AFFARI DI FUOCO

AFFARI DI FUOCO

di Giovanni Valentini

“Occorre spazzare quella opaca area di interessi illeciti e criminali che punta ai finanziamenti”.

(da una nota del Wwf Sicilia sugli incendi boschivi – 13 agosto 2021)

 

Finché lo dice Matteo Salvini, pazienza. Ma fa specie sentire il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, fisico e accademico, parlare in tv di “piromani” a proposito degli incendi che stanno devastando il territorio di mezza Italia: dalla Sardegna alla Sicilia, dalla Campania alla Calabria e alla Puglia.

Non è semplicemente una questione semantica. Dietro l’uso improprio di quel termine, affiora una certa tendenza al fatalismo e alla rassegnazione, quasi che i roghi fossero una calamità naturale o un rituale estivo. In realtà, secondo il vocabolario Treccani, il piromane “è affetto dall’impulso ossessivo a provocare incendi”: insomma, un malato, un soggetto psicopatologico, incline ad appiccare il fuoco. E invece, i responsabili di questi misfatti contro la natura sono in genere delinquenti più o meno organizzati che spesso hanno l’obiettivo di bruciare la vegetazione per “liberare” i campi agricoli e renderli disponibili per impiantare magari i pannelli fotovoltaici o le pale eoliche.

È una sorta di contrappasso, dunque, che sia proprio la conversione energetica a innescare questi scempi, armando la mano di chi punta ad accaparrarsi i fondi europei destinati a sviluppare le fonti rinnovabili, per ridurre l’inquinamento atmosferico e contrastare il riscaldamento del pianeta. Altro che “piromani”, come dice Cingolani. Questo è un esercito di speculatori e incendiari che cerca di sfruttare le opportunità della transizione ecologica per concludere affari e malaffari.

Vero è che una “legge-quadro in materia di incendi boschivi”, la n. 353 del 2000, stabilisce che sui suoli investiti dal fuoco “è vietata per dieci anni la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive”. Ma, a distanza di vent’anni, non sarebbe superfluo introdurre un emendamento per specificare che fra queste “attività produttive” è compresa l’installazione di pannelli fotovoltaici e di pale eoliche, abolendo la deroga – per evitare equivoci o scappatoie ­- che consente la “costruzione di opere pubbliche necessarie alla salvaguardia della pubblica incolumità e dell’ambiente”. E soprattutto, sarebbe opportuno riorganizzare l’attività di sorveglianza e prevenzione, delegata alle Regioni, coordinando l’intervento del governo nazionale che in questo caso è stato inadeguato e tardivo.

Al ministro Cingolani bisogna dare atto, tuttavia, di aver menzionato anche l’emergenza climatica che ormai incombe su tutto il globo. A dispetto del “negazionismo ambientalista”, le temperature roventi di questa estate 2021 dimostrano che il pericolo minaccia la sopravvivenza del pianeta, il futuro e la salute dei nostri figli e nipoti. Siamo ancora in tempo per scongiurare l’apocalisse, ma la situazione tende a peggiorare di giorno in giorno.

Rincresce, perciò, che il ministro abbia assunto posizioni contrastanti con la prospettiva della transizione ecologica: le concessioni per le trivellazioni petrolifere, dall’Alto Adriatico al Mar di Sicilia; la richiesta di proroga all’Ue per l’applicazione della direttiva contro la plastica monouso; fino all’ipotesi da lui stesso ventilata della fusione nucleare e dei mini-reattori per usi domestici. Se è vero che entro il 2030 dobbiamo ridurre le emissioni di gas serra del 50% rispetto al 1990 e completare entro il 2050 la “decarbonizzazione”, allora occorre una svolta rapida e radicale. E’ necessario cioè adottare un nuovo modello di sviluppo economico-sociale, modificando i nostri comportamenti e i nostri consumi individuali e collettivi.

(dal Fatto Quotidiano del 14 agosto 2021)

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