezzi calmierati attraverso la valorizzazione delle risorse territoriali e lo sviluppo di reti di produzione interne alla Fondazione e al quartiere (nella foto sopra). Almeno l’80 per cento di energia pulita a basso costo è riservata ai membri che aderiscono al progetto. Un esempio che rafforza anche le realtà del territorio nel settore della produzione e fornitura di energie da fonti rinnovabili e il sostentamento di famiglie in stato di fragilità. Fra gli obiettivi futuri del progetto, vi è anche quello di dare vita a un modello replicabile in altri quartieri della città di Napoli.

Comunità energetica di Messina

Grazie al progetto delle Comunità Energetiche, nel territorio messinese è stato possibile realizzare impianti fotovoltaici diffusi, dando vita a micro-reti a vantaggio di persone e famiglie in situazione di fragilità attraverso processi di condivisione dell’energia prodotta. Il progetto potenzia e amplia quanto già realizzato dalla Fondazione Messina a Maregrosso, quartiere della città metropolitana di Messina, dove è stata costituita l’associazione Comunità Energetica di Fondo Saccà (nella foto principale): è l’esito finale di Capacity, un più ampio programma di riqualificazione delle periferie urbane che ha visto il Comune di Messina e la Fondazione lavorare in sinergia per “liberare” l’area dove si trovava una baraccopoli. Al suo posto, oggi, sorgono sei edifici dotati di soluzioni innovative per la produzione e gestione dell’energia da fonti rinnovabili. In alcuni di essi hanno sede i centri socioeducativi “Il Melograno” e “Il Melarancio”, spazi dedicati alle famiglie con bambini piccoli e finalizzati alla valorizzazione della prima infanzia e al contrasto della povertà educativa.

ISP comunità energetiche

Dichiara Elisa Zambito Marsala, Responsabile Valorizzazione del Sociale e Relazioni con le Università Intesa Sanpaolo (nella foto sopra, con Massimo Deandreis, Direttore SRM – Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo): “Il Gruppo, nel corso degli ultimi due anni, si è impegnato nel sostegno di vere e proprie operazioni di ingegneria sociale messe in atto da soggetti del terzo settore che si sono impegnati per la ricerca di soluzioni al delicato e diffuso tema della povertà energetica. In questo ambito sono stati progettati gli importanti interventi a sostegno di due tra le Fondazioni di comunità più rilevanti del Sud Italia, San Gennaro e Messina. Due esempi concreti di cui siamo orgogliosi: best practice replicabili su tutto il Paese”.

Il fondatore della Fondazione di Comunità San Gennaro, don Antonio Loffredo, spiega: “Nell’Enciclica verde Papa Francesco ci dice che è diventato urgente e impellente sviluppare fonti di energia rinnovabili. Al contempo il Papa lamenta l’esiguo accesso alle energie pulite e rinnovabili da parte dei più fragili. Parlare di Comunità Energetiche significa parlare di partecipazione, associazioni che nascono dal basso, di autoconsumo, di un modello basato sulla condivisione e lo scambio locale. Significa parlare di sviluppo sostenibile e di sostegno a famiglie in stato di fragilità. L’esperienza della Comunità Energetica al Rione Sanità non poteva attraversarci senza lasciare nuove occasioni generative”.

A sua volta Gaetano Giunta, Fondatore della Fondazione Messina, racconta la propria esperienza: “Nella nostra zona esiste un Parco Energetico già da più di dieci anni che produce energia dal sole e dal mare, è una scelta in cui crediamo da tempo. Dallo scorso dicembre, grazie al sostegno anche progettuale di Intesa Sanpaolo, è nata la Comunità Energetica del condominio ecologico di Fondo Saccà: parliamo di energia solidale che la Fondazione promuove anche grazie ad un’impresa sociale una Energy Service Company (ESCo), che destina il suo profitto a progetti di sviluppo sociale, ma non solo. Collaboriamo con vari centri di ricerca per creare prototipi funzionali al sostegno della transizione verde. Attività che sono una lotta anche alla disuguaglianza e alla povertà. Una circolarità green e virtuosa in tutti i suoi aspetti”.

ENEL X E SDA, IL MONITOR “FOR CIRCULAR FASHION” TESTA LA CIRCOLARITA’ NEL SETTORE DELLA MODA

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Applicazione concreta dei principi di sostenibilità; standard comuni per la tracciabilità; implementazione dei progetti di eco-design. Sono le evidenze che emergono nella seconda edizione del Report annuale del Monitor for Circular Fashion e che indicano la roadmap del settore moda verso un futuro più aderente ai principi dell’economia circolare. Il Monitor, che è parte di SDA Bocconi Sustainability Lab e powered by Enel X, la global business line di Enel dedicata ai servizi innovativi, è un osservatorio nato nel 2020 con l’obiettivo di offrire una rappresentazione costantemente aggiornata della sostenibilità del sistema moda italiano, identificando i principali indicatori qualitativi e quantitativi (KPI) della circolarità, valutando i modelli di business e le loro applicazioni.

Per l’edizione 2022 del Report, il Monitor for Circular Fashion ha coinvolto la propria community multistakeholder nell’analisi di due fattori in particolare: i claim di sostenibilità e i principi chiave dell’eco-design e la loro implementazione nelle catene del valore. Il Report traccia le caratteristiche ideali di un claim di sostenibilità implementate nei progetti pilota, partendo dalle linee guida di United Nations Economic Commission for Europe (UNECE): 1) essere chiaro e comprensibile; 2) contenere informazioni veritiere, senza fornire ai consumatori informazioni ingannevoli sugli aspetti di sostenibilità di un prodotto, di un processo o dell’azienda; 3) essere rilevante per gli aspetti di sostenibilità del prodotto, del processo o dell’azienda; 4) essere affidabile e supportato da prove documentali; 5) essere divulgato efficacemente per consentire al pubblico di comprendere le prove che sostanziano le dichiarazioni.

La conferma dell’importanza di applicare questi principi per i claim di sostenibilità è stata confermata anche dai risultati della Circular Fashion Survey di PwC e SDA Bocconi School of Management che ha coinvolto i consumatori delle nuove generazioni sul tema: quanto le pratiche di greenwashing della moda influenzano la volontà di non acquistare un prodotto/servizio?

L’obiettivo finale di un approccio circolare è quello di mantenere in uso prodotti e materiali, conservandone la qualità e riducendo al minimo possibile l’impatto ambientale per tutto il ciclo di vita. Per ottenere questo risultato il Monitor, in coerenza con la proposta della Commissione Europea “Ecodesign for Sustainable Products Regulation”, ancora non specifica per il settore, ha individuato 10 principi chiave da applicare e implementare nel momento in cui si progetta un prodotto di moda circolare, radunandoli in tre macrocategorie: ciclo di vita (durabilità, riutilizzabilità, riparabilità, riciclabilità), salute e sicurezza (uso di sostanze chimiche, rilascio di microfibre) e input sostenibili (utilizzo di input rinnovabili, riciclabili o riciclati, uso efficiente delle risorse).

MODA CIRCOLARE 3

“La gestione della sostenibilità e della circolarità richiede un approccio olistico: concentrarsi solo sul fine vita sarebbe un errore che rafforza il sistema lineare”, commenta Francesca Romana Rinaldi, Direttore del Monitor for Circular Fashion SDA Bocconi School of Management: “L’implementazione di principi di eco-design lungo le catene del valore circolari della moda costituisce la vera opportunità che abbiamo per accelerare la transizione verde nei prossimi anni. In coerenza con il lavoro svolto nei primi due anni, il Monitor for Circular Fashion continuerà ad accogliere aziende che desiderano anticipare e guidare il cambiamento sostenibile e circolare nelle catene del valore del settore Tessile, Abbigliamento, Pelle e Calzature, partendo dalla tracciabilità e dalla trasparenza di filiera”.

Dichiara Nicola Tagliafierro, Responsabile della sostenibilità di Enel X:  “Per il secondo anno presentiamo i risultati del Monitor for Circular Fashion che si è rivelato uno strumento quanto mai vincente per misurare in modo adeguato i livelli di maturità circolare delle più importanti realtà che operano nel campo della moda, un settore cruciale per il Paese”. E aggiunge: “Le evidenze ci dicono che le aziende del fashion si stanno sempre più orientando verso scelte di business in linea con la transizione ecologica, ma c’è ancora tanto  da fare in termini di efficienza energetica ed autogenerazione da fonti rinnovabili, entrambi segmenti in cui Enel X rappresenta un riferimento di eccellenza ed innovazione per l’intero mercato.”

Per la prima volta, questo framework di principi è stato testato e validato dal confronto con otto progetti pilota di prodotti circolari provenienti delle aziende della community del Monitor:

  • Think Leather (Holding Moda/Gab Group/Quid). Scarti della lavorazione del pellame si trasformano in piccoli oggetti di pelletteria (portapenne, custodie per pc/documenti…), realizzati con pochi componenti da un’impresa sociale che promuove l’occupazione inclusiva e crea possibilità di empowerment per le persone vulnerabili.
  • Eco-designed Jeans (Kering/Candiani Denim). Esempio di collaborazione di filiera per dare vita a jeans in denim realizzati con cotone biologico certificato al 100%, concepiti secondo principi di eco-design (-84% di sostanze chimiche e -53% di acqua rispetto ai jeans convenzionali) e testati per una maggiore durata.
  • Trace Me (Vitale Barberis Canonico/Quid). Shopper realizzata con tessuto recuperato in fibre di lana tracciabili, prodotta in Italia attraverso fasi produttive totalmente tracciabili e assemblata da un’impresa sociale italiana.
  • Repairing T-shirt (Oscalito/Albini Group/Crule). T-shirt in filato di cotone biologico e toppe in tessuto riciclato con materiali di recupero, completamente tracciabile dal campo di cotone al negozio. Progettata grazie alla collaborazione con una giovane designer per durare a lungo si può riparare con una toppa di ricambio o chiedere al negozio il servizio di rammendo creativo.
  • What if bag (OVS/RadiciGroup/Quid). Realizzata con un unico tessuto, 100% in poliammide riciclato 6, certificato da GRS è completamente riciclabile in virtù della termoplasticità del materiale.
  • Component shoe (Candiani Denim/Vibram). Realizzata utilizzando solo cinque componenti, questa scarpa può essere assemblata a casa. La tomaia è in denim di cotone riciclato, la suola è realizzata con materiali naturali certificati FSC, e per unirle c’è un laccio realizzato in miscela di cotone e TENCEL™.
  • Anima (RadiciGroup/Save the Duck/Vibram). Zaino bimateriale composto da tessuto realizzato con filato di poliammide riciclato al 100% certificato GRS e conforme allo standard Oeko-tex 100 per la produzione responsabile, e gomma riciclata al 100% da stabilimenti conformi agli standard ISO.
  • M-Pocket (Manteco/RadiciGroup). Custodie riciclabili per tablet, prodotte con scarti di produzione di tessuto da lavorazioni industrializzate. Può essere in lana vergine riciclata e/o sottoprodotto da Manteco e poliammide vergine o riciclata da RadiciGroup, a seconda della produzione.

Temera ha fornito infine una voce digitale ai progetti pilota, condividendo le informazioni accessibili tramite la scansione dei codici QR.

Lifestyle Gaia Segattini Knotwear
Lifestyle Gaia Segattini Knotwear

Alla luce degli esiti del Report, il Monitor for Circular Fashion suggerisce alcune azioni prioritarie per le aziende che vogliono essere pioniere della transizione circolare nel settore moda:

  • Implementare i principi di eco-design e loro misurazione tramite KPI
  • Sviluppare uno standard comune di tracciabilità e trasparenza per claim di sostenibilità affidabili in funzione anti-greenwashing
  • Fare scale-up della circolarità attraverso l’innovazione tecnologica per accelerare la transizione
  • Fare scale-up dell’innovazione attraverso la collaborazione

Nei prossimi mesi e anni verranno esplorate nuove catene del valore per coprire passo dopo passo tutte le catene del valore del settore Tessile, Abbigliamento, Pelle e Calzature.

Le aziende possono essere invitate a partecipare al Monitor for Circular Fashion, se soddisfano i seguenti criteri:

  • sistema di rendicontazione della sostenibilità allineato ad uno standard nazionale o internazionale;
  • disponibilità di governance per la gestione della sostenibilità;
  • allineamento agli obiettivi dell’Agenda 2030 con misurazioni periodiche.

 

 

 

RINNOVABILI DIMEZZATE: ITALIA IN RITARDO SUL CRONOPROGRAMMA DELL’UNIONE EUROPEA

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L’obiettivo finale è quello di 70 gigawatt, in media 7 all’anno, entro dieci anni: 50 da solare e 20 da eolico. Il 40% del consumo finale di energia elettrica, in base al “Green Deal” europeo, dovrà arrivare da fonti rinnovabili. Ma l’Italia, nonostante l’emergenza energetica provocata dalla guerra Russia-Ucraina e dall’aumento dei prezzi di gas e petrolio, è in grave ritardo su questo cronoprogramma.

impianti-fotovoltaici

 In una documentata inchiesta di Virginia Della Sala e Leonardo Bison pubblicata recentemente sul Fatto Quotidiano, nel 2022 sono stati autorizzati finora impianti per 2,5 Gw ed entro l’anno arriveremo al massimo a 3,5, appena la metà di quelli previsti. La potenza totale di quelli per cui è stata presentata istanza di Via (Valutazione di impatto ambientale) sarebbe di 19 Gw: di questi, 4,2 Gw riguardano il fotovoltaico; 11,2 l’agrivoltaico; 3,5 l’eolico a terra e 0,3 quello offshore. Secondo l’Anie, la federazione delle imprese elettrotecniche ed elettroniche, in questo settore potrebbero essere liberati investimenti per 20 miliardi di euro, con una produzione annua di 30 terawattora, pari a circa il 10% del fabbisogno elettrico nazionale. Ma la transizione energetica procede a rilento e le rinnovabili sono praticamente “dimezzate”. Vediamo perché con l’ausilio dell’inchiesta già citata sopra.

Le cause di questo ritardo sono molteplici e, per molti versi, annose. Leggi che mancano o sono insufficienti, a livello nazionale o regionale; conflitti di competenza fra il ministero della Transizione energetica e quello dei Beni culturali, a cui spettano le autorizzazioni paesaggistiche attraverso le varie Sovrintendenze; carenza di personale della Pubblica amministrazione; progetti spesso incompleti o malfatti; scarsità di materie prime e aumento vertiginoso dei prezzi.

Secondo un report dell’Anie, nel primo semestre del 2022 sono stati costruiti impianti per 1,2 gigawatt: +168% rispetto allo stesso periodo del 2021. Si tratta, come scrivono i due giornalisti del Fatto, di “un grosso miglioramento se si tiene conto che fino all’anno scorso non si raggiungeva neanche un giga (800-900 megawatt)”. Ma siano ancora lontani dall’obiettivo dei 7 Gw all’anno: l’ultima asta del Gse (Gestore servizi elettrici) per l’assegnazione degli incentivi, per esempio, ne ha assegnati solo il 18%.

La nuova potenza installata riguarda prevalentemente il fotovoltaico con circa un gigawatt di potenza; mentre l’eolico, pur crescendo tanto a livello percentuale di anno in anno, si ferma a 123 megawatt. Il solare corre in Basilicata (+611%), Sicilia (+599%), Sardegna (+1.180%) e Valle d’Aosta (+2.305%). L’incremento di potenza installata è stato maggiore su impianti piccoli (sotto il megawatt): in quelli di taglia superiore, come si legge nell’inchiesta, “si registra un incremento del 467% (da 66 a 375 MW), frutto però dell’andamento a singhiozzo di tale segmento di mercato determinato, in taluni casi, da iter autorizzativi prolungati e, nella maggioranza dei casi, dall’opposizione delle Soprintendenze”.

7 – Parco eolico (SARDEGNA)

TEMPI LUNGHI – Oltre a essere approvate dalla Commissione Pnrr-Pniec, le opere devono ricevere il beneplacito anche del ministero della Cultura e, in caso di diniego e di parere contrapposti, il via libera della presidenza del Consiglio. “Questi passaggi – osservano i due giornalisti – allungano i tempi di diversi mesi, tanto più che le decisioni dei ministeri di Transizione e Cultura sono spesso in contrasto”. Quest’anno è stato approvato da Palazzo Chigi un progetto di 32 impianti (1,6 gigawatt) per i quali il MiC era contrario.

SOPRINTENDENZE – In questa materia, spesso si mettono sotto accusa gli uffici territoriali del ministero della Cultura: Soprintendenze Archeologia, Belle Arti e Paesaggio. Ma, a quanto pare, i dinieghi per ragioni paesaggistiche o archeologiche sarebbero poche decine, anche se in realtà il calcolo andrebbe fatto sulla potenza da installare. Le procedure sono spesso unificate, i poteri di veto del MiC sono limitati alle aree vincolate e il sistema del silenzio-assenso, ampliato nel 2021, costringe le Soprintendenze ad accelerare le pratiche e fornire una risposta entro 45 giorni: se la pratica non viene evasa, scatta l’autorizzazione.

PERSONALE – I funzionari del MiC lamentano poi di dover gestire fino a 5mila pratiche a testa l’anno. E la creazione della Soprintendenza Speciale per il Pnrr (che prende in prestito da uffici preesistenti) non pare aver migliorato la situazione. Altro tema rilevato dal MiC è la qualità dei progetti. Mancando una pianificazione di dettaglio delle rinnovabili e della loro distribuzione, le imprese tendono a investire su terreni lontani dalle città, con costo al metro quadrato più basso, dove è più semplice collegarsi alle reti di approvvigionamento e distribuzione preesistenti.

PROVVEDIMENTI – Nei soli primi sei mesi di quest’anno, per 30 su 39 provvedimenti attuativi previsti dai decreti legislativi di recepimento delle direttive Ue su fonti rinnovabili e mercato elettrico erano scaduti i termini di attuazione. Ancora oggi manca il decreto attuativo sulle “comunità energetiche”, che deve entrare nel merito dei meccanismi di incentivazione per gli impianti a fonti rinnovabili di autoconsumo collettivo o in comunità energetiche rinnovabili di potenza non superiore al MW. La legge c’è ed è considerata ottima, ma intanto si ricorre al regime transitorio della normativa del 2019 che prevede un massimo di 200 kW. E ciò che forse e ancora più grave: manca il decreto sulle “aree idonee” e non idonee agli impianti rinnovabili, che sarebbe dovuto arrivare entro fine giugno. Di conseguenza, mancano le leggi regionali per individuare queste aree (da trovare entro dicembre 2022).

Modern green city powered by renewable energy. Hulhumale - Maldives, Aerial view .

CONDOMINI – I pannelli solari sul tetto delle case – la cui installazione è stata semplificata nell’ultimo anno, equiparandola a manutenzione ordinaria per impianti fino a 200kW – devono spesso superare l’ostruzionismo dei condomini o dei vicini e i limiti di un investimento destinato ad avere ritorni nel giro di qualche anno. Un esempio si tutti: si può installarli sulla propria porzione di tetto, ma serve comunque l’ok di tutti i condomini, come per l’installazione di un pannello su un terrazzo privato di proprietà.

MATERIE PRIME – Da ultimo, lo shortage, vale a dire la carenza di materiale, in particolare per il fotovoltaico. Spiegano ancora i giornalisti del Fatto: “Iniziato con la pandemia a causa dei problemi con l’export e delle difficoltà nella produzione ed estrazione delle materie prime, è proseguito in parallelo ed è stato acuito dall’aumento della domanda e dei prezzi”. E così anche l’industria del fotovoltaico, come quella automobilistica, risente della scarsità di materie prime, soprattutto nella produzione di semiconduttori, componenti di rete e chip.

 

 

 

MOBILITA’ ELETTRICA, ENEL X WAY INSTALLA 210 “COLONNINE” NEI PARCHEGGI DI MEDIASET

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La mobilità elettrica avanza anche nel mondo della televisione. Enel X Way ha realizzato una rete di ricarica presso la sede centrale di Mediaset a Cologno Monzese, accompagnando l’azienda nel processo di passaggio all’elettrico della flotta aziendale. Le stazioni installate da Enel X Way, la società del Gruppo Enel dedicata alla mobilità elettrica, sono 210 e servono per alimentare altrettanti parcheggi dell’Headquarter di Mediaset, con un mix tecnologico composto dalle JuiceBox, infrastrutture di ricarica domestiche da 22 kW e le JuicePump, stazioni fast con una potenza fino a 60 kW. In Francia, intanto, una nuova legge dispone che tutti i grandi parcheggi da 80 a 400 posti siano coperti da pannelli solari (nella foto principale).

“Per ridurre l’impatto ambientale dei trasporti è necessario coinvolgere tutti a partire dalle grandi aziende del Paese, supportandole nel percorso di transizione verso la mobilità elettrica”, dichiara Federico Caleno, Responsabile Enel X Way Italia. E aggiunge: “La collaborazione con Mediaset rispetta a pieno questa strategia perché grazie alle nostre soluzioni avanzate per la ricarica dei veicoli elettrici consentiamo a un partner di assoluto rilievo di accelerare il processo di elettrificazione della flotta, rafforzando il nostro impegno per la crescita della mobilità sostenibile in tutto il Paese”.

MI-EnelXWay-Milano-51

Con la creazione di questo hub di ricarica, Enel X Way ha attivato il sistema di Load Optimization, una soluzione software che permette di gestire in modo intelligente le ricariche erogate da un numero così ampio di infrastrutture, evitando condizioni di sovraccarico della rete. L’infrastrutturazione è stata pianificata e realizzata garantendo la possibilità in futuro di ampliare il parco di ricarica in modo facile e veloce.