Il tradizionale ramoscello d’ulivo, simbolo per antonomasia di pace e di fratellanza, rischia di diventare quest’anno l’emblema della grave emergenza ambientale e paesaggistica che ha colpito la Puglia. L’epidemia di Xylella, il batterio-killer che ha già aggredito milioni di piante, non accenna a fermarsi. E la “peste degli ulivi”, com’è stata ribattezzata, potrebbe estendersi in un prossimo futuro dal Salento ad altre regioni italiane.
Ora il Tar di Lecce ha bloccato con un provvedimento cautelare l’eradicazione di un centinaio di alberi ammalati, disposta su scala regionale dall’Unione europea, nel terreno di proprietà di due avvocati locali. Ma la politica degli abbattimenti, per quanto giustificata dalla necessità di circoscrivere il contagio, minaccia di compromettere evidentemente la fisionomia del paesaggio, dell’agricoltura e dell’economia pugliese. Da qui, proviene infatti la quota maggiore (37%) della produzione nazionale di olio d’oliva extra-vergine, un ingrediente fondamentale della nostra alimentazione e della cosiddetta “dieta mediterranea”.
A quanto pare, come hanno sostenuto i due legali nel loro ricorso al Tribunale, si conosceva l’esistenza della Xylella fin dal 2008. E paradossalmente la Regione Puglia, che pure è stata la prima ad approvare un Piano paesaggistico, ne sarebbe stata consapevole dal 2013. Bisognerà accertare, quindi, anche eventuali responsabilità a livello amministrativo: tanto più che, oltre alla produzione agricola, potrebbe risentirne perfino il turismo.
Ma, anche al di là dei confini pugliesi, la “peste degli ulivi” rappresenta un’emergenza sul piano nazionale e internazionale. E assume perciò una dimensione storica e culturale. In un articolo intitolato “Ma se muore il nostro ulivo muore in Mediterraneo”, pubblicato recentemente sulla Gazzetta del Mezzogiorno, lo scrittore Raffaele Nigro ha ricordato che “l’olivo è l’albero della vita, in quanto lega l’aldiqua e l’aldilà, è l’unione della carne con lo spirito e dunque col Cristo”. E perciò “viene benedetto e scambiato tra i cristiani nella Domenica delle Palme, allorché Cristo entra in Gerusalemme per portare a compimento la sua missione”.
Una Pasqua senza ulivo, dunque, non sarebbe più una “festa di Resurrezione”, né per i credenti né per i non credenti. Né per i pugliesi né per gli altri italiani e per tutti gli europei. Quel ramoscello è il simbolo della pace per ogni popolo del Mediterraneo. E Dio solo sa – è proprio il caso di dirlo – quanto il Mare Nostrum abbia bisogno oggi di ritrovare la propria identità, il senso di un’appartenenza comune e di un comune destino.