A quasi cinquecento anni dalla Battaglia di Pavia (1525), l’Aspen Institute Italia ha promosso presso l’Università locale una Conferenza internazionale sul futuro della difesa europea, con la collaborazione di Intesa Sanpaolo e il contributo della Fondazione Banca del Monte di Lombardia e Leonardo. Vi hanno partecipato esponenti politici, diplomatici e militari, alla presenza del presidente dell’Istituto, Giulio Tremonti. (Nella foto principale, i sette “Arazzi della battaglia di Pavia”, lavorati nelle Fiandre alla fine del primo trentennio del 1500, oggi conservati nel Museo di Capodimonte, a Napoli).
Al centro del dibattito la difesa comune europea, in una prospettiva di mantenimento dei valori di pace e sicurezza del continente, in un tempo di ricerca di nuovi equilibri mondiali, di accelerazione tecnologica e delle strategie politiche e militari conseguenti. Per la difesa gli Stati Uniti spendono circa 800 miliardi di dollari l’anno, la Cina è stimata tra i 190 e i 290 miliardi e l’Europa tra 250 e i 350 miliardi, a seconda che si includano Regno Unito e Turchia. L’Europa deve essere sempre più un produttore e fornitore di sicurezza e meno un suo semplice beneficiario. L’incremento degli investimenti dovrà essere destinato allo sviluppo e all’acquisto di sistemi di difesa innovativi, e quindi sostenuto nel tempo e non una semplice risposta di breve periodo a una minaccia contingente.
L’Aspen Institute Italia ha avviato un Progetto pluriennale (dal 2022 al 2025) per valorizzare, attraverso incontri che sollecitino riflessioni e proposte, le rilevanti analogie fra la battaglia di Pavia e le attuali sfide in campo internazionale. Quella fu, infatti, la prima grande battaglia europea, per la composizione degli eserciti e per la scala geopolitica degli obiettivi e delle operazioni.
Allo stesso tempo, la battaglia di Pavia fu anche rivoluzionaria, nella sua dimensione tecnologiche, in quanto vide l’avvento dell’arma da fuoco usata, per la prima volta, in modo risolutivo sul campo di battaglia, senza dimenticare gli aspetti politico-sociali, con il popolo che sconfiggeva la nobiltà. Non stupisce perciò che quell’evento abbia avuto ripercussioni importanti nei decenni e secoli successivi, contribuendo a segnare un’epoca caratterizzata già da altre importanti rotture: dalla caduta di Costantinopoli alla scoperta dell’America, dalla riforma protestante all’inizio di quella piccola era glaciale che avrebbe accompagnato l’umanità fino a metà Ottocento.
Nel suo intervento introduttivo, Stefano Lucchini, Chief Institutional Affairs and External Communication Officer di Intesa Sanpaolo (nella foto sopra), ha osservato che “la riflessione promossa da Aspen Institute sul cinquecentesimo anniversario della battaglia di Pavia va dritta al cuore dei complessi problemi della nostra epoca e dei cambiamenti strutturali negli equilibri mondiali che sono in corso”. A suo avviso, il nodo della questione è “in quale misura la tecnologia possa influenzare la struttura politica di riferimento e la sicurezza internazionale, tema che si sviluppa sul terreno della cooperazione, della nuova difesa europea e dello sviluppo industriale”.
A proposito di nuove tecnologie, Lucchini ha voluto ricordare un episodio relativo alla battaglia di Pavia: “Se non fosse morto, sarebbe ancora in vita”, così nel 1525 fu detto per Jacques de La Palice, il nobile cavaliere francese caduto in quella battaglia per un colpo di archibugio sparato da un oscuro fante segnò la fine di un’epoca: la fine dell’arma bianca, battuta dall’arma da fuoco. Oggi siamo davanti a nuove innovazioni, e purtroppo a nuove guerre”.
Lucchini ha poi concluso il suo intervento d’apertura con questa riflessione: “Inevitabilmente la nostra comprensione è parziale. E se, come accade oggi per la battaglia di Pavia, potessimo leggere quello che tra cinquecento anni gli storici scriveranno della nostra epoca, probabilmente resteremmo sorpresi delle categorie che userebbero, delle chiavi di lettura a noi probabilmente non note, in quanto noi non abbiamo il distacco dalla storia che viviamo”.