L’Italia si accorcia, la Penisola diventa più corta e lo Stivale più stretto. Già previsto nel Recovery Plan predisposto dal precedente governo Conte, sotto il titolo “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”, il piano per “promuovere il trasporto ferroviario di merci e passeggeri” aumenterà nelle intenzioni del governo Draghi dai 20,3 miliardi di euro iniziali a 32. L’obiettivo è quello di accelerare i collegamenti sui binari lungo gli assi Nord-Sud ed Est-Ovest del Paese, accrescendo così la capacità delle linee e dei nodi di scambio principali. Ne riferisce in dettaglio un articolo del giornalista Jacopo Orsini, pubblicato il 15 marzo su Il Messaggero, quotidiano di Roma.
Il governo, come si legge nel documento che verrà presentato a Bruxelles entro il 30 aprile, punta in particolare alla “decarbonizzazione e riduzioni delle emissioni attraverso lo spostamento del traffico passeggeri e merci dalla strada alla ferrovia” e quindi a una “maggiore connettività e coesione territoriale grazie alla riduzione dei tempi di percorrenza”. Si prevede, inoltre, la “digitalizzazione delle reti di trasporto e il miglioramento della sicurezza di ponti, viadotti e gallerie”, con il conseguente “aumento della competitività dei sistemi produttivi del Sud attraverso il miglioramento dei collegamenti ferroviari”.
Mentre avanzano i lavori per l’installazione della banda ultralarga nelle regioni meridionali, e TIM annuncia che la Puglia è la prima regione italiana coperta interamente dal 5G, vengono aggiunti 20 miliardi per le infrastrutture materiali e la rete ferroviaria. Dalla gomma al ferro, si diceva una volta, per sollecitare appunto lo spostamento del traffico dall’auto ai treni. E questa impostazione coincide con le indicazioni della Commissione europea, secondo il Next Generation Ue, a favore della transizione ecologica.
Al momento, infatti, in Italia il traffico passeggeri si svolge per il 90% sulle strade, mentre quello ferroviario rappresenta appena il 6% contro una media del 7,9 in Europa. Quanto al trasporto delle merci, il 51% viaggia su gomma (1,05 miliardi di tonnellate nel 2019) e per il 13% sui binari contro il 18,7 dell’Ue. Oltre a ridurre il divario infrastrutturale fra le “due Italie”, il piano è anche uno strumento per promuovere la transizione verde e digitale, abbattendo l’inquinamento.
Entro il 2026, dunque, questo consentirà alla Rete ferroviaria italiana (Rfi) di ridurre i tempi di percorrenza e di aumentare la sua capacità complessiva. Lo sintetizza efficacemente lo “specchietto” riassuntivo pubblicato dal Messaggero (vedi link: specchietto-treni-il-messaggero). Due esempi per tutti: da Napoli a Bari, in treno ora occorrono 3 ore e mezza che diventeranno in futuro solo 2 e quindi si potrà andare a Bari a Roma in 3 (vedi grafico qui sotto); sempre al Sud il piano prevede di accorciare di 60 minuti la percorrenza sulla tratta Palermo-Catania e su quella Roma-Reggio Calabria.
A questo proposito, in un’intervista rilasciata a Emanuele Imperiali per il Corriere del Mezzogiorno, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Enrico Giovannini dichiara: “Se c’è una priorità di questo governo per il Sud è quella di ridurre significativamente il gap infrastrutturale per migliorare la qualità della vita delle persone e mettere le imprese nelle condizioni, anche logistiche, di contribuire alla ripresa del Paese”. Lo stesso ministro ricorda poi che il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) prevede 48 miliardi di investimenti in infrastrutture e trasporti: 22,6 pari a circa il 47% sono destinati al Mezzogiorno. Oltre alle linee ad alta velocità, secondo Giovannini, le distanze si riducono anche potenziando le ferrovie regionali: in questa direzione, il Pnrr stanzia 2,7 miliardi a cui se ne aggiungono altri 2,4 per le tratte di interesse regionale della Rete ferroviaria italiana.