Quanto guadagna e quanto può guadagnare l’Italia, deposito del più grande patrimonio di beni culturali al mondo, dallo sfruttamento di questo inestimabile “tesoro”? La domanda se la pone Antonio Leo Tarasco, presidente della Società italiana per l’ingegneria culturale, in un articolo pubblicato sul Mattino di Napoli. E lui stesso fornisce, dati alla mano, una serie di risposte più che interessanti (nella foto principale, gli Uffizi di Firenze, il museo più visitato con 1.721.637 ingressi).
“Nel 2019 – scrive Tarasco – lo Stato italiano ha incassato, al lordo, 320,6 milioni da tutti i 466 musei a pagamento (al netto, la cifra si riduce a 219,4 milioni)”. E aggiunge: “Di tali ricavi, i canoni concessori rappresentano poco più di 4 milioni, cioè l’1,23%”. Una piccola rendita, insomma, rispetto a questo immenso “capitale” culturale. Come avviene, peraltro, in altri campi del demanio pubblico, a cominciare dalle concessioni balneari, appena prorogate di un altro anno dal governo su richiesta di Forza Italia: sono circa 30mila e fruttano allo Stato appena 100 milioni l’anno (nella foto sotto).
Tornando ai musei e ai beni culturali, che cosa accade all’estero? Nell’articolo già citato, l’autore fa l’esempio della Gran Bretagna: solo 15 musei a ingresso gratuito fruttano allo Stato inglese ben 315 milioni e 511mila sterline. Sono i cosiddetti self generated income, cioè i ricavi autonomi che non derivano da trasferimenti governativi. E ben 47 milioni 759mila sterline provengono dalle attività commerciali, incluse le riproduzioni di immagini.
“Come hanno fatto solo 15 musei, a ingresso gratuito, a produrre tanta ricchezza?”, si domanda il presidente della Società italiana per l’ingegneria culturale. La risposta è semplice: “Accesso gratuito alla (sole) collezioni permanenti, ma tutto il resto è gestito come un’azienda, nonostante la connotazione non profit dei trust e delle foundation che gestiscono quei musei”. È chiaro ed evidente che il confronto a distanza fra Italia e Gran Bretagna non depone a favore del nostro Paese: tanto più che la Penisola è molto più dotata del Regno Unito.
E allora, quanto potrebbe ricavare lo Stato italiano da una gestione più moderna ed efficiente dei beni culturali? (nella foto sopra, il Colosseo a Roma). Applicando un indice di redditività del 5,5%, calcolato in base alla media delle nostre aziende pubbliche, lo Stato – senza calcolare gli enti locali – “potrebbe ricavare non meno di 13,5 miliardi di euro all’anno”, contro i 320,6 milioni che incassa oggi al loro. Una differenza, dunque, di oltre 13.000.000.000,00 di euro!
È ovvio, come osserva lo stesso autore dell’articolo, che per ottenere questo risultato “andrebbe completamente capovolta l’impostazione organizzativa, anche attraverso la creazione di strutture specializzate nella sola gestione profittevole del patrimonio culturale”. Il che implica un’attività di marketing, per l’utilizzazione e lo sfruttamento commerciale di questo immenso deposito nazionale. “Modernizzare i musei italiani – conclude Tarasco – significa (anche) adeguarli agli standard di redditività di alcuni grandi Paesi occidentali”. Vale a dire valorizzare un patrimonio che appartiene a tutti i cittadini e che può rendere molto di più in termini economici e occupazionali.