Dopo quasi trent’anni, e 76 tentativi andati a vuoti, è finalmente in dirittura d’arrivo la legge sulla rigenerazioni urbana. Quella cioè che dovrebbe consentire alle nostre città di diventare più moderne ed efficienti. L’ha assicurato il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile, Enrico Giovannini, intervenendo al convegno dell’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) a Parma, ultima apparizione del suo presidente Gabriele Buia che ha lasciato l’incarico.
E’ dal 1942 che si attende la riforma della legge urbanistica, per dare vita finalmente alle “città del futuro”, in sintonia con la transizione ecologica ed energetica. Ma finora i tentativi erano falliti a causa delle lentezze e delle pastoie burocratiche, oltreché dei ritardi e dei dissensi della politica. Questa sembra, però, la volta buona per rigenerare i nostri centri urbani, attingendo ai 48 miliardi di euro per le città e i territori messi a disposizione dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) con i fondi europei.
Il nostro sito Amate Sponde s’era già occupato in passato di questo tema (https://www.amatesponde.it/un-tesoro-di-citta/), riprendendo un libro dell’ex ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi (governo Prodi) scritto insieme a Bruno Placidi e intitolato Rigenerare il Bel Paese (Rubettino). Su un valore complessivo di 292 miliardi del patrimonio immobiliare pubblico, gli edifici dismessi e abbandonati valgono dai 12 ai 15 miliardi di euro. E potrebbero essere utilizzati, ristrutturandoli e cambiandone la destinazione d’uso, per favorire la rigenerazione urbana.
“In Italia esiste un enorme patrimonio dismesso, quasi del tutto sconosciuto e abbandonato”, denunciano i due autori del libro. E perciò invitano “a pensare la città in modo nuovo, non più legato all’espansione urbana, all’ulteriore consumo di suolo e all’edificazione aggiuntiva, ma rivolto alla città esistente e, in particolare, alla rimessa in gioco del patrimonio di aree e manufatti che sono stati progressivamente dismessi”. L’obiettivo è quello di farlo “diventare in parte o del tutto qualcosa di diverso da quello che era prima: un’attività, una funzione, una fruizione originale rispetto al preesistente”.
Da parte sua, l’Ance ha elaborato una sorta di decalogo che riassume le proposte dei costruttori edili per procedere in questo senso:
1.Definizione di rigenerazione urbana e dichiarazione di interesse pubblico degli interventi
- Governance per la nuova politica urbana nazionale e partecipazione dei cittadini
- Contenimento del consumo di suolo
- Nuova perequazione per la città contemporanea
- Nuova disciplina degli standard urbanistici
- Contributo di costruzione
- Modifiche alle destinazioni d’uso, incentivi e semplificazioni
- Centri e nuclei storici
- Fiscalità immobiliare e coinvolgimento del risparmio privato
- Semplificazione per gli interventi di riqualificazione energetica e miglioramento sismico degli edifici esistenti.
(Il testo integrale del Decalogo si può consultare su: ance.it/decalogo-per-una-vera-rigenerazione/)
Sui 48 miliardi destinati dal Pnrr alle città e ai territori, 9,1 sono dedicati alla rigenerazione urbana. Più in dettaglio: 3,3 per il programma di rigenerazione, 3 per i piani urbani integrati, 2,8 per il programma innovativo nazionale per la qualità dell’ambiente (PinQua).
Al di fuori della rigenerazione, 12,7 miliardi vanno a università scuole e asili; 2,7 alla cultura; 4,7 per inclusione e sanità; 7 per la mobilità sostenibile e 12 per le infrastrutture urbane.