Mentre il prezzo del gas aumenta di giorno in giorno, e s’invoca il ricorso al nucleare più o meno verde o pulito, lo sviluppo dell’energia eolica in Italia rallenta o ritarda. Da nord a sud, dalla Toscana alla Sicilia, l’installazione delle “pale” che potrebbero ridurre il nostro fabbisogno energetico e la nostra dipendenza dall’estero viene ostacolata o addirittura fermata da un groviglio di motivi burocratici, amministrativi, giuridici. Nei mesi scorsi, Amate Sponde ne aveva già riferito in diversi articoli pubblicati sul nostro sito e ancora consultabili nelle pagine del nostro “Archivio”: “Stop alle energie verdi: la burocrazia blocca 200 parchi eolici”, avevamo scritto alcune settimane fa. Ma ora, di fronte alla crisi energetica aggravata da quella ormai si può chiamare guerra Russia-Ucraina, la questione diventa sempre più urgente e vitale: tanto da richiedere un intervento del governo per risolverla con provvedimenti immediati su scala nazionale.
“Il vento c’è”, ha scritto su Twitter l’ex senatore Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club: “Ieri 2.667 GWh in Europa (quasi 1 kWh su 3) e 146 GWh in Italia (1 su 5) di eolico”. E ha aggiunto polemicamente: “Ce le fate fare le pale per trasformarne di più in energia elettrica?”, Forse non sarebbe una cattiva idea se qualcuno si preoccupasse di diffondere quotidianamente questi dati, insieme alle previsioni meteorologiche.
Se è vero che entro il 2030 dobbiamo ridurre le emissioni di gas serra del 55% rispetto al 1990 e completare da “decarbonizzazione” entro il 2050, come prevedono gli obiettivi e gli impegni che abbiamo assunto a livello europeo, allora il fermo delle pale va superato e risolto al più presto possibile. Tanto più che la transizione energetica è uno dei pilastri fondamentali su cui si basa il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR): sui 222 miliardi di euro complessivamente stanziati, una settantina sono destinati proprio a questo scopo.
I conti sono presto fatti. Nei prossimi otto anni, dovremmo installare una quantità di impianti eolici e fotovoltaici corrispondenti a circa 70 gigawatt verdi, cioè circa 8,75 gigawatt all’anno. E invece, oggi ne installiamo appena 0,8 all’anno. Eppure, sotto la spinta degli ambientalisti, negli ultimi anni la nostra produzione di energia elettrica da fonti alternative è triplicata: il 60% arriva dalle centrali termoelettriche (gas e carbone) e il 40% dalle rinnovabili. Ma ora la nostra capacità dovrebbe più che raddoppiare per rispettare i “target” dell’Unione europea.
Due casi esemplari documentano la situazione italiana. Il primo riguarda la Toscana ed è stata raccontato recentemente dal Fatto Quotidiano. Un progetto per l’impianto di sette pale eoliche sul crinale del Mugello, autorizzato dalla giunta regionale il 7 febbraio scorso per soddisfare il fabbisogno di energie di circa centomila persone, è stato bloccato ora dalla Sovrintendenza di Firenze. La strada progettata per raggiungere il luogo destinato a ospitare le turbine ha una pendenza fino al 28% e sacrificherebbe parte dei boschi di un “corridoio ecologico” legato alla biodiversità, come denunciano una cinquantina di associazioni territoriali annunciando un ricorso al Tribunale amministrativo. Da qui, lo stop alla realizzazione dell’opera.
Non c’è dunque solo la burocrazia, con un iter autorizzativo durato tre anni, a fermare le opere. C’è anche un conflitto di competenza fra enti pubblici e fra le norme che regolano la materia. Ecco perché la patata bollente passa nelle mani del governo centrale che deve dirimere la “querelle”.
L’altro caso riguarda la Sicilia. E attiene sia all’eolico sia al metano. “Nei mari di Sicilia raddoppia il gas, ma si bloccano le pale eoliche”, ha titolato nei giorni scorsi la Repubblica. Il fatto è che, mentre aumentano i giacimenti al largo per aumentare la quota di metano “nazionale”, la Regione stoppa le rinnovabili off shore per non danneggiare i tesori archeologici nascosti nelle profondità marine. “I paradossi siciliani”, ha commentato Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club: “Sì alle estrazioni di gas, no all’eolico a 60 chilometri dalle coste”.
Qui Legambiente, Wwf e Greenpeace tifano per il parco eolico nelle acque delle isole Egadi. Contro il progetto sono schierati invece i Comuni della zona costiera, guidati dal sindaco di Trapani Giacomo Tranchida e da quello di Favignana, Francesco Forgione, ex presidente della Commissione parlamentare Antimafia. Entrambi preoccupati, insieme ai loro concittadini, che le turbine a vento possano deturpare il paesaggio marino e quindi danneggiare il turismo.
Fra trivelle e pale eoliche, insomma, la disputa minaccia di ostacolare la transizione energetica dell’Italia verso le rinnovabili. Ma, a questo punto, solo il governo centrale potrà risolverla con norme e disposizioni che valgano per tutto il territorio nazionale. L’Italia ha bisogno di più energia. E magari più pulita-