Abbiamo appena celebrato la Giornata mondiale dell’acqua e ora il governo si appresta a varare un decreto per affrontare l’emergenza siccità. All’orizzonte, in vista della stagione estiva, già si profila il rischio del razionamento. Ed è una minaccia su scala planetaria che coinvolge due miliardi di persone in tutto il mondo.
Negli ultimi trent’anni – secondo le stime dell’Ispra, l’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale – l’Italia ha perso il 20% della sua disponibilità di acqua. La siccità che incombe sulla Penisola non è colpa soltanto dei cambiamenti climatici che, aumentando la temperatura su tutto il pianeta, riducono le precipitazioni atmosferiche o trasformano le piogge in “bombe d’acqua”, con effetti catastrofici sul territorio, sul dissesto idrogeologico e sull’agricoltura.
La responsabilità è anche nostra, di noi cittadini che usiamo questa preziosa risorsa in modo indiscriminato e spesso irresponsabile; ma ancor più delle nostre amministrazioni pubbliche che non si sono preoccupate abbastanza di mantenere in efficienza la rete di distribuzione e di realizzare o curare gli invasi. Il paradosso è che oggi si trova meno acqua al Nord e più al Sud: in particolare in una regione sitibonda come la Puglia, priva di rilievi montuosi e quindi di acqua propria, dove l’Acquedotto pugliese – un ex “carrozzone” di cui una volta si diceva “dà più da mangiare che da bere” – ha realizzato interventi strutturali che hanno praticamente eliminato le perdite.
Sprechi privati e sprechi pubblici, dunque. Una siccità causata dal clima e dall’incuria, che fa scendere il livello dei fiumi e dei laghi, prosciuga i bacini e addirittura costringe ad aprire le dighe per irrigare le campagne e tutelare la produzione agricola. Ne ha dato una documentata testimonianza personale il deputato dei Verdi, Angelo Bonelli, registrando e diffondendo via Twitter un video sulla grave situazione del fiume Adige (t.co/NSva0muYX0). Ma così è più o meno per tutti gli altri corsi d’acqua italiani, dal Po al Tevere, e di conseguenza per tutti i nostri laghi.
I numeri di questa emergenza nazionale sono impressionanti. Li riprendiamo da un’inchiesta a più firme apparsa su Repubblica: dal 42% di perdite dagli acquedotti ai 3 milioni di cittadini che rischiano il razionamento, da qui all’estate. In pratica, su 9,19 miliardi di metri cubi che corrono nelle nostre reti, soltanto 6 circa arrivano al rubinetto, con uno spreco di 157 litri al giorno per abitante. Potrebbero dissetare 43 milioni di persone. E il fatto è che l’Italia, per la sua conformazione orografica – caratterizzata da due grandi catene montuose come le Alpi e gli Appennini – e per la stessa natura del suolo, è ricca di acqua e di falde freatiche.
Ora il governo di Giorgia Meloni, insediato da cinque mesi, cerca di correre ai ripari per affrontare una crisi che obiettivamente non dipende da sue responsabilità. E prepara un decreto per l’emergenza idrica che era stato già annunciato dal precedente governo di Mario Draghi, ma è rimasto nei cassetti di Palazzo Chigi a causa delle elezioni.
Per saltare gli iter burocratici e accorciare i tempi degli interventi, la premier è orientata a nominare un super-commissario, con poteri esecutivi, sul modello di quanto è stato fatto per l’esecuzione del Pnrr: il Piano nazionale di ripresa e resilienza che prevede da parte dell’Unione europea uno stanziamento complessivo di 209 miliardi di euro, 82 a fondo perduto e il resto in prestiti europei a tassi agevolati, ottenuti a suo tempo dal governo giallorosso di Giuseppe Conte. Ma il vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, leader della Lega, non vuole perdere il controllo della “cabina di regia inter-ministeriale”, di cui fanno parte anche il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin; quello dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida; quello degli Affari regionali, Roberto Calderoli; quello della Protezione civile, Nello Musumeci; e quello degli Affari Ue, Raffaele Fitto. Si può già prevedere, perciò, che la gestione dell’operazione non sarà semplice. Tant’è che, a quanto si dice, potrebbe assumere proprio lui il mandato di commissario all’emergenza.
La siccità, però non aspetta. I fiumi e i laghi sono già a secco. Gli invasi vanno ripuliti al più presto. E prima dell’estate, bisogna evitare a tutti i costi un razionamento che minaccia di danneggiare in primo luogo i cittadini e poi l’industria del turismo, con tutto il suo indotto.