Da Cerano (Brindisi) a Fusina (Venezia), da Civitavecchia a La Spezia. Inizia dalla Puglia la smobilitazione delle vecchie centrali elettriche a carbone, altamente inquinanti e dannose per il clima e per la salute dei cittadini. Quella di Brindisi 2 sarà chiusa – come ha annunciato Carlo Tamburi, amministratore delegato di Enel Italia Spa – ai primi di gennaio 2021. Per le altre tre, la società ha già chiesto le autorizzazioni al ministero per lo Sviluppo economico e, se arriveranno in tempo, anche questi impianti verranno fermati all’inizio del nuovo anno.
Con questa svolta, l’Enel avvia una riconversione dal carbone al gas nell’ottica di un’economia circolare, contro il cambiamento climatico e il riscaldamento del pianeta. Un piano in linea con la strategia del “Green New Deal” voluto dal governo e con l’orientamento dei maggiori Paesi europei: a cominciare da Germania e Francia che proprio nei giorni scorsi hanno siglato un patto per la produzione di idrogeno, investendo la prima 9 miliardi di euro e la seconda 7. La società partecipata dal ministero dell’Economia è orientata così a produrre sempre più energia pulita, ricavata da fonti rinnovabili come l’eolico e il fotovoltaico. Un progetto particolarmente importante riguarda la “decarbonizzazione” dell’ex Italsider di Taranto (nella foto), per alimentare con l’idrogeno la più grande acciaieria d’Europa e ridurre l’inquinamento che ha avvelenato la città pugliese e la sua popolazione.
Nei prossimi dieci anni, come ha anticipato lo stesso ad Tamburi, l’Enel prevede in particolare di aumentare di 10.000 megawatt la produzione di energia da pale eoliche. Mentre punta a “decuplicare la capacità produttiva dei pannelli fotovoltaici nel sito di Catania”. La transizione ecologica, insomma, comincia da quella energetica attraverso la trasformazione e il riutilizzo degli impianti esistenti.