Sono 57 le opere pubbliche sbloccate dal DEF (Documento di economia e finanza), approvato dal Consiglio dei ministri per un valore di circa 83 miliardi di euro, di cui 33 già finanziati. Gli altri verranno integrati con i finanziamenti del Next Generation Ue. Ora, dopo l’allarme lanciato recentemente dall’ANCE (Associazione costruttori edili) e ripreso da Amate Sponde, è arrivato da Palazzo Chigi il “via libera” per 14 opere stradali (costo di circa 10,9 miliardi) e per 16 lavori sulla rete ferroviaria (46,2 miliardi), più altri interventi minori. Un investimento che dovrebbe portare 100mila nuovi posti di lavoro.
Saranno i 29 commissari governativi, in forza degli ampi poteri loro assegnati, a sovrintendere sull’esecuzione di queste opere: alcuni di loro ricopriranno più incarichi. Oltre a essere dotati delle risorse necessarie, potranno adottare ogni decisione che riterranno opportuna, anche rielaborando i progetti originari, assumendo direttamente la funzione di stazione appaltante e derogando alla legge sui contratti pubblici. Ottenuto l’ok dalle Regioni territorialmente competenti, i commissari governativi avranno anche la facoltà di fare a meno di ogni autorizzazione, parere, visto e nulla osta, con l’unica esclusione di quelli relativi ai beni tutelati.
Il piano di interventi stradali comprende, fra l’altro, il completamento della Statale 106 Jonica per 3 miliardi (nella foto principale); il nuovo collegamento trasversale tirrenico Grosseto-Fano E78 (1,92 miliardi); i lavori sulla Ragusa-Catania (754 milioni) e quelli tra Enna e Caltanisetta (990 milioni). In campo ferroviario, gli interventi più rilevanti riguardano l’alta velocità Brescia-Verona-Padova (8,6 miliardi); il potenziamento della Venezia-Trieste (1,8 miliardi) e le opere sulla Napoli-Bari (5,88 miliardi): nella foto qui sotto, il progetto di una stazione.
In attesa di un secondo elenco di opere da sbloccare, il governo sta mettendo a punto i progetti da inserire nel Recovery Plan per presentarli a Bruxelles entro il 30 aprile prossimo. Il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, ha parlato di circa 50 miliardi di investimenti, destinati in prevalenza al Sud. Questi serviranno anche a ridurre il gap fra le “due Italie”, promuovendo la crescita del Mezzogiorno e quindi la ripresa nazionale.
Sulla necessità di agire in fretta, siamo tutti d’accordo: la “manna dal cielo” dei fondi europei, in parte a fondo perduto e in parte in prestiti a lungo termine, è un’occasione storica e irripetibile per ammodernare l’Italia e anche per ridurre le distanze fra Nord e Sud. Ma, in base alle direttive di Bruxelles, tutto ciò deve avvenire nel rispetto dell’ambiente e della transizione ecologica. Quanto al pericolo di infiltrazioni mafiose nella gestione delle opere, spetterà alla magistratura sorvegliare sugli appalti oltreché sulle insidie del malaffare e della corruzione. Il caso esemplare del Ponte di Genova, ricostruito e riaperto in appena due anni su progetto dell’architetto Renzo Piano e in regime commissariale, rappresenta un modello di efficienza e trasparenza da seguire (foto sopra).