L’11 marzo prossimo, dopo 25 anni di proroghe, si chiuderà la nuova asta per assegnare i servizi museali del Colosseo, il più grande anfiteatro del mondo e il più imponente monumento dell’Antica Roma giunto fino a noi. Un’icona storica della Capitale e dell’Italia. Inserito nel 1980 fra i Patrimoni dell’Umanità Unesco, dal 2007 compare anche nella lista delle Nuove Sette Meraviglie del mondo.
Risale addirittura al 1996 l’ultima asta per la gestione del Colosseo e di tutta l’area circostante che, oltre all’anfiteatro, comprende il Foro Romano-Palatino e la Domus Area. La gara, bandita da Consip (società del Ministero dell’Economia e delle Finanze), vale in totale circa 600 milioni di euro: per l’esattezza, 593 suddivisi in due lotti. Da una parte, biglietteria, informazioni, accoglienza e assistenza alle visite (564 milioni); dall’altra, servizi editoriali, merchandising e oggettistica (29 milioni).
Ma – come ha raccontato Leonardo Bison, archeologo e dottorando all’Università di Bristol, in un documentato articolo apparso recentemente sul Fatto Quotidiano – in questo affare i privati guadagnano più dello Stato. E spiega: “A beneficiare di questi decenni senza gare e anche della quinquennale durata della gara attuale, sono i concessionari: Coopculture per accoglienza, biglietteria e visite e Mondadori Electa per l’editoria, mostre e merchandising”. La denuncia di Bison richiede un passo indietro.
Nel 1998, due anni dopo l’ultima asta, il Colosseo contava meno di 3 milioni di visitatori, con introiti pari a circa 11 milioni di euro; nel 2018, vent’anni dopo, il numero dei visitatori ha superato i 7,5 milioni e gli incassi sono saliti a 75 milioni di euro (nella foto qui sotto, una veduta dell’interno con visita guidata). Se la quota che spetta allo Stato – secondo l’accordo del ’96 – è di circa l’80%, quella su tutti gli altri servizi è molto più bassa, arrivando a zero per le audioguide, le prevendite e le visite guidate (nel 2019, più di 14 milioni di euro). Un affare nell’affare, insomma, che sfrutta un bene pubblico d’interesse storico e monumentale a vantaggio dei privati che se lo gestiscono.
Nella nuova concessione dell’anfiteatro romano, per la durata di cinque anni, queste quote saranno riviste al rialzo: la base di partenza è del 22%, ma a vincere sarà l’offerta che garantisce più entrate allo Stato. “Si può però immaginare – osserva Bison – che il concessionario sarà ben tutelato: l’oligopolio di aziende che gestisce le biglietterie per i maggiori musei italiani, le uniche che possono candidarsi per i servizi del Colosseo (700mila biglietti annui venduti per un solo committente sono requisito per partecipare alla gara) ha un vantaggio comune nel tenere basse le royalties statali”.
Tutto il business ruota intorno alla biglietteria. Il problema, già noto agli operatori del settore, è emerso in tutta la sua evidenza con il lockdown causato dall’epidemia di coronavirus e dal conseguente crollo del turismo. Al Colosseo come altrove, il concessionario e il ministero dei Beni culturali, invece di restituire i fondi per i biglietti acquistati e non più utilizzabili, hanno ripagato in voucher. Nell’articolo pubblicato sul Fatto, Salvatore Donghi, presidente della Federazione italiana Tour Operator, parla di 15 milioni di euro di biglietti acquistati e non utilizzati che le sole agenzie di Roma attendono da Coopculture. A suo parere, attraverso un’impresa privata che fa capo alla presidente di Coopculture, Giovanna Barni, la società concessionaria “acquista in autonomia (da se stessa) biglietti di accesso al Colosseo, con una riduzione equivalente alla sua commissione, oltre a 2 euro per diritti di prenotazione”. E lo stesso presidente della Federazione Tour Operator aggiunge: “Coopculture prenota per se stessa direttamente, senza rischio di impresa in caso di invenduto, il numero di biglietti giornalieri che vuole, per qualunque slot di orario di ingresso al Colosseo”.
Da parte sua, come riporta Il Fatto, Coopculture replica che l’80% dei biglietti è venduto online e sostiene di aver sempre agito “per una piattaforma di vendita che in modo trasparente mette tutti i biglietti a disposizione nel rispetto della gradualità dei rilasci onde evitare accaparramenti”. Ora si tratta magari di cogliere l’opportunità della nuova gara per aumentare e garantire la trasparenza del servizio di biglietteria (nella foto sopra, una scena da “Il Gladiatore” con Russell Crowe). Iniziato nel 70 d.C. da Vespasiano e inaugurato nell’80 d.C. da Tito, il Colosseo sta in piedi ormai da duemila anni, ma non può aspettare un altro quarto di secolo per veder rinnovata la concessione fra lo Stato e i privati.