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ABRUZZO, UN “TAGLIO” DI DIECIMILA ETTARI AL PARCO SIRENTE-VELINO

Nel nome della transizione ecologica, si possono commettere gli abusi e i peccati peggiori contro l’ambiente. Nei mesi scorsi, Amate Sponde aveva già segnalato la minaccia del cemento che incombe sul Parco nazionale d’Abruzzo, riprendendo una denuncia di Fulco Pratesi, fondatore del Wwf Italia. E ora arriva, come una scure, la decisione del Consiglio regionale a guida centrodestra che ha approvato – su proposta dell’assessore all’Ambiente, il leghista Emanuele Imprudente – un “taglio” di diecimila ettari che riduce l’estensione del Parco regionale Sirente Velino, sottraendogli quasi un quinto della sua superficie totale. Imprudente di nome e di fatto, l’assessore è arrivato a sostenere che l’intervento sarebbe necessario per favorire la “transizione ecologica” della regione, esaudendo le richieste e le esigenze dei piccoli comuni montani.

Ne ha dato notizia il giornalista Pasquale Ancona, in un servizio pubblicato sul fattoquotidiano.it. Il provvedimento è passato solo in forza della “clausola d’urgenza”, prevista dal Regolamento consiliare, per evitare così la discussione sui diecimila emendamenti presentati dai Cinquestelle. Un colpo di mano, insomma, che ha ignorato anche le proteste di 11 sigle ambientaliste: nei mesi scorsi, s’erano mobilitate per raccogliere 128mila firme – tra cui quelle di 50 intellettuali abruzzesi, tra cui la scrittrice Dacia Maraini – a un appello sulla piattaforma change.org che chiedeva alla giunta di “ritirare questa scellerata proposta e rilanciare il Parco, investendo energie e risorse su proposte concrete”.

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Il Sirente Velino è sotto gestione commissariale dal 2015, privo di un presidente, di un direttore generale e di adeguate risorse per la sua manutenzione e il suo rilancio. “Nel corso degli anni – si legge in una nota di Legambiente – abbiamo fatto delle richieste precise al Presidente della Regione Marco Marsilio, tutte mirate a un rilancio del Parco sul territorio: l’uscita dal commissariamento, le nomine delle figure apicali, l’approvazione del Piano di assetto naturalistico, il coinvolgimento dei giovani residenti nei Comuni del Parco, la dotazione finanziaria adeguata per il suo funzionamento, maggiori controlli e implementazione del profilo tecnico/scientifico”.

Ma ora, riferisce l’autore dello stesso articolo, le associazioni che si sono battute contro la riduzione dei confini – tra cui anche Wwf, Italia Nostra, Cai e Lipu – alzano bandiera bianca: “Da questa sciagurata legge non nascerà nulla di buono, ma solo distruzione e abbandono”. E spiegano che verranno “tenuti fuori dall’area protetta importanti corridoi faunistici per specie protette come l’Orso bruno marsicano (nella foto sotto), specie simbolo della nostra Regione, per la quale continuano a essere investite cospicue risorse sul territorio. È inaccettabile – sostengono – che la Regione Abruzzo, firmataria di protocolli a tutela di questa specie, continui a predicare bene e razzolare male”.

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Dichiara il consigliere pentastellato Giorgio Fedele: “L’amministrazione regionale ha deciso di strizzare l’occhio ai cacciatori e a chi ha la necessità di disboscare e di sfruttare le zone parco”. E aggiunge: “Il taglio non porterà alcunché di buono al parco. Sono state taciute alla cittadinanza tutte le sue ripercussioni economiche e sociali: gli agricoltori che subiscono i danni da fauna selvatica, per esempio, vedranno peggiorare la loro situazione”.

Raggiunto al telefono dal giornalista del fattoquotidiano.it, l’assessore Imprudente ha precisato innanzitutto che la riduzione non sarebbe di diecimila ettari, ma di 6.500. E poi sottolinea che sono stati gli stessi Comuni compresi nell’area tutelata a chiedere di riperimetrare i confini. A suo avviso, “cittadini e amministratori non si sentivano parte della comunità del parco, o lo vedevano soltanto come un ostacolo”.

Fatto che, fra minaccia del cemento e riduzione delle aree protette, quella che veniva considerata “la Regione verde d’Europa” rischia di perdere un pezzo del suo patrimonio naturale e ambientale. Ed essendo l’Abruzzo il “cuore” della Penisola, il caso da regionale è destinato a diventare nazionale. Quegli ettari di montagne e di boschi, infatti, non appartengono solo ai cittadini abruzzesi ma a tutti gli italiani.

 

 

 

 

 

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