Calcio, ambiente e beni culturali. Non è facile mettere insieme questi tre elementi, socialmente rilevanti per il territorio e per la popolazione. Eppure, l’interessamento della società sportiva Lazio per lo storico Stadio Flaminio di Roma apre una prospettiva stimolante per il recupero di un pezzo del patrimonio urbanistico della Capitale.
Confermato dallo stesso Comune di Roma, l’interesse del patròn Claudio Lotito (nella foto sotto) potrebbe diventare più che un’idea. A poca distanza da Ponte Milvio, lo stadio è chiuso ormai da oltre dieci anni e versa in stato di abbandono e di degrado. Eppure, si tratta di un “monumento” sportivo di grande pregio.
Progettato dall’architetto Antonio Nervi, con la collaborazione ingegneristico-strutturale di suo padre Pier Luigi; realizzato fra il 1958 e il 1958; inaugurato il 19 marzo del ’59, il Flaminio fu destinato a ospitare gli incontri di calcio alle Olimpiadi del 1960. Secondo stadio per capienza della Capitale, ma il più ampio tra quelli privi della pista d’atletica, già dagli anni Settanta fu utilizzato dalla Nazionale italiana di rugby e dalla società sportiva Rugby Roma.
Capace di ospitare inizialmente 40mila spettatori, poi ridotti a meno della metà per un adeguamento alle norme di sicurezza, oggi il Flaminio è fatiscente. Lo stadio crolla letteralmente a pezzi. Ed è un doppio danno: per lo sport e per il patrimonio urbanistico della Capitale.
Oltre a essere un impianto sportivo, in base al Codice dei beni culturali e del paesaggio dal 2004 il Flaminio infatti è anche un monumento d’interesse artistico e storico, sotto tutela dal 2008. Gli eredi di Pier Luigi Nervi, attraverso la Fondazione che porta il suo nome, detengono la proprietà intellettuale e i diritti morali sull’opera. E in forza di questi titoli, finora si sono espressi contro i vari piani di ristrutturazione presentati in passato dal Comune di Roma.
Nel 2013, la Federazione Giuoco Calcio – presieduta allora da Gianfranco Abete – propose al Campidoglio di risanare l’impianto a proprie spese e di prenderlo in gestione. Il progetto della Figc prevedeva un centro di allenamento e un museo, senza escludere di utilizzare il campo per le Nazionali giovanili di calcio Under 21. La trattativa fu portata avanti con convinzione dall’ex assessore allo Sport, Luca Pancalli, fino alla firma di una convenzione. Ma poi, in seguito all’avvicendamento al vertice della Federcalcio, la giunta di Carlo Tavecchio ha fatto saltare tutto.
Ora l’interessamento di Lotito per trasformare il Flaminio nello stadio della Lazio, mentre la Roma aspetta ancora il suo nuovo impianto e continua a giocare all’Olimpico, presuppone un progetto concreto e operativo, sia sul piano della ristrutturazione sia su quello dei costi. Il Comune di Roma vuole velocizzare l’iter: “Verificheremo se ci sono tutte le condizioni, poi la palla passerà alla Lazio che dovrà presentare un progetto con una proposta di partenariato ma essendoci al 99,9% l’interesse pubblico non vedo impedimenti”, spiega Angelo Diario, presidente della Commissione Sport del Campidoglio. E aggiunge: “Si tratterebbe di una concessione a lungo termine, per non meno di 30 anni, perché la proprietà resterebbe comunque comunale”.
Mentre i tifosi laziali si preparano già a “conquistare” uno stadio tutto biancoceleste, il Flaminio potrebbe tornare a nuova vita. Forse questa è l’ultima occasione per sottrarlo alla rovina. Sarebbe anche un delitto ambientale, ai danni del patrimonio storico e artistico che appartiene a tutti i cittadini. E non solo a quelli romani.