Il Consiglio di Stato ha sfrattato definitivamente l’associazione vicina a Steve Bannon dalla Certosa di Trisulti, a cui Amate Sponde aveva dedicato già diversi articoli fin dal 2015 per denunciarne il degrado. Con questa decisione, i giudici di Palazzo Spada ribaltano la sentenza del Tar di Latina che nel maggio scorso aveva assegnato l’ex convento di Collepardo, in provincia di Frosinone, alla Dignitatis Humanae Institute, l’associazione ultra cattolica che fa capo all’ex braccio destro di Donald Trump.
“Il seguace di Bannon deve lasciare la splendida abbazia di Trisulti, che non diventerà a questo punto la Scuola dei sovranisti de noantri”, annuncia il segretario nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, che in questi anni ha sostenuto, con interrogazioni parlamentari e partecipando alle varie marce, la protesta delle comunità locali contro la decisione di affidare questo monumento nazionale all’associazione anglo-americana. E aggiunge: “Ora finalmente le comunità locali, le associazioni del territorio e lo Stato potranno valorizzare questo splendido tesoro del passato nell’interesse della collettività”.
Il primo ordine di sfratto era partito lo scorso ottobre dal Ministero dei Beni Culturali guidato da Dario Franceschini che aveva annullato l’assegnazione della gestione del monastero benedettino sulla base della mancanza di requisiti da parte della Dignitatis, diretta dall’inglese Benjamin Harnwell. La decisione è stata motivata dal fatto che l’atto di autotutela del Mibact è partito troppo tardi, oltre il limite dei 18 mesi dopo la concessione. Un vizio di forma che fatto vincere in primo grado la coppia Bannon-Harnwell. Ora, però, il Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione.
Due anni fa la Certosa di Trisulti fu affidata alla Dignitatis Humanae, roccaforte del pensiero sovranista americano di cui non si conoscono i finanziatori, presieduta all’epoca da Raymond Burke. Già al momento dell’assegnazione erano emerse le prime criticità, perché si era scoperto che la gara per la concessione era stata vinta grazie a un curriculum che poi si è rivelato quanto meno gonfiato, con alcune carte fondamentali falsificate. Nell’estate del 2019, il Mibact aveva inviato poi un’ispezione a sorpresa nel monastero, contestando tra l’altro la mancata manutenzione dell’abbazia. E poi, il 16 ottobre successivo, lo stesso ministero ha avviato la procedura per la revoca della concessione.
LA STORIA
Costruito nel 1202 per volere di Papa Innocenzo III, nei pressi di una precedente abbazia benedettina, il monastero è passato nel corso dei secoli dai Certosini alla Congregazione dei Cistercensi. Monumento nazionale dal 1873, nonostante gli interventi di ristrutturazione e di restauro, questo straordinario complesso medioevale ha rischiato di essere scoperchiato e di rimanere a cielo aperto.
A prima vista, incastonata nella fitta vegetazione dei Monti Ernici a 825 metri di altitudine, la Certosa appare in tutta la sua imponenza mistica e solitaria. E in realtà, con una superficie complessiva di circa 15mila metri quadri coperti, appare più un borgo che un convento. Ma all’interno degli edifici si potevano vedere in diversi punti i tetti pericolanti, in parte caduti sotto il peso della neve, sostenuti a malapena da assi e cavalletti: negli anni Settanta, i vecchi coppi di terracotta furono sostituiti da tegole meno resistenti e il ghiaccio le ha spaccate fino a provocare numerose infiltrazioni.
Per lungo tempo, la custodia e la manutenzione dell’abbazia sono state affidate ai monaci ultrasettantenni che la abitavano: oltre a pregare e dire messa, lavoravano quotidianamente come guardiani, muratori e giardinieri. Da cinque che erano, per ragioni di età o di salute, s’erano ridotti a due. Ma poi finanziamenti statali si sono ridotti a poche migliaia di euro all’anno e per le spese ordinarie i sacerdoti hanno dovuto attingere alle loro magre pensioni. Fino a quando l’ultimo monaco è stato costretto ad abbandonarla.
All’epoca del suo fulgore, la Certosa ospitava una piccola comunità di più di cento persone, tra preti, novizi e artigiani. Tant’è che, oltre alla chiesa barocca dedicata a San Bartolomeo (con gli affreschi danneggiati dall’umidità) e alla Foresteria in stile romanico-gotico, entro le antiche mura del complesso si trovano anche una Biblioteca con 36mila volumi e una splendida Farmacia del XVIII secolo, decorata con “trompe-l’oeil” realistici d’ispirazione pompeiana e arredata con mobili del Settecento: negli scaffali sono esposti ancora i vasi in cui venivano conservate le erbe medicinali e i veleni estratti dai serpenti per preparare gli antidoti (foto sopra). La volta a crociera della sala principale è stata affrescata da Giacomo Manco, mentre il delizioso salottino d’attesa è impreziosito dai dipinti dell’artista napoletano Filippo Balbi.
Ha scritto a suo tempo su Repubblica il giornalista Giovanni Valentini, denunciando il degrado del complesso: “Borgo, convento, seminario, scuola pubblica, méta di pellegrinaggio o di turismo alternativo, nella sua lunga storia la Certosa di Trisulti è sempre stata un centro di vita e di attività. La sua originaria vocazione culturale meriterebbe di essere ripristinata e coltivata, magari attraverso un programma di incontri, convegni, eventi, manifestazioni in grado di richiamare un pubblico interessato ai temi della spiritualità, dell’arte, della salute, dell’omeopatia o dell’erboristeria. E le sue strutture ricettive, dalla Foresteria alle vecchie celle dei seminaristi, andrebbero opportunamente riadattate per accogliere ospiti da tutto il mondo in cerca di silenzio, serenità e raccoglimento; oppure, gli appassionati di trekking, a piedi o a cavallo, e di mountain bike”.
Occorrerebbe, dunque, un progetto organico di conservazione e valorizzazione, per rivitalizzare questo splendido eremo, ad appena cento chilometri a sud di Roma, per farne un centro di studi e convegni dedicandone magari una parte a un relais per gli ospiti in visita o di passaggio. Altrimenti, la Certosa di Trisulti sarà condannata all’abbandono e all’oblio. E così un altro pezzo della nostra storia e della nostra memoria collettiva verrebbe cancellato per sempre.