È stato Antonio Decaro, presidente dell’Associazione Comuni italiani, a lanciare l’allarme intervenendo ad Agorà Extra su Rai Tre: “Noi abbiamo la certezza che non riusciremo a spendere tutto entro il 2026 con queste procedure”. E parlando a nome dei suoi colleghi, il sindaco di Bari ha aggiunto: “Servono semplificazioni ulteriori, è inutile prenderci in giro”.
Parliamo qui dei 28 miliardi di euro che i Comuni dovrebbero utilizzare nei prossimi tre o quattro anni, sui 229 stanziati complessivamente a favore dell’Italia dal Recovery Plan europeo che rischia ora di diventare un Recovery Flop. Questo è il valore dei progetti da realizzare nelle prossime settimane su scala locale: 10,8 in due mesi, 15,4 in attuazione e altri 2 in via di attivazione.
Gli interventi previsti nella prima tranche vanno dall’edilizia scolastica al potenziamento del tempo pieno, dalle mense all’alle attività sportive negli asili nido e nella scuola primaria, fino all’economia circolare. Ammontano a 15,4 quelli che hanno appena trovato i decreti di riparto dei fondi, come per la rigenerazione urbana, oppure li attendono a breve come le risorse per la mobilità urbana. Per gli altri due, infine, sono arrivate finora 1.400 domande per 1,6 miliardi sui 2,1 disponibili, ma si cerca di far crescere ancora il numero dei progetti.
L’intervento del presidente Anci si basa sul censimento redatto dall’associazione e presentato alla Camera dei Deputati. Il progetto più consistente riguarda proprio la rigenerazione urbana, per un totale di 3,3 miliardi (affidamento lavori 20 settembre 2023). Seguono i piani urbani integrati delle Città metropolitane, per 2,930 miliardi (17 marzo). E poi, con un cronoprogramma da rimodulare, i progetti per la cosiddetta “Qualità dell’abitare” (2,8 miliardi).
Si tratta, come si vede già da queste tre “voci”, di interventi che possono incidere direttamente sul territorio, migliorando la vita delle nostre città e dei loro abitanti. Altri progetti riguardano la riqualificazione edilizia scolastica, per 3,9 miliardi (22 febbraio); gli impianti per la gestione dei rifiuti (1,2 miliardi); i parchi e i giardini storici (300 milioni) e le “isole verdi” (200 milioni).
Le difficoltà di attuazione dipendono essenzialmente dal fatto che i Comuni italiani, indeboliti dal blocco delle assunzioni che in un decennio hanno ridotto del 19% il numero dei dipendenti, non dispongono attualmente di figure tecniche e amministrative per predisporre i progetti. Tant’è che ora l’ultima circolare sulla semplificazione, sollecitata dai sindaci, consente di caricare sui costi di realizzazione le spese per il personale strettamente necessarie. Ma è una corsa contro il tempo, perché – come si sa- l’erogazione dei fondi europei è subordinata allo “stato di avanzamento lavori”.
Fino alla scadenza ultima del 2026, c’è modo di recuperare. “Ma è in queste settimane – avverte Gianni Trovati sul Sole 24 Ore – che si giocano le tappe cruciali dei bandi e dei progetti su cui dovrà correre l’attuazione”. Ed è perciò che l’Anci suona l’allarme. A queste difficoltà, s’aggiunge lo scontro scoppiato fra Nord e Sud, come riferisce in tono preoccupati lo stesso quotidiano della Confindustria, con il sindaco di Milano Giuseppe Sala e il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana che di fatto contestano l’assegnazione del 40% dei fondi europei al Mezzogiorno.