La Chiesa italiana scende in campo contro tutte le “Terre dei fuochi” e promuove un patto per tutelare l’ambiente, la salute e la vita nelle aree avvelenate del nostro Paese. Sono ben 78 le Diocesi inserite nei 42 Siti di interesse nazionale, molte delle quali hanno partecipato al Convegno virtuale con base ad Acerra, coinvolte nella campagna “Custodire le nostre terre. Salute, ambiente, lavoro”. Non solo più, dunque, in quella che da vent’anni a questa parte è stata definita la “Terra dei fuochi” in Campania, a cavallo fra le province di Napoli e Caserta (nella foto qui sotto una manifestazione di protesta), ma in tutte le zone inquinate dalle discariche abusive sparse sul territorio, dall’interramento dei rifiuti tossici e dei rifiuti speciali, dall’innesco dei roghi che diffondo diossina e altre sostanze nocive nell’atmosfera.
La notizia è stata pubblicata in prima pagina di Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, con un articolo intitolato “Italia contaminata, si muove la Chiesa” a firma di Antonio Maria Mira. È un atto di denuncia e anche d’impegno costruttivo. Nel documento finale, si legge che a causa di una mancata custodia “le nostre terre risultano contaminate da diversi fattori, con ampie conseguenze sulla salute, in particolare dei giovani e dei più poveri”. Da qui, appunto, “l’impegno a lavorare per favorire la conoscenza della Laudato Si’, aiutando le diocesi a educare alla salvaguardia del Creato, a offrire itinerari educativi e a motivare fino a far forma a uno stile di vita”, con la proposta concreta di costituire un coordinamento fra le 78 diocesi italiane proprio perché “la Terra dei fuochi non è un luogo circoscritto ma un fenomeno esteso all’intero Paese”.
Sottolinea il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei: “Può risultare riduttivo, quando non addirittura discriminante, parlare di ‘terra’ o di ‘terre dei fuochi’: perché dobbiamo piuttosto affermare con forza che siamo responsabile della custodia di tutte le terre”. Dall’arcivescovo di Taranto – la città martoriata dai “veleni” dell’ex Ilva ed ex Italsider (nella foto qui sotto) – Filippo Santoro, arriva un’accusa precisa: “Molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale si sono fermati di fronte al negazionismo dei potenti. Abbiamo pertanto il dovere di smuovere le coscienze e di invitare i cattolici e tutta l’opinione pubblica a prendere parte a un movimento globale”.
Il Convegno di Acerra, da cui parte questa mobilitazione della Chiesa contro l’inquinamento, avrà un seguito nell’edizione 2021 della Settimana sociale dei cattolici italiani, indetta proprio a Taranto dal 21 al 24 ottobre prossimo. Al centro di questo appuntamento, ci sarà il riconoscimento che “il cammino da percorrere è quello di una sostenibilità socio-ambientale nella prospettiva di una vera ecologia umana”. E il vescovo di Acerra, Antonio Di Donna, aggiunge: “Attraverso il coordinamento delle 78 diocesi, vogliamo raccogliere le buone pratiche esistenti verso una proposta pastorale più organica e un cammino sistematico”.
Nello stesso numero domenicale, a corredo di questo articolo, Avvenire pubblica tre ingrandimenti sui casi di Frosinone, Manfredonia e Vicenza. A Frosinone (Lazio), terra della Valle del Sacco che è uno dei 42 Sin, la diocesi ha già promosso iniziative per favorire l’installazione di pannelli fotovoltaici e l’impianto di una fattoria biologica, la raccolta dei rifiuti di apparecchi elettrici ed elettronici (Raee), la diffusione di detersivi ecologici, contribuendo così a creare nuovi posti di lavoro. Da Manfredonia (Puglia), dove il 26 settembre 1976 nello stabilimento petrolchimico che dava lavoro a 2mila persone esplose la torre dell’arsenico spandendo gas tossici, l’arcivescovo Franco Moscone denuncia che “l’area, inserita tra i 42 Sin, non è stata ancora bonificata”. E infine, a Vicenza la diocesi ha lanciato una campagna contro la diffusione degli acidi perfluoroacrilici nelle acque prodotti dalle industrie chimiche, con un filmato in cui varie madri spiegano che cosa sono questi Pfas e quali danni provocano alla salute dei loro figli.